Mancano 500 infermieri, la Regione non riesce a trovarli
foto da Quotidiani locali
UDINE. Nelle strutture sanitarie del Friuli Venezia Giulia mancano circa 500 infermieri. I fondi del Pnrr consentirebbero di assumerne mille, ma il problema vero è che queste figure non si trovano.
Il vice presidente con delega alla Salute, Riccardo Riccardi, martedì 6 settembre, in terza commissione, davanti ai presidenti degli Ordini professioni infermieristiche ha parlato di «oggettiva difficoltà» anche se, nella nostra regione, ogni mille abitanti operano 6,4-6,5 infermieri professionali, mentre la media nazionale non supera le 4,5 unità.
Gli sforzi fatti negli ultimi sei anni durante i quali il numero degli infermieri è passato da 7.352 registrato nel 2017 agli attuali 7.808 e altri 42 saranno stabilizzati a breve con altri 143 operatori, non bastano a sanare la cronica carenza di personale sanitario.
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Le richieste allo Stato
Le Regioni, unanimemente, hanno chiesto al Governo di rimuovere regole superate, ma le risposte non sono arrivate. «Anche se in regione il costo del personale sanitario incide sul valore della produzione più della media nazionale, è necessario fare di più» ha ribadito Riccardi auspicando che «il nuovo governo nazionale promuova un piano straordinario del capitale umano necessario a colmare i ritardi di troppi anni». Sempre Riccardi ha ricordato che lo Stato ha impugnato la legge che prevedeva aumenti retributivi anche per gli infermieri. Allo stesso modo il vice presidente ha ricordato le proposte avanzate a livello nazionale per sanare la carenza di infermieri: la Regione ha chiesto «l’aumento della capacità formativa degli atenei, la semplificazione delle procedure di reclutamento, l’incremento della tariffa per prestazione aggiuntive, la riorganizzazione delle competenze, l’incremento del trattamento accessorio da parte delle Regioni e la deroga all’esclusività».
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Per analizzare tutti questi temi la Direzione salute ha istituito un tavolo tecnico con gli Ordini delle professioni infermieristiche. Tra le soluzioni possibili figurano i bandi di concorso per infermieri pediatrici, l’inserimento nelle organizzazioni della piattaforma che consente al personale di acquisire competenze “multi professionali” per un loro impiego flessibile. Alcuni interventi sono stati impugnati a livello nazionale e per questo la Regione è ricorsa alla Corte Costituzionale.
Gli ordini
Il presidente dell’Opi Fvg, Luciano Clarizia, ha illustrato le proposte condivise dai colleghi provinciali che prevedono la valorizzazione della professione dal punto di vista economico, professionale e di carriera, l’avvio di una campagna informativa per avvicinare i giovani alla professione, il coinvolgimento degli Opi nelle scelte regionali tra cui il piano emergenza urgenza dove l’infermiere è una figura predominante. «Siamo molto soddisfatti delle risposte dell’assessore, al quale abbiamo rinnovato la nostra disponibilità alla collaborazione per dare riscontri concreti ai colleghi e ai cittadini», afferma Clarizia nell’apprezzare l’attivazione dei tavoli tecnici.
L’opposizione
«I temi dell’assistenza territoriale, dei salari adeguati e del welfare aggiuntivo sono le tre sfide che dobbiamo cogliere e vincere per sostenere e tutelare la professione infermieristica affinché sia attrattiva per i giovani e continui a essere una delle colonne della salute pubblica», sostiene la consigliera regionale del Pd, Mariagrazia Santoro, soffermandosi sulla «fuga dalla sanità pubblica a vantaggio di quella privata che offre condizioni lavorative più accattivanti» e sulla conciliazione lavoro-famiglia, «tema messo al centro dalla presenza predominante di donne nella professione infermieristica».
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Santoro, come il collega Furio Honsell(Open), sollecita la Regione a rispondere alle esigenze di queste lavoratrici. Anche secondo Simona Liguori (Cittadini) «bisogna trovare il modo di incentivare gli infermieri che mandano avanti il sistema e attuare le proposte di chi li rappresenta».
Liguori sollecita forme di incentivazione per stimolare nuovi ingressi, forme di welfare in grado di agevolare chi studia, il lavoratore dipendente, sia nella cura delle docenze, sia nella possibilità di ampliare permessi studio, fino alla prevenzione della violenza contro gli operatori. Andrea Ussai (M5s), invece, ritiene indispensabile «implementare una figura di raccordo con le case di riposo per migliorare la qualità del servizio e i controlli di quanto realmente erogato».
Sulla questione interviene pure la segretaria generale della Funzione pubblica Cgil, Orietta Olivo, lo fa per chiedere di «concentrare le risorse sulla sanità pubblica e di investire sulle professioni sanitarie: è l’unica ricetta per fermare questa deriva».