Difesa e politica estera, primi grattacapi per Biden
Ma è invece probabile che la nuova Amministrazione mantenga la stessa linea di Trump sui paesi europei per mantenere alta la spesa per la Difesa alla luce delle minacce russe e cinesi, e per allinearsi con la richiesta della Nato ai membri di spendere almeno il 2% del loro Pil per le forze armate. Probabilmente però Biden adotterà un approccio meno conflittuale con gli alleati rispetto a Trump, il quale riteneva che gli Stati Uniti negli ultimi anni avessero sopportato troppo il fardello per difendere l'Europa. Quando il Pentagono annunciò il ritiro di 12.000 soldati statunitensi dalla Germania, all'inizio del 2020, riposizionandole in altre basi d'Europa, Trump diede la colpa direttamente a Berlino accusandola di non aver pagato la sua quota di Pil in armamenti.
Meno prevedibile è invece come Biden tratterà i Paesi che sembrano minare i valori della Nato. L'esplorazione per la realizzazione di nuovi pozzi di petrolio e gas che la Turchia sta facendo nelle acque contese con la Grecia ha provocato non poche tensioni, per non parlare delle azioni di Ankara in Libia, Siria e, più recentemente, del suo sostegno di Erdogan all'Azerbaigian nel conflitto del Nagorno-Karabakh. Inoltre la decisione della Turchia di dotarsi del sistema di difesa russo basato sui missili S-400 rimane fonte di irritazione per Washington, che si era limitata a espellere Ankara dal programma F-35 ma non aveva poi proceduto ad attivare altre sanzioni per timore di vedersi chiudere le basi militari in territorio turco.
Analizzando i discorsi che il neo presidente Usa ha fatto durante la campagna elettorale pare che le forze Usa in futuro potrebbero essere più tecnologiche ma meno numerose. L'ipotesi è suffragata dal fatto che in passato Joe Biden ha spesso parlato di sicurezza nucleare arrivando ad essere tra i sostenitori del trattato Usa-Russia "New Start" nel 2010 che prevedeva la riduzione del numero di testate nucleari di scorta a disposizione. E tra poco più di un mese la questione della modernizzazione degli armamenti tornerà ad essere un tema caldo che la sua Presidenza dovrà affrontare, in quanto la scadenza del trattato cade il 5 febbraio 2021.
Donald Trump lascia un Pentagono molto rapido nelle operazioni di acquisizione di armi, con i militari che durante gli ultimi quattro anni potevano occuparsi direttamente anche di trattative commerciali, ma lascia anche un nuovo corpo armato, la Difesa Spaziale, che ora deve dotarsi di basi, uomini e tecnologie, nonché integrarsi con Aviazione, Marina ed Esercito dividendosi il budget della Difesa.
Su questo il nuovo presidente potrebbe doversi misurare con un Senato controllato dai repubblicani nel quale apparirà chiaro che il bilancio della Difesa 2020 sarà l'ultimo in crescita, quindi dovrà convincere l'aula su quale politica adottare con gli alleati. Riguardo gli armamenti nucleari e i rapporti con la Russia, la Casa Bianca ha la massima libertà, potrebbe infatti estendere il trattato New Start di altri cinque anni come per un periodo di tempo più breve o anche non rinnovarlo.
Trump è sempre stato riluttante ad accettarne l'estensione poiché giudicava aggressiva la modernizzazione dei sistemi nucleari di Putin in corso, ma è probabile che i consulenti di Biden optino per l'estensione del trattato in modo da avere più tempo per allungare i negoziati.
Nel frattempo i Repubblicani saranno più concentrati sulla minaccia rappresentata dagli armamenti avanzati della Cina, nei confronti della quale diversi senatori Repubblicani sostengono che Trump sia stato troppo compiacente e che abbia lasciato Pechino libera di intensificare a piacere i loro programmi. Tale situazione potrebbe facilmente spingere la Difesa Usa a mantenere vivi e alimentati taluni programmi strategici come i missili ipersonici, per i quali il Senato non accetterebbe tagli, ma anche l'abbandono o il rallentamento di altri come la rete di difesa cibernetica interna degli Usa. Di fatto se il bilancio della Difesa Usa non sarà aumentato per il 2021, ma al Pentagono sarà richiesto di mantenere l'attuale assetto in termini tecnologici, l'unico modo per riuscirci sarebbe quello di diminuire il numero del personale effettivo, di aeroplani, veicoli e navi. anteponendo l'acquisto di tecnologi all'arruolamento di soldati, dando priorità a nuovi missili ipersonici, intelligenza artificiale e armi a lungo raggio.
Questo inevitabilmente avrebbe ripercussioni su aziende primarie come Lockheed-Martin per gli F-35, su General Dynamic per navi e veicoli, favorendo invece Northop Grumman perché più focalizzata sulle nuove tecnologie e meno sulla produzione. Inoltre è acclarato che i Democratici di Camera e Senato spingono per approvare restrizioni alle vendite militari verso nazioni estere, in primis volendo bloccare la fornitura di cinquanta F-35 agli Emirati ancora prima dell'insediamento di Biden.
Un solo ramo della Difesa aveva ricevuto dalla Casa Bianca il medesimo incoraggiamento ed attenzione sia con Obama sia con Trump, ed era appunto tutto ciò che rappresentava lo sviluppo del segmento spaziale. Ma mentre Obama non aveva osato annunciare la costituzione di una forza armata dedicata, Trump l'aveva voluta usando questa notizia anche come spauracchio con nazioni come la Corea del Nord. Le armi spaziali comprendono satelliti spia e armati ma anche software, stazioni di controllo a terra sia sul territorio nazionale sia all'estero, Europa inclusa.
Non a caso il Dipartimento della Difesa sta lavorando a stretto contatto con il Comitato Usa per gli investimenti esteri in modo da impedire ad avversari come Cina o Russia di acquistare società ritenute fondamentali per concretizzare le iniziative tecnologiche nazionali, comprese quelle che trattano l'estrazione e la vendita di minerali nobili per la costruzione di componenti elettronici "nobili", che attualmente vengono estratti e lavorati al di fuori degli Stati Uniti.