Il problema di Papa Francesco

Chi se lo ricorda più Paul Casimir Marcinkus? Era un monsignore che veniva da Cicero, sobborgo tra i più pericolosi di Chicago, dove negli anni Trenta Al Capone aveva messo le basi della sua «corporation» criminale, una vera e propria industria copiata sul modello della Western Electric. Figlio di immigrati lituani, con un padre che manteneva la famiglia lavando i vetri di negozi e uffici, Marcinkus aveva un motto che spiegava tutto di lui: «La Chiesa non si mantiene con le Ave Maria». E infatti di lui, custode dei forzieri vaticani, non si ricordano di certo le preghiere, ma i molti scandali finanziari che lo hanno sfiorato. Lo chiamavano il Gorilla, perché aveva un fisico possente e perché si era occupato della sicurezza di Paolo VI durante i viaggi del pontefice. Ma in realtà più che di organizzare le missioni papali e dell'incolumità del Santo Padre si occupava di soldi, quelli dello Ior, la banca vaticana.

Di lui sono noti i rapporti con Michele Sindona e Roberto Calvi, i banchieri che all'ombra di San Pietro e con la benedizione delle gerarchie vaticane accumularono affari e soprattutto fallimenti. Tuttavia quello che sta emergendo in questi giorni, con i soldi dell'obolo di San Pietro usati per finanziare film sulla vita di Elton John e spregiudicate operazioni contro i nemici, rischia di far apparire le scorribande di Marcinkus come giochi da ragazzi. Sì, l'esuberante arcivescovo americano che finì i suoi giorni giocando a golf e facendo il parroco di San Clemente, una piccola parrocchia in Arizona, forse non fu proprio uno stinco di santo, tanto che si parlò di lui a proposito della scomparsa di Emanuela Orlandi e addirittura della morte di Papa Luciani. Tuttavia, forse grazie anche al fatto che il Vaticano negò sempre alla magistratura la possibilità di interrogarlo, non fu mai formalmente accusato di nulla e dunque se ne andò a 84 anni immacolato come un giglio.

Certo, la fama che insegui Marcinkus anche dopo il suo ritorno negli Stati Uniti non fu delle migliori e tuttavia non pare avere nulla da spartire rispetto a quella che precede i monsignori e cardinali nello scandalo che imperversa in questi giorni oltre Tevere. Negli anni Ottanta, quando scoppiò lo scandalo del Banco Ambrosiano, si capì che lo Ior, ossia la banca vaticana, era la lavanderia dei soldi sporchi e che da lì transitavano affari loschi e somme evase al fisco che l'Istituto per le opere di religione si incaricava di ripulire e reinvestire. Nessuno però parlò di intrighi contro o a favore del Papa e di guerre interne fra vescovo e cardinali. Dietro le mura leonine sparivano miliardi per poi riapparire altrove, usati forse anche per finanziare Solidarność, il sindacato che lottava contro il regime comunista in Polonia. Oggi, invece, i soldi spariscono per finanziare campagne contro un prelato e magari costruire falsi scandali sessuali. Ciò che sta emergendo dopo la destituzione del cardinale Angelo Becciu va al di là di ogni immaginazione. L'ipotesi degli investigatori è che, oltre a essere stati investiti in spericolate operazioni immobiliari, finanziando discutibili imprenditori e speculatori, i soldi dell'obolo di San Pietro destinati ai poveri siano stati impiegati anche per sbarazzarsi di un alto prelato che voleva ficcare il naso nei segreti vaticani.

Non sappiamo come finiranno le accuse, se sarà comprovato l'intrigo ai danni del cardinale australiano George Pell e nemmeno conosciamo il coinvolgimento di una curiosa figura femminile alla quale sono finiti diversi bonifici. Tuttavia, dopo lo scandalo del cardinal Theodore McCarrick, arcivescovo di Newark e di Washington, ridotto allo stato laicale dopo che l'ex nunzio negli Stati Uniti, monsignor Carlo Maria Viganò, lo accusò di aver corrotto sessualmente generazioni di seminaristi, quello di Becciu è il caso più grave con cui è costretto a fare i conti papa Francesco. Prima di lui, almeno nella storia degli ultimi cento anni, nessun pontefice era stato costretto a ricorrere a misure estreme, destituendo e mettendo agli arresti i suoi principali collaboratori.

Ciò nonostante l'opera di pulizia che il Santo Padre aveva promesso al momento di insediarsi sul soglio di Pietro non solo non può dirsi conclusa, ma forse non può neppure essere considerata avviata. In questi anni a cadere sono infatti state spesso le persone che proprio il Papa aveva scelto per cominciare a rimettere ordine nelle finanze vaticane e pure per sradicare il cancro della pedofilia. Sì, non si può dire che Bergoglio si sia circondato sempre degli aiutanti migliori. E forse è proprio questo il problema di Francesco: catapultato dall'Argentina, probabilmente ha sottovalutato gli intrighi della Curia romana. Perché il Vaticano, come qualsiasi regno, ha una corte e nella corte spesso si annidano congiure e oscuri interessi. Il risultato è che al posto di parlare di un'enciclica che rischia di cambiare la dottrina della Chiesa su aspetti fondamentali della nostra vita (per esempio la proprietà privata) si parla di Becciu e di molti, troppi, soldi. Una curiosa parabola per un pontefice che per nome si è scelto quello del Poverello di Assisi.