È morto il professor Nosari: un monumento del liceo Virgilio
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Aveva 96 anni e insegnava lettere: ha tenuto a battesimo generazioni di studenti. Trasmetteva devozione alla cultura e al sapere senza accettare compromessi
MANTOVA. «Sento qualcosa di stentato e stonato quanto più si va verso la fine, benché il disegno generale si abbastanza ordinato». Voto al tema: 5 e mezzo. Con questa colossale vangata sui denti ho fatto la mia personale conoscenza con l’augusto liceo ginnasio Virgilio. Classe IV C, anno scolastico 1982-1983. In cattedra lui, o meglio Lui (maiuscola meritata, non come quell’altro), che per quanto ne sapevamo era lì da sempre, con il professor Schiatti. Forse aveva addirittura posato la prima pietra dell’edificio di piazza Dante, forse aveva conosciuto Dante: Francesco Nosari. Per la verità l’esordio era stato ancor più traumatico: in IV ginnasio si è bambini, e Nosari era entrato in classe il primo giorno e ci aveva folgorato con lo sguardo, vero rito di passaggio dalle medie al liceo. I ricordi giovanili sono forti, e la morte di Nosari, sopraggiunta a 96 anni, ha dell’incredibile. Perché lo vedevo ancora in giro, fino a pochi mesi fa. Per me: un monumento alla cultura e al sapere. Sempre impeccabile con il suo trench e la cartella. Proprio un anno fa lo avvicinai in una bottega di alimentari dove entrambi facevamo la spesa e l’effetto che mi fece fu lo stesso di quel settembre 1982: incuteva rispetto e suscitava complesso di inferiorità culturale. «Non mi ricordo di lei, mi dispiace», mi disse sorridendo. E io, arrossito, ricordai, indicandogli il suo magro bottino alimentare che «la felicità non è in una pancia piena» sperando di recuperare terreno nella sua memoria. Perché questa era una delle sue lezioni ricorrenti a noi stupidotti: la cultura è una cosa seria, più seria del pranzo e della cena. È stato un uomo fuori dal tempo. Un giorno ci disse: «Se volete vi invito a casa mia a mangiare una fetta di formaggio». Addio, professore.