«Mai più l’Epifania senza il suono di Pifferi e tamburi dello Storico carnevale di Ivrea»
IVREA. È il 6 gennaio, ma anche quest’anno l’Epifania si limita a portare via le feste natalizie senza annunciare agli eporediesi l’arrivo del nuovo Carnevale, come la tradizione vorrebbe. Ci sono sparute tracce carnascialesche, in città, nell’ora in cui tradizionalmente i Pifferi e tamburi intonavano il Rantantiro; soprattutto ci sono le forze dell’ordine (polizia di stato e municipale e carabinieri) e qualcuno commenta, sarcastico: «A che ora arrivano i marines?».
Non mancano, ovviamente, i fedelissimi, quelli che proprio non ce la fanno a non essere lì, a quell’ora, sotto il balcone del municipio. C’è l’immarcescibile Giancarlo Spagna che, assieme alla vecchia guardia dell’Auc osserva i giovani studenti dell’ordine che, fedeli al loro mandato goliardico, non hanno voluto mancare, con un cartonato in divisa generalizia per “Raccogliere le candidature per il Generale 2023”.
Ci sono gli aranceri, a piccoli manipoli, fieri di indossare berretti, felpe e giubbotti con i colori delle loro squadre. E ci sono gli Alfieri, in borghese, ma con la loro consueta verve. C’è una Mugnaia, Cristiana Ferraro, Violetta 1993, e c’è un assaggio di vin brulè, per portare anche i profumi del Carnevale, per stemperare la malinconia che pervade tutti, C’è il sindaco Stefano Sertoli, che commenta con due parole questa seconda Epifania defraudata delle sue tradizioni: «Strana. E triste». Ma poi aggiunge: «Inevitabile, d’altronde: la situazione è quella che ben conosciamo e per rendersene conto è sufficiente passare, ora, nei pressi del Meeting point, dove c’è la coda per fare i tamponi».
Scontata un anno fa, inevitabile adesso, ma l’Epifania senza Pifferi non può durare. Lo afferma senza mezzi termini Roberto Stevanella, presidente del gruppo, che ha fatto una capatina in piazza di Città: «Nel 2023 dovremo trovare il modo di tornare, di far tornare la musica in questa città. Dobbiamo impegnarci e ragionarci fin da ora, per capire quali siano e potranno essere i limiti e le soluzioni. Occorrono coraggio e impegno, da parte di tutti: Componenti, istituzioni e Fondazione. Bisognerà accettare dei compromessi? Pazienza. Ci saranno rischi e costi da affrontare? Insieme possiamo farcela. Pur con il massimo senso di responsabilità, mi sento di poter affermare che una terza Epifania come queste ultime non è assolutamente concepibile. Dobbiamo darci da fare per ridare alla città i suoi suoni e il suo clima».
L’appello di Stevanella («La mattina dell’Epifania, mettete su le nostre musiche, aprite le finestre e lasciate che le note pervadano la città») non è caduto nel vuoto. Dalle finestre e dai telefonini spesso sono risuonate le note delle marce tanto care al popolo del Carnevale. A volte apprezzate, in altri frangenti meno: è il caso di un lettore che si lamenta per essere stato svegliato, alle 5.30, dalle note suonate a tutto volume dai vicini, nella zona del Monte Stella. Ma perlopiù, le note hanno suscitato emozione e malinconia, in questo secondo anno di astinenza.
Che non si debba parlare di anno “senza Carnevale” lo sostiene la storica Gabriella Gianotti: «Il Carnevale, così come l’Epifania è un momento stabilito dalla natura e dal calendario. Noi possiamo anche decidere di non celebrarlo, o accettare che non sia celebrato, ma il Carnevale c’è, la natura si risveglia anche in tempio di pandemia. Oggi, pur senza Pifferi, celebriamo l’Epifania. E il 24 febbraio sarà comunque Giovedì grasso. Ognuno potrà decidere di indossare o meno il berretto frigio o di scendere in piazza, ma saranno i giorni di Carnevale anche quest’anno». —