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Kallas contro l’eurodeputata irlandese che critica il riarmo, ma scivola sulla storia: “Non conoscete l’oppressione”. Ma dimentica gli anni del terrorismo

Nella visione della baltica Kaja Kallas, Alto rappresentante dell’Unione per gli Affari Esteri con i natali in Estonia, l’Europa orientale era all’inferno sotto il tallone russo, al tempo della Guerra Fredda, mentre l’Irlanda viveva il bengodi come il resto dell’Europa occidentale oltre la cortina di ferro. Dimenticando i morti del Bloody Sunday, il terrorismo, le lotte per i diritti civili, il conflitto esasperato tra cattolici e protestanti. Tanto che l’eurodeputata irlandese Kathleen Funchion del Sinn Féin (il partito nazionalista irlandese) ha chiesto a Kallas di ingranare la retromarcia e correggere le sue osservazioni.

La gaffe della commissaria Ue arriva nel corso del dibattito di martedì al Parlamento europeo sul vertice Nato della prossima settimana, quando si è sentita in dovere di replicare alle dichiarazioni di Funchion che ha criticato l’inazione di Bruxelles sui massacri di Israele a Gaza, i bombardamenti in Iran e in altre parti del Medio Oriente, rivendicando l’autonomia di ogni Stato, anche se membro dell’Ue, di decidere a quali iniziative e alleanze prendere parte. “In Irlanda abbiamo una storia e una tradizione orgogliose di operazioni di mantenimento della pace delle Nazioni Unite, e speriamo che ciò continui a lungo”, ha affermato Funchion aggiungendo che era “importante fare riferimento alla militarizzazione strisciante nella politica dell’Ue. Vorrei anche ricordare che, in sostanza, l’Ue dovrebbe essere un progetto di pace, e non dovremmo discostarci da questo”.

Parole che hanno scatenato la replica dura di Kallas che, però, è inciampata in uno sfondone storico che non è passato inosservato: “Nella nostra esperienza dietro la cortina di ferro, dopo la Seconda guerra mondiale, Paesi come l’Irlanda hanno potuto costruire la loro prosperità, ma per noi ciò ha significato atrocità, deportazioni di massa, soppressione della nostra cultura e della nostra lingua”, ha dichiarato. Kallas invece riscrive così la Storia dal punto vista baltico: a ovest del Muro solo “prosperità e libertà”, zero conflitti, anche nell’Irlanda dell’Ira e della compressione dei diritti. E ha offerto i suoi consigli agli eurodeputati di Dublino, riluttanti a seguire Bruxelles sulla via del riarmo e del “muro contro muro” verso il Cremlino: “Voglio rivolgermi ai nostri colleghi irlandesi – ha detto – la pace non significa che la sofferenza umana cesserà. Se ti arrendi, hai ancora l’aggressore. Se dici ‘prendi tutto ciò che vuoi’, non significa che la sofferenza umana cesserà”. La replica di Funchion, che ha stroncato Kallas e il suo revisionismo storico, è arrivata via X: “L’idea che l’Irlanda abbia prosperato nel dopoguerra senza traumi o oppressioni è profondamente inesatta e sminuisce l’esperienza della nostra isola”.

Di esempi che l’eurodeputata potrebbe portare all’attenzione di Lady Pesc ce ne sono in abbondanza. Basta tornare alla domenica del 30 gennaio 1972, a Derry, quando i paracadutisti dell’esercito britannico sparano sulla folla assiepata in una una manifestazione per i diritti civili. Morirono 13 dimostranti disarmati. Quel giorno passerà alla storia come il Bloody Sunday. Il governo britannico assunse il controllo dei territori sospendendo i lavori del governo e del Parlamento dell’Irlanda del Nord. Per combattere il terrorismo fu dispiegato l’esercito nelle 6 contee dell’Ulster. In Irlanda del Nord le libertà politiche e individuali furono limitate da leggi speciali, come l’Emergency Provisions Act o il Prevention of Terrorism Act. Tra il 1974 e il 1993, L’Ira rispose con attentati dinamitardi in tutto il Regno Unito, ma anche con battaglie simboliche come lo sciopero della fame che costò la vita nel 1981 a Bobby Sands e altri 9 militanti detenuti nelle prigioni inglesi.

Solo nel 1998 si giunse alla tregua. Il 10 aprile venne firmato il Belfast Agreement (l’Accordo del Venerdì Santo), ratificato dal referendum del 22 maggio. Fu reintrodotto il Parlamento dell’Irlanda del Nord con l’obbligo della rappresentanza di tutte le comunità; stop alle rivendicazioni sulle 6 contee dell’Ulster sotto il controllo inglese.

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