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San Marino: affari, inchieste e intrighi all’ombra del Monte Titano



Nel microstato c'è una guerra di potere. Un magistrato che si occupava di tangenti e politici, anche italiani, è stato demansionato. Ma contro di lui ora ci sono due pesantissimi esposti alla procura di Roma, firmati dall'europarlamentare Sandro Gozi e da Catia Tomasetti, presidente della Banca centrale sammarinese. Una vicenda con risvolti da spy story, dove i tir possono essere carichi di miliardi...


Un tir con 20 milioni di banconote da 500 euro pronto a partire dalla Svizzera in direzione del Monte Titano, i maneggi di presunti discendenti dello scià di Persia, un banchiere in difficoltà accusato di provare a salvarsi usando i segreti di un importante politico, un magistrato anti tangenti spedito a occuparsi di contravvenzioni stradali e, infine, immancabile sullo sfondo, una loggia massonica.

Sembra la sceneggiatura di una serie tv, invece è il groviglio di soldi, potere e presunte toghe sporche che emerge da alcune denunce presentate a Roma e a San Marino dalla riminese Catia Tomasetti, presidente della Banca centrale della piccola Repubblica, e dal cinquantaduenne Sandro Gozi, ex sottosegretario agli affari europei nei governi Renzi e Gentiloni, anche lui un purosangue romagnolo.

La loro storia si intreccia con quella del giudice Alberto Buriani. A inizio agosto i giornali italiani, descrivendolo come una specie di Antonio Di Pietro sammarinese, hanno dato un certo risalto alla notizia del suo demansionamento. Il Corriere della sera ha titolato con enfasi: «San Marino toglie il caso al giudice che indagava sul senatore Siri». Il riferimento è a uno dei filoni dell'inchiesta per corruzione sull'ex sottosegretario leghista Armando Siri.

In realtà, dietro a questa defenestrazione, si nascondono motivazioni che probabilmente poco hanno a che fare con gli affari del politico genovese. Buriani è anche il Commissario della legge che ha iscritto sul registro degli indagati, con l'accusa di amministrazione infedele, gli stessi Gozi e Tomasetti per una consulenza da 120 mila euro pagata dalla Banca centrale di San Marino (Bcsm) all'ex sottosegretario, considerato un passe-partout per Bruxelles a partire dai tempi in cui era l'assistente personale dell'allora presidente della Commissione europea, Romano Prodi. Infatti il contratto era finalizzato al raggiungimento di un accordo di collaborazione con l'Ue.

Il fascicolo era stato aperto nel novembre 2018 a seguito di una denuncia anonima e, il 27 maggio 2020, dopo un anno e mezzo di indagini, è stato archiviato non essendo stati trovati «elementi idonei a dimostrare la rilevanza penale delle condotte». Eppure Buriani non risparmia giudizi assai severi nell'atto di proscioglimento: «Appare indubitabile che l'incarico di consulenza sia rimasto inattuato» scrive. E aggiunge: «Si trattò di un espediente usato per assicurare al dottor Gozi una retribuzione di 10.000 euro al mese, senza che lo stesso fosse concretamente impegnato in un'effettiva attività di assistenza e consulenza».

Di fronte a tali «affermazioni diffamatorie non supportate da risultanze dell'istruttoria», la Tomasetti ha chiesto alle autorità sammarinesi una valutazione disciplinare del giudice. Prima della loro archiviazione, la stessa Tomasetti e Gozi, ritenendo che nell'inchiesta di Buriani ci fosse qualcosa che non tornava, si sono rivolti pure alla magistratura italiana con due distinti esposti, che hanno portato all'apertura di un fascicolo d'indagine affidato alla pm romana Claudia Terracina.

Il primo a esporre le proprie perplessità e a ricostruire i fatti con gli inquirenti capitolini è stato Gozi, in passato già scottato da un'indagine su una presunta loggia di San Marino in cui venne coinvolto con Prodi per poi essere completamente prosciolto.
Nel 2018, interrotta l'esperienza di governo italiana, diventa consulente del gabinetto del primo ministro francese Édouard Philippe e partecipa alle elezioni europee nelle fila di En Marche!, il partito di Emmanuel Macron. Pochi giorni prima del voto esce sui giornali la notizia dell'inchiesta sammarinese e Gozi risulta il primo dei non eletti.

Forse anche per la delusione di quella bocciatura, il 21 giugno 2019 presenta l'esposto alla Procura di Roma. Nella denuncia il politico romagnolo collega la sua vicenda processuale a un'inchiesta in corso sul Credito industriale sammarinese, istituto messo sotto amministrazione controllata dalla Bcsm nel luglio 2019, dopo l'arresto del suo direttore generale Daniele Guidi. All'epoca l'azionista di maggioranza era l'ingegnere Marino Grandoni e il buco accertato della banca ammontava a circa 100 milioni di euro. Il riferimento al Cis, come vedremo, non è causale.

Infatti Gozi annota che nel mese di ottobre del 2018 «veniva invitato a pranzo dall'ex parlamentare della Repubblica italiana, onorevole Sergio Pizzolante». In quel momento Pizzolante ha lasciato il Parlamento da sette mesi, dove è stato deputato del Nuovo centrodestra e di Alternativa popolare, dopo aver militato in Psi, Forza Italia e Pdl. Il politico, che nel 2019 ha annunciato l'adesione a Italia viva di Matteo Renzi, nella sua nuova veste di lobbista avrebbe comunicato a Gozi che all'appuntamento «avrebbe preso parte anche tal ingegner Grandoni» senza, però, «indicare quale fosse l'oggetto dell'incontro». L'appuntamento viene fissato in un noto ristorante di Roma, Le Grotte del piccione, uno dei preferiti di Gozi.

Nell'occasione Grandoni, secondo l'europarlamentare, «alternava registri vocali e modi accomodanti ad alcuni più incalzanti, senza perdere mai di vista (…) la potenziale influenza che poteva avere lo scrivente nei confronti di Bcsm». L'ingegnere avrebbe «tessuto le lodi» di Gozi, «affermando di essere a conoscenza del lavoro che costui stava svolgendo quale consulente» e mostrando di essere in possesso di «notizie riservate che potevano essere state apprese solo in via confidenziale».

Quindi Grandoni avrebbe citato due articoli critici sulla consulenza affidata a Gozi pubblicati su un sito sammarinese e avrebbe fatto «intendere, neppure troppo velatamente, di avere la possibilità, e di essere disponibile, a spendersi per sedare tutte le eventuali polemiche a mezzo stampa che avrebbero certamente, a suo dire, danneggiato l'immagine e compromesso la carriera politica» dell'europarlamentare. Per Gozi, però, il vero obiettivo dell'ingegnere era quello «di chiedere aiuto» affinché da consulente della Bcsm si attivasse presso la Tomasetti «al fine di superare gli asseriti pregiudizi che la stessa aveva manifestato verso la Banca Cis», tanto da averla definita in una commissione parlamentare «la peggiore banca di San Marino».

Gozi collega in maniera nemmeno troppo sibillina le chiacchiere di quel pranzo alle Grotte del piccione con l'inchiesta di Buriani sulla consulenza da 120.000 euro: «In data 26 novembre 2018 veniva presentata avanti all'autorità giudiziaria sammarinese una denuncia anonima che si ipotizza riproduca sostanzialmente le notizie di stampa di cui il Grandoni aveva reso edotto il sottoscritto, a seguito della quale lo scrivente è risultato indagato proprio insieme alla presidente della banca centrale di San Marino».

A queste gravi accuse bisogna aggiungere quelle contenute in un altro esposto, presentato a Roma dalla Tomasetti lo scorso 25 febbraio. La donna è partner di uno dei principali studi legali italiani e nella Capitale è già stata presidente dell'Acea, la municipalizzata romana dell'energia e dell'acqua. Nel suo esposto si legge che nel giugno 2019 la presidente aveva ricevuto la richiesta di un incontro da fissarsi «con estrema urgenza» da parte di Simone Celli, ex segretario per le finanze del governo di San Marino. «Lo stesso mi informava» scrive la Tomasetti «di aver parlato con il commissario della legge Buriani e asseriva di aver dato un contributo sostanziale nel senso dell'archiviazione della mia posizione».

A questo punto Celli avrebbe fatto balenare alla presidente la possibilità di «una veloce chiusura del procedimento», ma non lo avrebbe fatto a voce, bensì scrivendo su un foglietto «chiudere tutto bene». Oltre a ciò Celli le avrebbe consigliato di incontrare gli esponenti della società francese Stratos Sarl, interessati all'acquisizione del Credito industriale, ma anche due politici di Repubblica futura, «il partito sammarinese vicino all'azionista di Banca Cis». In un successivo colloquio telefonico Celli avrebbe preannunciato alla Tomasetti che il Commissario della legge Buriani l'avrebbe contattata per «un colloquio informale». Per la presidente «questo incontro (…) venne puntualmente richiesto» e si tenne «presso lo studio dello stesso commissario della legge Buriani in data 25 giugno 2019».

La Tomasetti denuncia il particolare interesse del magistrato per la vicenda Siri: «Buriani affermò durante l'incontro che ci aveva convocati per essere sicuro che noi, in qualità di rappresentanti di Bcsm, avessimo fatto tutte le necessarie verifiche presso Banca agricola commerciale con riferimento al caso Siri. Ci preannunciò l'arrivo di una rogatoria dall'Italia sul caso e ci fece capire che pendevano indagini anche a San Marino sulla vicenda. Ci confermò che non conduceva lui le indagini (…), ma ci disse che comunque lui si manteneva informato sulla vicenda (…). Effettivamente, come anticipato dal commissario della legge Buriani, ci arrivò dal Tribunale di San Marino una richiesta di documentazione in forza di rogatoria dall'Italia».

In un'ulteriore conversazione telefonica, Celli avrebbe preannunciato alla presidente che l'interrogatorio di Gozi «sarebbe stato spontaneamente rinviato dal giudice» a data da destinarsi. Come in effetti accadde. Successivamente Celli si sarebbe fatto ambasciatore di altri presunti messaggi del giudice Buriani, il quale, secondo l'ex segretario per le finanze, voleva «costruire un rapporto» con la Tomasetti e la Bcsm.

In un altro esposto, questa volta inoltrato alle autorità sammarinesi, la presidente precisa che Buriani «richiedeva per ben tre volte incontri» con lei «per discutere di temi diversi dal relativo procedimento», evidenziando come tali proposte fossero avvenute «in un arco temporale piuttosto particolare» e cioè nei giorni in cui la Bcsm «doveva esprimersi su un'offerta di acquisto (quella della Stratos, ndr) relativa alla predetta banca gestita dal dottor Guidi», con cui Buriani avrebbe «un rapporto di amicizia e di famigliarità, come dallo stesso riferito». Dopo la messa in liquidazione della Banca Cis, il «corteggiamento» nei confronti di Gozi non si sarebbe comunque interrotto.

Secondo la Tomasetti, alla Leopolda (la kermesse renziana che si svolge ogni anno a Firenze) dell'ottobre 2019 l'europarlamentare avrebbe trovato «con grande sorpresa» Celli. Quest'ultimo, tra un intervento e un altro, «avvicinava Gozi e gli riferiva che il commissario della legge Buriani era in procinto di chiudere la vicenda giudiziaria in cui era coinvolto», situazione che «si sarebbe risolta a fine gennaio». In effetti, con il subentro nel Parlamento europeo dello scorso primo febbraio, l'ex sottosegretario non è più perseguibile ai sensi della legge sammarinese. Ma il vaticinio si è potuto realizzare perché Buriani non ha adottato alcun provvedimento contro Gozi prima dell'investitura europea.

A dirla tutta, la carriera del giudice non pare aver tratto giovamento dall'archiviazione di Gozi e della Tomasetti. Anzi. Lo scorso 24 luglio, tra mille polemiche, il Consiglio giudiziario plenario (il Csm di San Marino), con una maggioranza di membri laici (i consiglieri nominati dalla politica), ha annullato la revoca dell'incarico di dirigente del Tribunale a Valeria Pierfelici avvenuta nel marzo 2018. Una decisione che ha disarcionato il successore-predecessore della Pierfelici, Giovanni Guzzetta, noto costituzionalista italiano ed ex capo di gabinetto del ministro azzurro Renato Brunetta.

In poche ore la Pierfelici, tornata in carica, ha riorganizzato il Tribunale e ha mandato a occuparsi di controversie stradali proprio quel Buriani che aveva accusato, prima di essere degradata, di avere una liaison con la moglie dell'ex dg di Banca Cis, Guidi. Un gossip per cui la Pierfelici è stata denunciata dalla donna chiamata in causa.

In questo contesto di contrapposizione tra la politica e il potere giudiziario, 10 membri del parlamentino dei giudici, stavolta quasi tutti togati e in gran parte inquirenti, hanno chiesto un «intervento autorevole» da parte del Consiglio d'Europa, la principale organizzazione continentale che tutela i diritti umani. Buriani ha affermato: «Non mi do per vinto. La nostra determinazione ci servirà a resistere e a garantire la speranza di una giustizia che altrimenti verrebbe meno definitivamente». Tutte queste denunce e controdenunce raccontano come gli intrighi all'ombra del Monte Titano potrebbero tranquillamente ispirare nuove puntate di House of cards. Come conferma l'ultimo capitolo del nostro racconto.

Nell'estate 2019, alla vigilia della risoluzione della Banca Cis, all'improvviso piove sul tavolo della segretaria per le finanze Eva Guidi e della presidente della Bcsm Tomasetti una proposta di investimento da 10 miliardi di euro. Ai diretti interessati l'offerta ricorda una vicenda analoga. Un lustro fa l'ispettore capo della Bcsm Andrea Vivoli che - sia detto per inciso - indagava sulla Banca Cis, partecipò a una riunione in cui un misterioso cittadino ungherese, con precedenti per riciclaggio, proponeva di depositare sei miliardi di euro a San Marino, via Giappone, a condizione di non subire troppi controlli.

Per questo il bancario venne indagato dal Commissario della legge Buriani e condannato per la mancata segnalazione dell'operazione sospetta all'Agenzia di informazione finanziaria di San Marino. Salvo poi essere prosciolto con formula piena: il fatto non sussisteva perché la transazione non si era mai realizzata. Considerato il precedente, in ogni caso, sia la Banca centrale sia la segreteria per le finanze hanno preferito segnalare con solerzia la questione dei 10 miliardi al Tribunale di San Marino.

Dalle denunce emerge che il giorno prima della messa in liquidazione della Banca Cis, alla Tomasetti viene proposto un incontro con due personaggi stranieri, il cui piano era già stato presentato al governo. Inizialmente era partito come progetto di investimento di quadri di grande valore per 500 milioni di euro, per poi diventare un possibile deposito miliardario. A effettuarlo dovevano essere due facoltosi cittadini iraniani, a loro dire, appartenenti «alla famiglia reale».

La coppia avrebbe proposto di portare a San Marino soldi depositati presso la banca svizzera Ubs, producendo come prova dell'esistenza del tesoro un «certificato fondi». Se l'accordo fosse andato a buon fine, un camion avrebbe trasferito 20 milioni di banconote da 500 euro impilate in bancali. Inoltre i munifici cittadini della Repubblica islamica avrebbero regalato un miliardo al piccolo Stato del Titano e per quattro anni avrebbero devoluto il 30% dei proventi da investimenti alle casse della piccola repubblica. In cambio, un ristretto gruppo di persone avrebbe dovuto ricevere la cittadinanza sammarinese e il passaporto diplomatico irrevocabile.

Un mese dopo il primo tentativo di abboccamento, a fine agosto 2019, uno dei presunti promotori dell'investimento contatta direttamente la Tomasetti. Stiamo parlando dell'imprenditore italiano residente a San Marino Andrea Negri, già gran maestro della Serenissima gran loggia di San Marino e fondatore nel 2020 del movimento politico Indipendenza sammarinese, di cui ha lasciato la presidenza a giugno «a seguito di incarichi istituzionali assunti in ambito diplomatico». Negri invia alla Tomasetti questo messaggio WhatsApp: «La disturbo per chiedere un appuntamento riservato possibilmente presso i nostri uffici di Roma per illustrarle il nostro progetto di investimenti a San Marino e gli enormi vantaggi a esso collegati». La presidente replica di non essere disponibile a un colloquio fuori dal territorio sammarinese e segnala la vicenda all'Antiriciclaggio. Perché come diceva il saggio Leonardo da Vinci: «Questo per isperienza è provato, che chi non si fida, mai sarà ingannato».

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