Le tattiche del Mantova: possesso camaleontico, per ora tre pressing diversi dagli avversari senza mai imbrigliarci

Come allena mister Possanzini. Calma e errori col Padova, gestione ad Arzignano, pazienza con la Pro. I rivali hanno studiato l’idea del tecnico biancorosso ma non hanno trovato rimedi
Premessa doverosa: il Mantova non è il Manchester City. E nemmeno il Brighton di De Zerbi, così sgombriamo il campo dagli equivoci. Ha però un gioco simile a quello del tecnico bresciano emigrato in Premier. Innovativo, quantomeno per un campionato come quello italiano di terza serie. Analizzandolo, il gioco, ci si accorge che non è mai uguale a se stesso. Non è una filosofia, è una disciplina applicata. Tre partite di campionato, tre modi diversi di impostare la famosa costruzione dal basso. E, dall’altra parte, tre modi differenti di contrastarla. Andiamo nello specifico.
CON IL PADOVA
Con il Padova l’Acm ha provato a fare la versione “base” del concetto di Possanzini: costruzione fin dai primi metri del campo con fitta rete di passaggi diretti; zero palloni buttati, squadra cortissima e rapidità di esecuzione nello scavalcare la mediana per cercare la via del gol. La cosa ha funzionato a tratti, perché contro una squadra di livello come quella veneta in più occasioni il palleggio è andato in crisi, con qualche rischio di troppo e con dei palloni persi che potevano diventare sanguinosi.
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Di contro però la distensione in velocità ha funzionato a pennello, tanto che l’azione del gol di Galuppini sotto la Te è quanto di più accademico possa esserci per un allenatore che vuole fare questo tipo di calcio. Monachello che lavora il pallone e innesca Panizzi, cross teso verso il secondo palo, attaccante esterno che taglia l’area e insacca. Di contro Torrente ha provato a prendere alta la squadra biancorssa, ovviamente per provocare errori in una zona calda del campo. Ma l’atteggiamento è riuscito a metà, perché l’Acm dalla sua ha saputo cambiare pelle in corso d’opera, mettendo da parte il fioretto per impugnare la spada nei momenti di pressione.
CON L’ARZIGNANO
Completamente diverso l’atteggiamento dell’Arzignano targato Bianchini. Il tecnico dei gialloazzurri ha deciso di aspettare l’Acm e di iniziare il pressing dal cerchio di centrocampo. Il Mantova ha accettato la cosa, a costo di rendere perfino noiosa la partita.
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Ma anche in questo caso una volta che è riuscita a stanare gli avversari ha trovato la via del gol. Cinica la squadra di Possanzini ad Arzignano, consapevole di essere più forte di poter dosare il ritmo del gas a suo piacimento. La chiave della trasferta è stata proprio questa. La velocità del gioco gestita a piacimento da Burrai e soci.
CON LA PRO SESTO
Infine la Pro Sesto. Parravicini ha scelto le vecchie maniere. Inferiore a livello tecnico, ha deciso di mettere 11 giocatori dietro la linea del pallone, con pressing uno contro uno ma solo dalla propria tre quarti in giù. Ha finito per schiacciarsi, ma ha fatto densità difensiva e per lunghi tratti ha concesso poche chance al Mantova.
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Che però ha sfoderato un’altra arma, ovvero la pazienza. Per togliere il pullman messo dai milanesi davanti all’area Possanzini ha scelto la strada dell’uno-due al limite per trovare varchi nelle zone laterali dell’area. Nella ripresa la cosa ha dato frutti (e poteva darne anche di più se si contano le occasioni sprecate).
Tre facce della stessa medaglia insomma, con più pregi che difetti al momento. Restano molte cose da registrare e tutto potrebbe complicarsi con i campi pesanti. Ma una cosa va detta: il Mantova gioca per vincere facendo la partita. E non è poco.