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Legge sul “Dopo di noi”, dieci anni dopo la norma ancora arranca. E spesso le Regioni non spendono in tempo i fondi

In Italia le persone con grave disabilità che si trovano senza il sostegno delle famiglie vivono condizioni molto complesse. Da quasi dieci anni esiste una legge, denominata Dopo di noi, per assisterle, ma associazioni e parenti caregiver ne denunciano le grandi lacune. A mancare sono le risorse, ma non solo: le difficoltà di organizzazione a livello territoriale (con una riforma della disabilità ancora incompleta), impediscono alle Regioni di spendere nel modo corretto i fondi che, paradossalmente, sono costretti a restituire. L’ultimo caso è quello di Catanzaro: il Comune ha restituito alla Regione Calabria oltre 400mila euro destinati al Dopo di noi. Motivo? “Incampienza dei fondi di spesa”, scrive la testata Catanzaro Informa. Ovvero: non si è riusciti a spenderli in tempo. Un fenomeno per niente isolato. Secondo una analisi della Corte dei Conti, tra il 2016 e il 2022 circa 466 milioni di euro sono stati stanziati, ma solo circa 240 milioni sono stati effettivamente trasferiti alle Regioni. Una delle cause principali è stata la mancata rendicontazione delle somme, con il risultato che i fondi non sono stati spesi e non sono arrivati ai progetti e alle persone con disabilità.

Di quanti soldi parliamo

Per il Dopo di noi esiste un fondo ad hoc di circa 72 milioni di euro annuali per il 2024-2025-2026, da ripartire a livello regionale. “Tale legge segna un importante cambio di paradigma e punta a garantire che il ‘Dopo di noi’ delle persone con disabilità non sia più una risposta di tipo emergenziale ma un percorso da costruire per tempo quando i genitori sono ancora in vita e, quindi, nel Durante noi”, commenta il Centro Studi Giuridici e Sociali di Anffas, l’associazione nazionale che ha contribuito attivamente alla stesura della legge. Aggiunge Laura Andrao, avvocata esperta in materia di legislazione sulle disabilità: “Gli strumenti ci sono, la cornice normativa esiste, ciò che manca troppo spesso sono fondi e politiche realmente orientate allo sviluppo del Durante noi. L’unico percorso che può condurre a un vero Dopo di noi senza investimenti resta però un’illusione”.

Cosa prevede il Fondo

Come spiegato da Anffas, il Fondo dedicato finanzia cinque misure specifiche volte a favorire l’autonomia e l’inclusione delle persone con disabilità. Tra queste ci sono: percorsi programmati di accompagnamento all’uscita dalla famiglia di origine e interventi di supporto alla domiciliarità in soluzioni abitative che riproducono le condizioni della casa familiare, come gruppi-appartamento o forme di co-housing per un numero limitato di persone.

Il Fondo sostiene inoltre programmi di abilitazione e di sviluppo delle competenze per la gestione della vita quotidiana, nonché tirocini finalizzati all’inclusione sociale e all’autonomia. Completano il quadro gli interventi per la realizzazione di soluzioni abitative innovative, attraverso l’acquisto, la locazione o la ristrutturazione degli immobili e, in alcuni casi, le misure di accoglienza temporanea extrafamiliare in situazioni di emergenza.

A chi spetta

“Tali misure sono attivabili solo a partire da una valutazione multidimensionale che tiene conto dei desideri e delle aspettative della persona beneficiaria e, con il suo pieno coinvolgimento, inserite nel più ampio Progetto di vita”, precisa Anffas. L’accesso al finanziamento delle misure con l’apposito fondo è “riservato solo alle persone con disabilità non derivante dal naturale invecchiamento o patologie connesse alla senilità con il riconoscimento dell’invalidità più grave, che siano già prive di sostegno familiare in quanto mancanti di entrambi i genitori, o perché gli stessi non sono in grado di fornire l’adeguato sostegno genitoriale, nonché in vista del venir meno del sostegno familiare”.

Il funzionamento e le criticità

La legge delinea un sistema di governance multilivello. Il ministero dal Lavoro e delle Politiche Sociali provvede annualmente alla ripartizione delle risorse tra le Regioni, che, a loro volta, le distribuiscono agli ambiti/distretti sociali a cui compete la concreta presa in carico delle persone beneficiarie e l’attivazione delle singole misure, attraverso la valutazione multidimensionale e la costruzione del Progetto di vita. “Ed è proprio a valle del sistema, nel passaggio dalla programmazione regionale all’attuazione a livello locale, che emergono le principali criticità nell’effettiva applicazione della legge”, spiega Anffas. “Troppo spesso”, aggiunge, “tali previsioni non si traducono in diritti effettivamente esigibili. Molti territori, di base, non risultano ancora adeguatamente organizzati per dare piena attuazione alla legge, in particolare per quanto riguarda la capacità di costruire e governare Progetti di vita realmente personalizzati e partecipati”. E tutto ciò è ancora più grave perché avviene nonostante il Progetto di vita (una vera e propria mappa del futuro costruita con la persona) rappresenti l’asse portante tanto della legge sul Dopo di noi quanto della più ampia riforma delle disabilità. “Il Dopo di Noi è una legge chiara, avanzata, che mette a disposizione strumenti giuridici e patrimoniali fondamentali”, commenta Andrao. “Tuttavia”, precisa, “quegli strumenti, come trust, vincoli di destinazione, fondi speciali, soluzioni abitative, non hanno alcun valore reale se restano scollegati da un Progetto di vita costruito nel tempo. Senza progettualità, diventano meri contenitori vuoti, standardizzati, incapaci di rispondere alla singolarità di ogni persona”.

“Le Regioni non riescono ad utilizzare le risorse disponibili”

Un quadro critico che già da tempo trova riscontro anche nelle relazioni della Corte dei Conti sull’attuazione del Dopo di Noi che ha evidenziato come, in diversi casi, “le Regioni non siano riuscite a utilizzare integralmente le risorse loro assegnate per inefficienze per lo più attribuibili agli ambiti/distretti”. Ci sono poi altre problematiche, visto che “l’attuazione della legge è rimasta finora parziale e fortemente disomogenea sul territorio nazionale”, sottolinea l’Anffas. L’organizzazione ha riscontrato tutte queste criticità emerse con particolare chiarezza da esperienze dirette delle famiglie, maturate attraverso il confronto associativo sviluppatosi negli Stati Generali promossi in collaborazione con gli organismi locali in 16 Regioni. “In diversi contesti regionali”, afferma Anffas, “sono state rilevate vere e proprie discrasie tra la normativa nazionale e gli atti di programmazione locale, con l’introduzione di limiti di età, tetti ai budget di progetto, contributi predeterminati, requisiti strutturali e organizzativi ulteriori per le soluzioni alloggiative o incompatibilità con altre misure non previsti dalla normativa nazionale”. “Alla luce di questo quadro, appare necessario e non più rinviabile intervenire per rendere effettivamente esigibili i diritti riconosciuti dalla legge, promuovendo una maggiore omogeneità territoriale, rafforzando le attività di monitoraggio e il coinvolgimento delle associazioni rappresentative delle persone con disabilità e delle loro famiglie, nonché investendo in modo strutturale su informazione, formazione e accompagnamento di tutti coloro che sono chiamati a dare concreta attuazione alle politiche del “durante e dopo di noi”. Un’urgenza resa evidente anche dai recenti fatti di cronaca come quelli di Corleone, che ricordano quanto l’assenza di risposte strutturate e continuative nel “Durante noi” possa lasciare sole le persone con disabilità e le famiglie fino a esiti irreversibili.

“Al centro dev’esserci la vita delle persone, non la morte dei genitori”

Il Dopo di Noi non può e non deve essere concepito quindi come un’azione emergenziale, da attivare improvvisamente al momento della morte dei familiari. “Questa visione è non solo limitata, ma profondamente ingiusta”, afferma Andrao. “Il Dopo di Noi è il risultato di un lavoro continuo, quotidiano, che nasce nel Durante Noi, che è una pratica permanente, il percorso di accompagnamento verso il massimo livello possibile di autonomia, autodeterminazione e benessere. È un processo che inizia dalla nascita del bambino e prosegue per tutta la vita”. L’avvocato spiega che si tratta di “un continuo sperimentare contesti, relazioni, competenze, autonomie, capire cosa funziona e cosa no, correggere, adattare, riprogettare. Non esistono soluzioni preconfezionate, esistono solo percorsi costruiti su misura. La legge lo dice chiaramente: al centro deve esserci il Progetto di vita della persona, non l’evento della morte dei genitori”.

L'articolo Legge sul “Dopo di noi”, dieci anni dopo la norma ancora arranca. E spesso le Regioni non spendono in tempo i fondi proviene da Il Fatto Quotidiano.

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