Furti di Natale, supermercati sotto assedio: boom di taccheggio e dipendenti sotto accusa
Sembrerà curioso ma per chi vuole fare shopping “gratis” non c’è niente di meglio che attendere l’inverno e soprattutto il periodo natalizio. L’abbigliamento invernale è “l’armamentario” ideale del ladro più o meno occasionale dei grandi magazzini e dei supermercati. Cappotti, sciarpe e giacche pesanti offrono ripari ideali per nascondere la merce – anche voluminosa – senza attirare l’attenzione. A questo si somma il caos degli acquisti delle feste. Tra regali dell’ultimo minuto e spese più abbondanti del solito, il controllo del personale risulta difficile e frammentato.
L’analisi Trend Crimini in Retail & Gdo nel periodo invernale e natalizio condotta da Blindzone, startup che applica tecnologie di Intelligenza artificiale alla sicurezza dei punti vendita, rivela che, nelle settimane precedenti le feste, i furti nei supermercati crescono in media del 40 per cento, con un incremento del 20 per cento sull’intero trimestre invernale.
Ma questo è solo il picco di un trend in aumento che caratterizza il settore nonostante le moderne tecnologie mettano a disposizione strumenti sofisticati di contrasto. La grande distribuzione è sotto stress al punto che recentemente ha usato anche metodi “estremi” e secondo i sindacati “discutibili” per colpire gli addetti poco attenti a stanare i ladruncoli.
È successo alla catena di supermercati Pam dove tre dipendenti sono stati licenziati per non aver superato il cosiddetto “test del carrello” o del “finto cliente”. I lavoratori sono stati allontanati perché non avrebbero individuato il furto di alcuni prodotti durante una prova eseguita dagli ispettori aziendali. Questi, fingendosi normali clienti, nascondevano deliberatamente dei piccoli prodotti all’interno di altre confezioni nel carrello per verificare se il cassiere si accorgeva del tentativo di furto o dell’errore. Se il dipendente non individuava la merce nascosta, scattava la contestazione disciplinare che, in questi casi, ha portato al licenziamento per giusta causa.
Il primo caso si è registrato a Siena: il dipendente non sarebbe stato in grado di identificare alcuni piccoli articoli nascosti in mezzo a casse di birra e per questo è stato licenziato. I sindacati hanno reagito pesantemente, definendo i metodi degli ispettori aziendali «un’imboscata» e un pretesto per allontanare dipendenti non graditi e sostituirli con personale più giovane e meno costoso.
Il gruppo Pam non ha inventato nulla. Il metodo del “finto cliente” è un meccanismo adottato soprattutto nel commercio e nella ristorazione per migliorare la qualità del servizio, ma spesso anche per valutazioni disciplinari. D’altra parte, il contrasto al fenomeno dei furti sta diventando una necessità sempre più sentita in quanto il taccheggio è in crescita preoccupante.
L’edizione 2024 del Barometro dei furti nel retail in Italia, promossa da Checkpoint Systems Italia in collaborazione con NielsenIQ, società leader a livello mondiale nella consumer intelligence, rivela che le differenze inventariali (cioè prodotti che sono usciti dal punto vendita ma che non risultato essere stati pagati) sono state in media pari all’1,2 per cento dei ricavi annui. Tradotto, significa perdite per un valore di oltre 4 miliardi di euro, (per l’esattezza 4,12 miliardi) e un costo per cittadino di 107 euro.
Lo studio evidenzia che il 53 per cento, ovvero oltre la metà delle perdite, è causato dai furti: un fenomeno in crescita, rispetto al 2023, percepito dall’84 per cento delle aziende intervistate. Tra le altre tipologie di perdite si registra un 21 per cento di furti interni, da parte dei dipendenti, un 15 per cento di errori dei fornitori e 11 per cento di errori amministrativi.
Il cibo è il più colpito e rappresenta circa il 45 per cento delle perdite da taccheggio. Quanto ai luoghi in cui si verificano i furti, l’area di vendita – ci dice la ricerca di Checkpoint System – resta il principale teatro, seguita dalle casse. I sistemi di self-checkout sono a maggior rischio di taccheggio rispetto alle casse assistite. Oggi il 79 per cento delle aziende dichiara di disporre di casse self-service e, per far fronte alle criticità connesse, il 32 per cento ha destinato risorse specifiche per prevenire i furti.
«Le nuove tecnologie come le casse automatiche, che si basano sulla totale fiducia nel cliente, se per un verso hanno snellito le procedure di pagamento dall’altro hanno avuto una parte nell’aumento dei furti. Vanno ricordate altre cause, come la crisi economica e quindi la perdita del potere d’acquisto, l’inflazione. Per contrastare il fenomeno, oltre alle antenne RF poste agli ingressi, che emettono un allarme quando passa la merce non pagata, adottate dall’83 per cento delle realtà intervistate, continua a diffondersi la tecnologia Rfid. Sono etichette intelligenti, che utilizzate come Eas (antitaccheggio) rendono accessibili numerosi dati come il tipo di merce rubata e l’orario. Questo consente all’azienda di individuare i prodotti e i momenti della giornata più a rischio» spiega a Panorama Davide Raduazzo, direttore commerciale di Checkpoint Systems Italia. Secondo lui «i vari brand affrontano i furti anche con la presenza di guardie. In generale, però, mancano sanzioni tali da contrastare il fenomeno». Raduazzo spiega anche che di solito il taccheggio è «ad opera di clienti abituali».
E veniamo al profilo – o meglio ai profili – dei taccheggiatori, al netto di chi ruba perché non ha i mezzi per mettere insieme un pasto. L’analisi evidenzia che il 53 per cento dei furti è opera di singoli individui, attivi in modo episodico, mentre il restante 47 per cento risulta riconducibile a gruppi organizzati. Il 54 per cento degli episodi è attribuito a soggetti già noti per precedenti infrazioni, contro un 46 per cento di autori occasionali. Dal punto di vista anagrafico, due aziende su tre segnalano che il 68 per cento dei responsabili ha un’età tra i 18 e i 50 anni, mentre i minori e gli over 50 sono un 16 per cento. Sul piano economico, nel 40 per cento dei casi l’importo stimato è tra 41 e 80 euro, mentre per il restante 60 per cento si tratta di episodi di entità più variabile, distribuiti tra valori inferiori ai 40 euro e oltre gli 80 euro.
I ladri non risparmiano nessun reparto. Dall’alimentare alla tecnologia, da piccoli a grandi importi. Nel food & beverage gli articoli più sottratti sono tonno e alcolici (+90 per cento rispetto al 2023), caffè (+60 per cento), formaggi (+40 per cento), seguiti dai salumi (+40 per cento). Non fa eccezione il comparto bellezza, dove i più “richiesti” sono i prodotti per la cura del viso e del corpo, seguiti da lamette per rasoio, deodoranti, prodotti per l’igiene orale e make-up.
Lo scenario si conferma complesso e coinvolge anche la sicurezza del personale nei punti vendita. Sia nei furti esterni sia in quelli interni commessi dai dipendenti, l’84 per cento delle catene segnala un aumento significativo delle aggressioni verbali o fisiche verso gli addetti che, a quanto pare, hanno le armi spuntate. Parallelamente, il 68 per cento dei marchi riconosce la necessità di formare il personale per prevenire e gestire tali episodi. Eppure a fronte di tale emergenza, c’è difficoltà a reperire le figure dedicate alla sicurezza. Anche in tale settore, uno stipendio sicuro non riesce a convincere chi cerca lavoro.