Sono ventenni, nati più o meno alla metà degli anni '90, sono cresciuti in mezzo alla crisi, non hanno visto crollare vecchi muri e non si aspettano nulla. Quello che si è capito qui a Rio è che vogliono riprendersi la speranza. Senza alibi, senza chiedere scusa, senza ambiguità, senza stare neppure a pensarci troppo. Sono istinto e fatica, sono saggi e spregiudicati, strafottenti e gentili, veloci di testa, di sguardi, di gambe, di braccia, perché se vedi che ti stanno chiudendo ogni spazio, ogni sentiero di futuro, non puoi rassegnarti, ma ti tocca scattare di lato, stupire, spiazzare, perché l'arma segreta adesso è la sorpresa. Non è vero che non sanno chi sono. È che magari non vogliono dirtelo. Non si fidano. Non cercano il potere e se possibile lo ignorano. Sono già oltre, oltre questa stagione, oltre il buio di questi anni, oltre i giovani quarantenni diventati vecchi troppo in fretta, perfino già oltre il renzismo. Non si emozionano per un selfie.Quello che vogliono è che il destino torni a ridare le carte, sparigli, e davanti vedono una pagina bianca tutta da scrivere. Fabio, Niccolò, Odette, Daniele, Rossella, Tania, Francesca, Elisa, Gabriele e tutti gli altri. Quelli che vincono e quelli che partecipano. Sono i ragazzi italiani di Rio e assomigliano a un punto di svolta. I vecchi schemi sono saltati. Ora bisogna ridisegnare gli orizzonti. Non dare nulla per scontato. È di nuovo l'ora degli outsider, di chi arriva a sorpresa, ma ha già fatto tanta strada alle spalle. Non ci sono più rendite di posizione e poltrone sicure.E questo che arriva da Rio sembra tanto anche un messaggio, una rivelazione, per la politica, per il Paese, per questa Italia sbrindellata che da troppo tempo si è smarrita e non sa dove andare. Non temono la paura. Fa parte del gioco. È stupido dire che non la senti. E una cosa senza dubbio l'hanno capita. Come si arriva fino a qui? Soffrendo. Sbagliando. Non c'è mai stata tanta concorrenza in giro e nessuno ti regala nulla. Come ripete sorridendo Fabio Basile, l'oro del judo, quello che si è preso la numero duecento: «Mi hanno buttato in mezzo ai lupi e ne sono uscito capobranco». Doveva provarci fra quattro anni a Tokyo e ci è riuscito qui a Rio. Non c'era più tempo per aspettare. Non c'è più tempo, ovunque, da qualsiasi parte. È ora di riacciuffare il futuro.