Sanzioni, lo spettro del sequestro degli yacht degli oligarchi russi in Occidente
Fonti osint, immagini satellitari, transponder: ecco tutti gli ultimi avvistamenti delle barche extralusso della cerchia più vicina a Putin. L’ipotesi di sequestrarle e bandire i proprietari da Europa e America, misura che sarebbe dolorosissima per famiglie ormai cullate nella dolce vita da ricchi in occidente
Nella serata di mercoledì 23 febbraio gli Stati Uniti hanno emesso un (iniziale) pacchetto di sanzioni che, per la prima volta da tanti anni, contengono misure realmente pesanti per la Russia di Putin: tardi per la deterrenza, non per punire il dittatore. Le due principali banche di stato russe, Sberbank (di gran lunga la più grande) e VTB sono state completamente o quasi completamente (nel caso di Sberbank) tagliate fuori dal sistema di finanziamenti in dollaro, in sostanza dall’acquisto di debito estero in moneta americana. Secondo il Tesoro Usa, quotidianamente le istituzioni finanziarie russe effettuano transazioni in valuta estera per un valore di circa 46 miliardi di dollari a livello globale, l’80 per cento delle quali avviene in dollari. La grande maggioranza di queste transazioni sarà ora interrotta. Sono state sanzionate anche cinque banche private, tra le quali la più grande banca privata del paese, Alpha Bank. Erano anni che si invocavano sanzioni di questa durezza. In un’ora sola, nella serata di giovedì, il titolo di Sberbank è precipitato a 112,50, meno 96,03. Un precipizio che, con questi ritmi, porterebbe la banca verso il baratro.
Nelle sanzioni manca però, o è molto parziale ancora, la parte di sanzioni personali agli oligarchi russi, le loro famiglie, i loro asset. I loro yacht, ancorati felicemente in occidente a garantire a personaggi legati a doppio filo al dittatore la bella vita in Costa Smeralda, sul Tirreno, a Montecarlo, a Barcellona, ai Caraibi, o in tante altre meraviglie del mondo, collocate in occidente o Centroamerica. Biden ha annunciato però che queste sanzioni ci saranno e, cosa interessante, ne ha fornito un assaggio: ha emesso sanzioni dirette sugli asset e divieti di viaggio ai figli di Nikolaj Patrushev (il capo di tutti i servizi segreti russi), di Sergei Ivanov (ex capo di staff del Cremlino) – il figlio è amministratore delegato della compagnia statale russa di estrazione di diamanti Alrosa e membro del consiglio di Gazprombank –, al figlio di Igor Sechin, boss di Rosneft.
Assai spaventate da queste deriva, le figlie di Dmitry Peskov (il portavoce del Cremlino) e di Roman Abramovich (uno degli uomini più ricchi di Russia, considerato assai vicino a Putin da tanti osservatori – benché Abramovich neghi e intenti cause contro chi lo scrive), si sono inaspettatamente pronunciate contro la guerra di Putin.
Se ne può dedurre che le sanzioni dirette agli asset personali (ville, case, barche) spaventano a morte gli oligarchi e le loro famiglie, più di qualunque altra cosa. La Stampa, con una collazione e verifica terza di fonti osint resa possibile grazie al lavoro di base di diversi ricercatori e analisti (dall’account “Putin is a Virus”, a quelli di Alex Finley, Rob Lee, Scott Stedman) è in grado di raccontare dove sono state avvistate negli ultimi due giorni le barche ultramiliardarie di personaggi ritenuti vicini a Putin. E il catalogo è impressionante: un travel ban, un divieto di ingresso in Occidente, sarebbe devastante, per l’élite russa legata al Cremlino. A Barcellona, per dire, sono ormeggiati attualmente il “My Solaris” di Roman Abramovich (139 metri per 26). Negli ultimi giorni è stato in rimessaggio, è salpato due volte, una volta ad altissima velocità verso sud, ma poi è rientrato in porto. Lì si trova anche il “Palladium” di Mikhail Prokhorov, magnate dei minerali, che ha fatto una fortuna guidando Norilsk Nickel, una fortuna stimata da Forbes nel 2021 in 11,4 miliardi di dollari. Tra Sanremo e Genova c’è il “Lena”, di Gennady Timchenko, sempre ben accetto in Italia, fortuna stimata nel 2021 a 19,5 miliardi di dollari, sesto uomo più ricco di Russia, compagno di Putin fin dai tempi remoti della “Cooperativa Ozero”, fondatore di Gunvor, gigante nella rivendita di petrolio e commodities legato all’energia, secondo alcuni un passato nel Kgb (Timchenko nega). Ma in Liguria c’è anche “Ice”, di Suleiman Kerimov (90 metri per 16), fortuna stimata 15 miliardi, interessi che hanno spaziato dalla banche del Cremlino a Gazprom a Polys Gold, il gigante dell’oro russo. Lo yacht “Anna” di Dmitry Rybolovlev il 22 febbraio era ad Antigua. Quello di Andrey Kostin, “Sea Rhapsody”, lo stesso giorno era al largo dell’Arabia saudita. Kostin – uno dei più importanti banchieri di stato russi, presidente di VTB, banca del Cremlino sanzionata da Stati Uniti, Unione europea, Regno Unito, Canada, Australia, e membro di diversi consigli di amministrazione e accusato da Alexei Navalny di corruzione – è stato appena insignito della medaglia della Gran Croce, una delle più alte onorificenze della repubblica italiana.
Il “Graceful” – graziosa barca di Putin stesso (80 metri per 20) – è salpato la settimana scorsa dal porto di Amburgo, in via preventiva contro eventuali sequestri, ritengono alcuni osservatori, e ora le foto satellitari lo danno nell’enclave di Kaliningrad. Un sequestro della sua barca personale sarebbe una disfatta anche d’immagine per il dittatore russo. Sempre ad Amburgo è stata avvistata “Luna”, di Farkhad Akhmedov, 115 per 23 metri. Akhmedov, magnate prima nell’energia (con Northgas), poi nel private investment, è anche famoso per una (per lui) devastante causa di divorzio intentatagli da una delle mogli avute, Tatiana Akhmedova. Lo yacht è spesso usato anche da lei e figli.
La barca “Clio” di Oleg Deripaska ha spento il transponder AIS (Automatic Identification System) il 2 gennaio scorso, mentre attraversava il canale di Suez. Deripaska è uno dei personaggi al centro dell’inchiesta sull’interferenza russa nelle elezioni americane che hanno portato alla Casa Bianca Donald Trump nel 2016. Spesso in Toscana e in Sardegna. Il “Dilbar” di Alisher Usmanov, una imbarcazione di 156 metri per 24, è attualmente nel porto di Amburgo. Usmanov – insignito di onorificenze dalla repubblica italiana, grande amico di Silvio Berlusconi, nonché finanziatore del rifacimento di una pezzo importante del Campidoglio (la sala degli Orazi e Curiazi) – è di solito fisso in Costa Smeralda nei mesi delle sue lunghe estati. L’“Eclipse”, altra barca di Abramovic (162 per 22 metri) è ferma al porto di San Martin, nei Caraibi. Nello stesso porto c’è anche “Le Grand Bleu” (108 per 20 metri) del suo amico (e storico socio in Sibneft) Eugene Shvidler. Tutti costoro passano le estati solitamente tra Porto Rotondo e Porto Cervo. Cosa succederebbe se, invece, dovessero trascorrere le vacanze nella meno accogliente Siberia?
Sam Greene, direttore del Russia Institute al King’s College di Londra, ha spiegato: «Le sanzioni più interessanti sono quelle alla progenie degli oligarchi. Queste sono progettate per focalizzare l'attenzione dell'intera élite russa sul futuro, e per costringerli a riconsiderare se sono disposti a lasciare che Putin ipotechi il futuro dei loro figli». Purtroppo bisogna sapere che è tardi per fermare Putin, ma non per punire lui e i suoi accoliti. «Le sanzioni non sono più un vero deterrente: sono uno strumento di punizione in primo luogo e un potenziale cambio di regime nel secondo», osserva Greene. L'unico modo in cui le sanzioni miglioreranno le cose per l'Ucraina «è stimolare le élite e le masse russe a cercare una leadership meno desiderosa di giocare con il proprio futuro. Possono o non possono avere successo, ma gli Stati Uniti e l'UE a questo punto non hanno altra scelta che provare».