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Trump verso l’intesa tra Zelensky e Putin: i nodi su Donbass, NATO e nucleare

Dopo oltre tre anni di conflitto e svariati tentativi di risoluzioni diplomatiche, forse è la volta buona. Donald Trump continua a mediare tra Vladimir Putin e Volodymyr Zelensky, cercando di sbloccare un’intesa che potrebbe avviare la guerra tra Russia e Ucraina verso la conclusione. Lo stesso presidente Usa ha dichiarato che l’accordo «è vicino. Se le cose vanno bene, fra poche settimane ci potrebbe essere». Restano però alcuni interrogativi da risolvere e non sono di poco conto. Il piano in 20 punti «pronto al 90%», presentato da Zelensky durante il summit a Mar-a-Lago, la tenuta di Trump in Florida, domenica 28 dicembre 2025, incontra tre ostacoli principali: il nodo Donbass, le garanzie di sicurezza e la gestione della centrale nucleare di Zaporizhzhia.

I nodi da sciogliere

Le posizioni del Cremlino sono chiare: controllo integrale del Donbass e arretramento delle forze ucraine da quei territori in mano ucraina. Pochi giorni prima dell’incontro, Putin ha avvertito che «se le autorità di Kiev non vorranno risolvere la questione pacificamente, la Russia porterà a termine l’operazione militare speciale con la forza». Condizioni che si scontrano con il rifiuto da parte di Zelensky nel riconoscere la sovranità russa nella regione orientale ucraina, proponendo invece una zona demilitarizzata ed economicamente libera sotto supervisione internazionale.

La seconda controversia riguarda le garanzie di sicurezza. Washington offre protezione per 15 anni ampliabili, mentre Zelensky chiede di «considerare la possibilità di 30, 40 o 50 anni». Sul tavolo c’è anche la proposta italiana che prevede l’estensione dell’articolo 5 della NATO all’Ucraina: ogni aggressione verrebbe considerata un attacco collettivo, attivando l’obbligo di assistenza reciproca. Un meccanismo che non implica l’adesione formale all’Alleanza Atlantica, ma garantirebbe tutele equivalenti, a cui Zelensky vuole aggiungere l’ingresso nell’Unione Europea e finanziamenti occidentali per mantenere un esercito ucraino di 800.000 unità. Putin, invece, esige impegni di neutralità ucraina: niente arsenale nucleare e niente NATO.

Zaporizhzhia e il ruolo europeo

L’impianto nucleare di Zaporizhzhia, il più grande d’Europa sotto controllo russo, è strategico per l’approvvigionamento energetico ucraino nella fase di ricostruzione postbellica. Trump aveva ipotizzato una gestione condivisa tra Stati Uniti, Russia e Ucraina, ma Zelensky preferisce una partnership esclusiva tra Washington e Kiev, lasciando agli americani libertà di accordi separati con Mosca sulla ripartizione dei profitti. D’altra parte, Putin rivendica i progressi militari e parla di condizioni favorevoli non solo per completare il controllo del Donbass, ma anche per «continuare l’avanzata per liberare Zaporizhzhia».

Inaspettatamente, The Donald ha riconosciuto pubblicamente il valore del contributo europeo nell’elaborazione delle tutele per Kiev. Oltre al meccanismo dell’articolo 5, è in discussione il dispiegamento di una forza di interposizione europea proposto da Francia e Regno Unito. Trump ha infatti escluso categoricamente l’invio di militari americani, trasferendo agli europei l’incombenza della presenza sul campo, nonostante la contrarietà costante di Putin a questa opzione.

Prospettive e fragilità dell’intesa

Per gennaio è in calendario un vertice a Washington che riunirà Trump, Zelensky e i rappresentanti europei. Nel frattempo si aspetta la risposta ufficiale del Cremlino: il presidente USA ha precisato che «non ci sono scadenze», confermando una «buona e molto produttiva telefonata» con Putin poco prima dell’incontro con Zelensky, durata due ore e mezza. L’ipotesi di compromesso emersa dal colloquio prevede il Donbass alla Russia in cambio di protezioni occidentali per l’Ucraina.

Nonostante i progressi, la trattativa rimane fragile e la tensione continua a salire. Il ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, ha denunciato un attacco successivo al summit di Mar-a-Lago, con 91 droni a lungo raggio contro la residenza di Putin nella regione di Novgorod. Lavrov ha definito l’operazione un «atto terroristico del regime di Kiev» e ha annunciato che «la posizione negoziale della Russia sarà rivista», minacciando rappresaglie. Zelensky ha respinto le accuse definendole menzogne e un pretesto per inasprire il conflitto. Nonostante ciò, Trump ha confermato di aver avuto una conversazione telefonica positiva con Putin, segnalando che i canali diplomatici restano aperti.

Mosca non intende comunque rinunciare al controllo completo senza nulla in cambio, mentre Kiev respinge qualsiasi cessione del territorio. E le garanzie date dall’articolo 5 della NATO richieste da Zelensky costituiscono esattamente quel confine che Mosca ha sempre considerato invalicabile.

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