Ministeri di collocamento

Prima sindaco di Livorno, in quota Cinque stelle. E, poco prima che scadessero i cinque anni di consiliatura, candidato alle Europee, sempre con il Movimento. Purtroppo, però, il salto dalla Toscana a Bruxelles a Filippo Nogarin non è riuscito: alle elezioni del 26 maggio 2019 ha mancato il risultato per un pelo. Ma niente paura: trascorrono solo pochi mesi e a settembre - il tempo che si passi da un governo gialloverde a uno giallorosa - Nogarin viene ripescato in qualità di «consigliere» del ministro per i Rapporti col Parlamento, il pentastellato Federico D'Incà, che lo assume con uno stipendio da 40 mila euro annui. «Il lavoro di consulente è di raccordo con gli enti territoriali e ha svolto un prezioso lavoro anche durante l'emergenza Covid» spiegano dallo staff del ministro. I più maligni, invece, lo definiscono «ripescato».

Sta di fatto che Nogarin è uno dei tanti volti, tra i più noti, che popolano l'universo di candidati non eletti, o che hanno rinunciato alla candidatura, trasformandosi ben presto in consulenti impegnati nei vari dipartimenti e ministeri del governo Conte 2. È impressionante il numero di «trombati», amici ed ex colleghi, insediatisi nei cosiddetti «uffici di diretta collaborazione». Solo nella lista, visionata da Panorama e aggiornata a maggio 2020, relativa alla presidenza del Consiglio, tra il premier, i suoi sottosegretari e i ministri senza portafoglio si contano oltre 200 nomi per una spesa complessiva che fino a fine anno supererà i 5 milioni di euro. All'interno c'è di tutto. Certo, ci sono professori, giuristi, esperti in comunicazione. Ma risalta la presenza di ex parlamentari o fedelissimi di tutte le stagioni.

Capo della segreteria tecnica della ministra per le Pari opportunità Elena Bonetti, è Ileana Cathia Piazzoni, deputata dem nella scorsa legislatura (2013-2018). Dopo essersi ricandidata senza successo alle politiche del 2018, nel settembre scorso ha deciso di traslocare sotto le insegne di Italia viva, esattamente come la renziana Bonetti. Tra i collaboratori del ministro per gli Affari regionali, Francesco Boccia, troviamo invece Enrico Borghi il cui stipendio è erogato direttamente da Montecitorio, essendo deputato in carica. Curioso anche il caso della ministra per l'Innovazione Paola Pisano, che ha voluto accanto a sé, a titolo gratuito, l'ex sottosegretario con il primo governo Conte, Mattia Fantinati.

Ci sono poi i vari dicasteri che, esattamente come Palazzo Chigi, pullulano di quelli che finiscono sotto l'etichetta variegata di «riciclati». Sin da inizio legislatura, per esempio, a lavorare con l'attuale reggente del M5s e viceministro dell'Interno Vito Crimi, c'è Bruno Marton, ex collega del capo politico dei pentastellati. Nella scorsa legislatura era senatore come Crimi e, oggi al Viminale in qualità di «segretario particolare del viceministro», percepisce quasi 75 mila euro annui. Non è da meno il Partito democratico. Al ministero dell'Economia, per cifra pressoché uguale, lavora in qualità di consigliere di Roberto Gualtieri, Enrico Gasbarra, ex golden boy del centrosinistra romano e nominato a inizio 2020. La sua carriera è lunga: prima vicesindaco a Roma, poi presidente della Provincia, quindi deputato del Pd, infine dal 2014 al 2019 europarlamentare dem proprio insieme a Gualteri, il suo «datore di lavoro».

Risalta anche il caso di Salvatore Capone: prima deputato del Pd fino a fine mandato nel 2018, eletto nella circoscrizione di Lecce, poi nominato dalla sua conterranea Teresa Bellanova consulente al ministero delle Politiche agricole. L'incarico, da 36 mila euro, è scaduto lo scorso febbraio. Ma anche in tal caso non c'è da sorprendersi: con la capodelegazione renziana nell'esecutivo, troviamo pure Alessio De Giorgi che per 80 mila euro è «consigliere del ministro» e, come si legge sul suo curriculum, fino al nuovo incarico è stato social media manager di Matteo Renzi (prima ancora ha curato la comunicazione di Basta un Sì, il comitato pro-riforma Boschi).

I legami tra renziani, d'altronde, appaiono infiniti. Il compagno di De Giorgi, Nicola Galea, lavora proprio con la già citata Bonetti, altra ministra di Iv. Non si sottrae alla rigorosa regola di circondarsi di fedelissimi anche il titolare dei Beni culturali, Dario Franceschini: nonostante il ministro abbia già un portavoce e un capo ufficio stampa, ha affidato un incarico di consulente per la comunicazione a Pierdomenico Martino, prima deputato Pd e poi, candidato al Senato nelle liste di Leu alle Politiche del 2018, ha mancato l'elezione.

Nel frattempo proprio con il Partito democratico aveva ingaggiato un braccio di ferro con l'allora tesoriere Francesco Bonifazi sugli arretrati da versare alle casse del partito. Le ruggini con Largo del Nazareno sono ormai un ricordo: Martino è tornato al fianco del suo antico sodale, capodelegazione dem nel governo.

In fatto di comunicazione, però, è cosa nota: nessuno può raggiungere le vette di Rocco Casalino. Il ruolo di portavoce e capo ufficio stampa di Giuseppe Conte gli vale uno stipendio lordo di poco superiore ai 169 mila euro. Ma neanche alla Farnesina se la passano male: il passaggio da Enzo Moavero Milanesi a Luigi Di Maio ha ingrossato lo staff del ministro, facendo sentire il peso sulle casse. In totale si contano nove consulenti che costano una cifra superiore ai 740 mila euro. E figurano fedelissimi del leader Cinque stelle. A cominciare da Pietro Dettori («consigliere del ministro degli Esteri per la cura delle relazioni con le forze politiche inerenti le attività istituzionali», ruolo che gli vale 120 mila euro) per finire con Carmine America: l'ex compagno di scuola a Pomigliano d'Arco risulta tuttora per 80 mila euro l'anno «consulente per la sicurezza e difesa», anche se adesso è stato promosso nel cda di Leonardo.

Persone fedelissime di Di Maio, d'altronde, siedono in vari dipartimenti. Così nello staff di Riccardo Fraccaro ecco Dario De Falco: ex consigliere comunale di Pomigliano d'Arco, amico di Giggino dai tempi del liceo classico Imbriani, collaboratore di Di Maio quando con Salvini divideva il ruolo di vicepremier. Oggi, invece, De Falco è «consigliere per le questioni istituzionali» (con una retribuzione da 100 mila euro).

Altro caso è quello del vicecapo di gabinetto al ministero dello Sviluppo economico, l'ex dicastero guidato proprio da Di Maio e ora nelle mani di Stefano Patuanelli: a ricoprire l'incarico è Giorgio Girgis Sorial, ex deputato anche lui del Movimento nella passata legislatura.

La lista di fedelissimi, per quanto non tecnicamente «riciclati», non finisce qui. E così, per esempio, il ministro per le Politiche europee, Vincenzo Amendola, ha scelto come «consigliere giuridico» Francesco Nicodemo, ex responsabile comunicazione del Pd, poi passato nel team comunicativo di Palazzo Chigi con Filippo Sensi, quando Renzi era presidente del Consiglio. Nello staff del ministro per il Sud, Giuseppe Provenzano, troviamo Nicola Oddati, esponente di rilievo del Pd campano, ed Eugenio Marino, ex responsabile del partito per gli Italiani nel mondo. Tra i consulenti ci sono casi singolari: in qualità di «consigliere» troviamo anche il poeta - che ama definirsi «paesologo» - Franco Arminio. Dal dipartimento si apprende che, non a caso, lo scrittore si occupa di «aree interne e piccoli paesi». La retribuzione? «Al momento non percepisce alcun compenso», precisa lo staff di Provenzano, anche se i documenti di Palazzo Chigi non parlano di incarico totalmente gratuito, ma di trattamento economico «in corso di definizione».

All'Istruzione, invece, a curare la comunicazione social della sottosegretaria Anna Ascani, è Davide Di Noi, da poco nominato responsabile del dipartimento Cultura del Pd. Sui social ha ringraziato il segretario Zingaretti, ma «soprattutto» proprio «Anna Ascani, che ha sempre creduto in me». La riconoscenza è d'oro.