Caroline Garcia: una giocatrice irrisolta?
Caroline Garcia ha giocato l’ultimo match della carriera lo scorso 25 agosto, perdendo al primo turno di Flushing Meadows contro Kamilla Rakhimova. Il ritiro di Caroline non è stato una sorpresa, tutt’altro: già in primavera, infatti, aveva annunciato che avrebbe smesso di competere alla fine di questa stagione. In un certo senso si è trattato di un “lungo addio”, visto che dopo avere comunicato la decisione ha avuto il tempo di scendere in campo in altri due Slam, oltre che in diversi tornei del Tour femminile.
Garcia è nata il 16 ottobre del 1993: significa che al momento dell’ultimo match disputato aveva 31 anni. Per gli standard attuali direi che ha smesso piuttosto giovane, ma forse nel suo caso ha pesato soprattutto il logorio mentale causato da una notorietà arrivata molto presto e che l’ha caricata di aspettative. Tante aspettative; forse troppe.
La notorietà e le aspettative presso il grande pubblico hanno una data e un inizio precisi: 26 maggio 2011, secondo turno del Roland Garros. Caroline ha appena 17 anni. Prima di quel giorno era soltanto una promettente junior che, con l’appoggio della Federazione francese, cominciava a misurarsi negli Slam delle adulte. Esordio all’Australian Open, grazie a una wild card, poi il Major di casa. A Parigi Garcia è numero 188 del ranking. Al primo turno supera la ceca n. 91 Ondraskova, ma al secondo turno il pronostico sembra chiuso, visto che la attende la testa di serie numero 8 Maria Sharapova.
Invece Caroline stupisce tutti. Nel primo set sale 5-1 e chiude il parziale a proprio favore sul 6-3. Sullo slancio continua a giocare benissimo, spingendosi sino al 6-3 4-1 e servizio. Il pubblico francese è in visibilio, ma Sharapova non è tipo da lasciare strada facilmente. Da agonista nata, Maria reagisce, e risale nel punteggio mentre Caroline comincia a sentire la pressione della grande impresa. Sharapova infila una serie di 11 game consecutivi, ribaltando la situazione: 3-6, 6-4, 6-0 a suo favore.
Garcia ha perso, ma si è presentata al mondo. Andy Murray, forse il tennista di primo piano più attento nei confronti del tennis femminile, a partita in corso scrive un Tweet che rimarrà per sempre associato a Caroline; il testo è iper-sintetico, dato che allora c’era il limite dei 140 caratteri: The girl sharapova is playing is going to be number one in the world one day caroline garcia, what a player u heard it here first
Che match: da semisconosciuta wild card locale a futura numero 1 del mondo – almeno nella previsione di Murray – dopo aver fatto tremare Sharapova e avere incendiato il pubblico francese. Per lei niente sarà più come prima, anche se nel 2011 Garcia continua a giocare anche a livello giovanile, raggiungendo, fra le junior, tre semifinali Slam (Australian Open, Roland Garros e Wimbledon) e una finale (US Open). Grandi risultati su tutte le superfici, ma senza la soddisfazione del titolo; a riprova di un indubbio valore tecnico, al quale però manca qualcosa per tradursi nel successo che rimane inciso nell’albo d’oro.
Sin dalle prime partite in WTA, sul piano fisico-tecnico Garcia dimostra di avere tutto per giocare bene a tennis: potenza e varietà al servizio, colpi al rimbalzo di attacco e difesa, gioco di volo; non le manca nulla. Però la maturazione non è immediata. Come spesso capita a chi possiede un repertorio di colpi molto completo, Caroline fatica a costruire le combinazioni tattico-strategiche ideali, che le consentano di farla esprimere al massimo. Da quel famoso giorno del maggio 2011, in cui era numero 188 del ranking, passano due stagioni intere per entrare finalmente tra le prime 100 (giugno 2013), e trascorrono altri due anni per sfondare il muro delle prime 30 (febbraio 2015). Attenzione però a considerarla fuori tempo massimo: nel febbraio 2015 Caroline ha soltanto 21 anni, ed è già nelle prime 30 del mondo.
Nella prima parte di carriera le indecisioni sul tipo di tennis da proporre si sommano alle difficoltà mentali che la portano spesso a deludere nelle occasioni più importanti. Garcia comincia a sembrare una eterna incompiuta. A questo proposito riporto quanto scrivevo su di lei in un articolo del 2017: “Non penso occorrano molti preamboli o giri di parole se si deve scrivere in questo momento di Caroline Garcia. Oggi secondo me il tema fondamentale che la riguarda è soprattutto questo: provare a capire perché uno dei maggiori talenti della sua generazione non sia stato ancora in grado di esprimersi compiutamente. Perché una giocatrice nata non solo con un fisico ideale per il tennis, ma anche con una repertorio tecnico molto superiore alla media, non sia per il momento riuscita a mettere in sequenza una serie di risultati importanti, che restituiscano sul campo il suo intero potenziale.
Caroline Garcia è a mio giudizio, la giocatrice con il repertorio più completo della sua generazione dopo Sloane Stephens, altra ventitreenne (entrambe sono nate nel 1993) straordinariamente dotata, che considero appena superiore a Caroline perché ancora più forte nel gioco difensivo. Ma spesso queste doti rimangono sulla carta: sono i frammenti di un quadro di insieme che allo stato attuale non riesce quasi mai a ricomporsi del tutto.”
L’articolo risale al marzo 2017. Nel mese di settembre, di rientro da un lungo infortunio, Stephens avrebbe vinto lo US Open e l’anno successivo avrebbe raggiunto la finale del Roland Garros (persa dopo essere stata in vantaggio di un set e un break contro Simona Halep). Invece Garcia non è mai riuscita a essere veramente protagonista in uno Slam. A conti fatti, il suo miglior risultato rimane la semifinale dello US Open 2022, persa malamente contro Ons Jabeur (6-1, 6-3); a questo si può aggiungere un quarto di finale al Roland Garros 2017 (sconfitta in due set da Karolina Pliskova). Ma è evidente che se dobbiamo citare un quarto di finale come riferimento Slam dell’intera carriera non possiamo considerare soddisfacenti i risultati raggiunti rispetto al potenziale che tutti le riconoscevano.
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