Gennaio amaro: chi resterà senza stipendio o pensione, i profili a rischio
Il 2026 inizia con un cambiamento che rischia di farsi sentire in modo concreto nella vita quotidiana di molti lavoratori e pensionati pubblici. Non si tratta di una misura clamorosa o annunciata con toni allarmistici, ma di una stretta tecnica e automatica che entra in funzione quasi senza rumore. Eppure, per chi si trova nella fascia interessata, l’effetto può essere immediato, incidendo direttamente sulla disponibilità mensile di denaro. Gennaio, mese già carico di spese e bilanci familiari da rimettere in ordine dopo le festività, diventa così un passaggio delicato.
Chi rischia il blocco di stipendio o pensione da gennaio 2026
La nuova disciplina affonda le sue radici nella Legge di Bilancio 2025, ma diventa pienamente operativa solo dal 1° gennaio 2026, dopo un rinvio di dodici mesi necessario per consentire alla Pubblica amministrazione di adeguare i propri sistemi di controllo. La platea coinvolta è ben definita: la misura riguarda esclusivamente i dipendenti pubblici e i pensionati pubblici che percepiscono un reddito mensile superiore a 2.500 euro e che risultano titolari di cartelle esattoriali o debiti fiscali iscritti a ruolo pari o superiori a 5.000 euro, non regolarizzati.
Fino a oggi, il meccanismo previsto dall’articolo 48-bis delle disposizioni sulla riscossione delle imposte consentiva alla Pubblica amministrazione di sospendere i pagamenti soltanto alle imprese inadempienti nei confronti dell’Erario. Con l’introduzione del nuovo comma 1-bis, la stessa logica viene estesa anche alle persone fisiche che ricevono stipendi o pensioni pubbliche. Ampliando in modo significativo il raggio d’azione dei controlli.
Il funzionamento del blocco è interamente automatizzato. Prima di procedere all’erogazione dello stipendio o della pensione, l’ente pubblico effettua una verifica preventiva sulla posizione fiscale del beneficiario. In presenza di debiti fiscali che superano la soglia prevista, scatta la sospensione di una quota delle somme dovute. L’importo congelato viene poi segnalato all’agente della riscossione, che avvia il recupero del credito fino all’estinzione del debito. Il blocco non si limita alla retribuzione ordinaria, ma può interessare anche indennità, compensi accessori e somme legate alla cessazione del rapporto di lavoro.
Chi si colloca al di sotto delle soglie stabilite resta invece escluso dalla misura. I lavoratori e i pensionati con redditi inferiori a 2.500 euro mensili o con cartelle fiscali sotto i 5.000 euro continueranno a ricevere integralmente quanto spettante, senza alcuna sospensione.
Nel frattempo, il legislatore è intervenuto anche sui pagamenti della Pubblica amministrazione verso i professionisti. La Commissione Bilancio del Senato ha approvato una riformulazione che chiarisce come la verifica riguardi esclusivamente le cartelle esattoriali relative a tributi erariali iscritti a ruolo. Evitando blocchi legati a situazioni fiscali ancora oggetto di contenzioso. Per le parcelle professionali, la verifica scatta anche sotto i 5.000 euro. Ma il blocco del pagamento resta limitato all’importo effettivamente iscritto a ruolo, consentendo l’erogazione della parte eccedente.
Un aggiustamento tecnico che conferma la direzione intrapresa. Più automatismi, meno margini di discrezionalità e un inizio d’anno che, per molti contribuenti pubblici, rischia di essere più amaro del previsto.
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