Ivrea, il fratello di Michele Maravita: «È morto per guadagnarsi il pane: un’ingiustizia»
IVREA. Un’altra morte bianca. Un altro nome da aggiungere all’elenco di chi non ha fatto ritorno a casa dopo il turno di lavoro. Michele Maravita, 55 anni, originario di Valle di Maddaloni e residente nel centro storico di Ivrea, ha perso la vita lunedì 16 in un cantiere a Bruino, nel Torinese, durante i lavori per la posa della fibra ottica. A travolgerlo è stato lo stesso camion che aveva appena parcheggiato: un mezzo pesante che, per cause ancora da accertare, ha cominciato a muoversi senza controllo. L’incidente è avvenuto poco prima di mezzogiorno.
Maravita, che non era sposato e non aveva figli, aveva appena terminato una manovra e si trovava presumibilmente davanti al mezzo, forse per un controllo, forse per scaricare attrezzature. Il camion, lasciato su un tratto in lieve pendenza, ha cominciato ad avanzare. Una manciata di metri, quanto basta per schiacciarlo contro una vettura parcheggiata. Non c’è stato nulla da fare. I colleghi hanno dato l’allarme. In pochi minuti sono arrivati i soccorsi: sanitari del 118, vigili del fuoco del distaccamento di Grugliasco Allamano ed elisoccorso. Ma per l’operaio era già troppo tardi. I pompieri lo hanno estratto da sotto al mezzo e il medico non ha potuto far altro che constatarne il decesso. Presenti anche i carabinieri della stazione di Piossasco e i tecnici dello Spresal dell’Asl/To3, incaricati di avviare gli accertamenti sulle condizioni di sicurezza nel cantiere e sulla dinamica esatta dell’incidente.
Maravita era dipendente della Trucco Sistemi di Telecomunicazioni, azienda con sede a Busnago (Monza‑Brianza) specializzata in infrastrutture e servizi per le telecomunicazioni. Come molti lavoratori in trasferta, si muoveva ogni giorno per chilometri, tra turni, scadenze, carichi di responsabilità e orari flessibili. Faceva parte di quell’Italia che si sveglia prima dell’alba, mangia in piedi, lavora nei cantieri invisibili che costruiscono le reti di cui tutti usufruiscono ma pochi vedono. Ogni cantiere dovrebbe essere un luogo sicuro. Non lo è stato. Le verifiche chiariranno se il mezzo era stato correttamente assicurato, se le procedure erano rispettate, se c’è stata una negligenza tecnica o operativa. L’unica certezza è che l’operaio è morto mentre svolgeva il proprio lavoro.
Una dinamica che si ripete troppo spesso e che continua ad alimentare una statistica inaccettabile. In merito alla tragedia, la Cgil di Torino ha espresso il proprio cordoglio alla famiglia della vittima, ribadendo la necessità di riportare il tema della sicurezza al centro dell’agenda politica. «Non basta più annunciare cambiamenti: è il momento di agire. Prevenzione, formazione, rispetto delle norme e controlli efficaci devono diventare il fondamento di ogni politica industriale. Il lavoro non può continuare a essere un rischio per la vita».
Provato dal dolore Guido Maravita, uno dei fratelli di Michele: «La vita ha colpito duramente la nostra famiglia. Eravamo 10 fratelli e tre sono mancati. Pensare che uomini escono di casa al mattino per guadagnarsi il pane e non vi fanno più ritorno è drammatico: è una ingiustizia». —