Tornato dalla Svizzera dopo una vita di lavoro: tutte le difficoltà di vivere a Sovramonte
Una vita da emigrante in Svizzera, poi il ritorno a casa a Sorriva di Sovramonte per una tranquilla vecchiaia. Ma vivere nei nostri paesi di montagna è sempre più difficile, tra servizi che mancano o sono scarsi, difficoltà di spostamenti, tanta burocrazia. È la storia di Elio Fontana, 75 anni, emigrato non ancora ventenne prima in Germania poi in Svizzera nel 1968. «Abbiamo vissuto a Sciaffusa, vicino al lago di Costanza», racconta Fontana, «dove io ho lavorato come tecnico per il montaggio e il collaudo di macchine industriali».
Colpito da un ictus, dopo 7-8 anni di fisioterapia, finalmente guarito ha deciso di tornare a vivere con la moglie Elvira (originaria di Benevento) nel paese di nascita, ad un paio di chilometri da Sorriva sulla strada verso Ponte Oltra. «Ho sempre avuto l’idea di tornare in Italia e nel mio paese. Mia moglie è tornata addirittura negli anni 90 per permettere alle due figlie di studiare qui», spiega l’ex emigrante.
Fontana ha sempre lavorato solo in Svizzera, quindi non ha una pensione italiana. Da quando è arrivato in Italia usufruisce del Servizio sanitario nazionale ma in cambio di una compartecipazione economica: «Da quando sono tornato ho sempre versato 1450 euro all’anno. Quest’anno però mi è arrivata la comunicazione della Regione che il costo è salito a 2000 euro, 550 in più. Mi sembra parecchio come aumento. Ho telefonato in Regione e mi hanno detto che è una questione di bilancio e che non ci possono fare niente perché devono rispettare le indicazioni che vengono da Roma».
Al suo arrivo in Italia, Fontana ha avuto il medico di base a Servo, il dottor Cito, di cui parla molto bene. Ma quest’anno le cose sono cambiate. Per una mancata comunicazione all’Ulss di avvenuto versamento dei 2000 euro, improvvisamente Fontana si è trovato cancellato dalle liste del medico. Dopo aver risolto il problema e dimostrato di aver pagato, ha ricevuto la cattiva notizia che il suo medico di base ha superato la sua quota di pazienti e che quindi doveva sceglierne un altro, a Fonzaso o Arsiè.
E qui arrivano i problemi. «Non posso guidare la macchina per via dei farmaci che prendo e le corriere sono poche o non ci sono proprio. Arrivare dal mio medico a Fonzaso diventa difficilissimo». La crisi della Dolomitibus è ben nota da quasi un anno, con corse tagliate o che saltano improvvisamente. «Per arrivare a Fonzaso – racconta Fontana – ci sono poche corse, a orari impossibili (prima delle 7), quasi solo scolastiche, quindi in estate non ci sono e in qualche caso mi tocca anche fare il giro per Croce d’Aune, scendere a Feltre, prendere un’altra corriera per Fonzaso».
Se per caso l’appuntamento con il medico è nella tarda mattinata o nel tardo pomeriggio è praticamente impossibile arrivare in ambulatorio con i servizi pubblici. Cosa chiede Fontana? Prima di tutto di poter tornare con il medico di Servo, sempre molto disponibile e più facile da raggiungere. Ma l’ex emigrante pone anche un altro problema: da un anno non c’è più la corriera il giovedì, giorno di mercato, che collegava Sovramonte con Lamon, un servizio che veniva molto utilizzato. «Sarebbe comodo raggiungere Lamon non solo per il mercato ma anche per l’ospedale, invece attualmente ci sono molti da Sovramonte che vanno all’ospedale di Feltre a fare fisioterapia, perché arrivare a Lamon è più complicato, non ci sono mezzi».
E dunque Fontana si rivolge al comune di Sovramonte: «Hanno due scuolabus nuovi che portano pochi bambini. Perché non si mettono d’accordo con il comune di Lamon per collegare i due paesi?». Burocrazia e costi: la risposta sta tutta qui. E poi ci si chiede perché i nostri paesi di montagna si spopolano, gli anziani sono sempre più soli ed emarginati e i giovani vanno altrove. —
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