Alessandro Borghi: «Siamo le scelte che facciamo»
Accompagnato dai «Bello come er sole», Alessandro Borghi cammina per i viali del Lido, dentro il suo quinto Festival. «Con un film, da padrino o come oggi, da “ispirazione” per i più giovani, l’importante è esserci. Ricordo la prima volta, con Non essere cattivo di Claudio Caligari. Con Luca Marinelli non conoscevamo le strade, non sapevamo dove andare a mangiare. Adesso è il mio ritrovo, il posto in cui non hai tempo di parlare, ma ti abbracci, e da quello capisci tutto».
Ospite d’eccezione di Campari per Campari Lab, un laboratorio didattico di branded content nato dalla collaborazione con il Centro Sperimentale del Cinema volto (anche) a premiare i nuovi talenti del panorama cinematografico italiano, ha incontrato nella Campari Lounge alcuni allievi che hanno realizzato una serie antologica di cortometraggi, The red hour, e che vedono in lui, David di Donatello per Sulla mia pelle di Alessio Cremonini, l’esempio più pieno d’impegno, talento e successo. «Amo il tema di questi lavori che è quello della scelta, l’elemento che condiziona di più le nostre vite».
Di quando era come loro: «Avevo l’immensa fortuna di poter contare su grandi maestri da cui ho provato a imparare il mestiere». Di che cosa è cambiato da allora: «L’entusiasmo è rimasto lo stesso, diversa è invece la consapevolezza. Che si affina ogni giorno». Del destino e del suo contrario, il caso. «Sono molto combattuto. Io devo credere che siamo dei predestinati, perché sono qui grazie a un incontro fuori da una palestra, ma devo credere anche alle cose non scritte, che creiamo con le nostre mani a seconda di quel che ci capita, tra le mani. La tua strada sarà nel mezzo». Lui, la sua, se l’è tatuata sui dorsi dei piedi. Due parole, che compongono il dove sta andando. «My way»
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