Gelsi racconta il cinema in un libro: Mantova davanti allo schermo
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foto da Quotidiani locali
Cosa cerca lo spettatore quando va al cinema? «Paga il biglietto, entra in sala, si abbandona al film e per due ore dimentica la propria esistenza. Poi, quando esce, ciò che ha visto (anzi ciò che ha vissuto) si sovrappone alla sua vita quotidiana, ai sui crucci, ai suoi gesti, alle sue piccole felicità e infelicità» dice Salvatore Gelsi, autore del libro Mantova. Una città davanti allo schermo, edito da Il Rio, che domani alle 18 sarà presentato a Casa Nuvolari, in viale delle Rimembranze 1/b. Il libro non è una storia del cinema nella nostra città e provincia. Gelsi non è infatti né critico cinematografico né storico del cinema.
È invece sociologo e il suo libro è un osservatorio, fatto di molte storie, di come Mantova si sia riflessa nel vissuto dello spettatore dal 1896 ai nostri giorni, da quando la nuova forma d’arte arrivò in riva al Mincio, al Po, all’Oglio e agli altri fiumi che scorrono da noi. O, meglio, all’asciutto nei primi baracconi dove si proiettavano le pellicole, per Carnevale e per Sant’Anselmo tra giostre, spettacoli circensi, incantatori e belve feroci, e poi nei primi cinema: Roi Soleil, Eden Cine Max, Virgilio (ormai non più) fino alle sale conosciute, alcune da tempo chiuse (Italia, Bios, Apollo, Corso) ma altre oggi vive come Ariston e Mignon. «Le immagini in movimento, ciò che gli attori fanno e dicono e ciò che capita intorno a loro, si confrontano con l’immaginario e l’interiorità di chi guarda le scene e le vive» dice ancora Gelsi. Che ha messo a punto 89 racconti: 50 inediti, mentre 39 (riveduti ad hoc per il libro) sono già apparsi nella rubrica “Cinemantova”, il sabato nell’inserto “Virgilio” della Gazzetta.
Al testo fanno pendant alcune fotografie d’annata: ecco la fila davanti al cinema Apollo (era in corso Umberto I) che nel 1956 si appresta a vedere “I dieci comandamenti”, filmone di Cecil B. De Mille, con Charlton Heston nella parte di Mosè e Yul Brynner in quella del faraone carogna. Poi, un classico, Vittorio Gassman e Ugo Tognazzi di notte, nel 1962, sotto i portici di corso Umberto I, nel film “La marcia su Roma” di Dino Risi. E il giovane Robert De Niro intabarrato nel 1975 davanti al santuario delle Grazie per “Novecento” di Bernardo Bertolucci. Poi Pier Paolo Pasolini, sempre nel 1975, che gira una scena di “Salò” a Gonzaga. E così via, tra capitoli e capitoli che vanno da don Camillo e Peppone a Giovanni dalle Bande Nere (“Il mestiere delle armi” di Ermanno Olmi), da Sophia Loren che nel 1960 passa per un caffè, fino a un Pasolini formato bomber insieme a Roberto Boninsegna, ovvero Bonimba bomber davvero.
Discorso a parte, ma mica tanto, è il filone erotico (anzi, il porno) e le arene estive tra stelle e zanzare. E c’è anche Mantova nei cinegiornali, quelli che venivano proiettati prima del film, in cui sfilavano politici, attrici e attricette, e un po’ di tutto per fare costume. Nota extra: Michelangelo Antonioni e Monica Vitti alla grande mostra del Mantegna, siamo nel 1961 a Palazzo Ducale. Tutto sotto l’obiettivo dei fotografi della Gazzetta e sotto l’inchiostro della cronaca e della terza pagina.