Boom di ricoveri, Veneto in fase gialla. Zaia: i pazienti infetti ricoverati nei Covid Center
Il presidente della giunta regionale: «La curva epidemica è risalita dopo la riapertura delle scuole. Lockdown? È più probabile un coprifuoco»
VENEZIA. L’epidemia morde senza pietà e il Veneto entra nella fase gialla, il terzo grado d’allerta sanitaria in una scala di cinque. La circostanza (prevista con puntualità dall’algoritmo adottato dall’unità di crisi) non è determinata dal temuto affollamento delle rianimazioni bensì dall’ondata di ricoveri in area non critica, riguardanti cioè i pazienti bisognosi di cure ma non in pericolo imminente.
Le prime conseguenze? «Stiamo riaprendo i dieci Covid Center previsti dal piano di salute pubblica, chiedo ai territori di accettare il sacrificio che comporta il dedicare questi ospedali interamente al coronavirus, non abbiamo alternative perché è imperativo scongiurare il contatto tra i pazienti infettanti e quelli ordinari», le parole di Luca Zaia.
Che accade nell’immediato? Le prestazioni ospedaliere saranno riorganizzate e in qualche caso sospese: «Avremo un hub in ogni capoluogo per l’attività ordinaria e garantiremo fino allo stremo i punti nascita, mentre l’ambulatoriale e le visite specialistiche potranno slittare di un mese salvo i casi oncologici, la psichiatria, i trapianti, gli ictus, la cardiochirurgia, insomma la rete delle emergenze-urgenze".
"Ieri abbiamo concluso la riconversione tecnologica che eleva a mille le postazioni di terapia intensiva, nella prima ondata il picco fu raggiunto il 29 marzo con 356 degenti ma ricordo che 200 posti letto sono riservati alla medicina extra-Covid».
Il governatore non cela la forte preoccupazione ma prova a interpretare il boom di contagi in atto: «Abbiamo una crescita esponenziale, giustificata non solo dall’infezione diffusa ma anche dall’alta quota di positivi che intercettiamo attraverso i 30 mila tamponi fatti ogni giorno. A primavera, peraltro, rapportata al numero di test eseguiti, la percentuale di contagiati era doppia. Sono dati obiettivi. Analogamente, l’esperienza ci dice che il 98% dei positivi a domicilio oggi sono asintomatici».
Cosa ha innescato la fiamma virale? «L’ascesa della curva epidemiologica è iniziata dopo l’apertura delle scuole, si sa che i giovani sono potenzialmente “grandi diffusori”, non ne hanno colpa, è un evento naturale. Allora, correva l’8 ottobre, io affermai che era necessario ripristinare la didattica a distanza, apriti cielo! Adesso vedo in tutte regioni la Dad al 75% e i mezzi di trasporto svuotati dal calo di studenti pendolari».
Lockdown in vista? «Non ho informazioni dal Governo a riguardo, ma pare di capire che qualche novità ci sarà: il weekend ci riserva sempre qualche sorpresa...». Rumors romani? «Sento qualche ragionamento, a Roma c’è chi ipotizza soluzioni light, più che altro coprifuoco simili a quelli adottati in Belgio e Francia. È probabile che scelgano questa opzione».
La rete di cura, si diceva. Oltre al circuito degli ospedali di comunità (1.500 posti destinati alla continuità assistenziale di quanti si avviano alla guarigione) c’è la riserva costituita dai complessi dismessi e riadattati. Monselice, Valdobbiadene, Zevio, Bovolone e Isola della Scala con l’aggiunta del padiglione inutilizzato di Noale: «È la nostra Fiera di Milano, capace, in emergenza estrema, di accogliere 740 persone fragili e bisognose di sostegno».
Che altro? Il congedo del manager Domenico Mantoan nominato direttore di Agenas (l’agenzia del ministero della Salute) dopo dieci anni trascorsi al timone della sanità nostrana: «Gli auguro buon lavoro, non è facile inaugurare un nuovo corso mentre scadono gli incarichi di tutti i dg di Ulss e Aziende. Proroga dei mandati? Non lo escludo, qualora la situazione diventasse critica».
Il sondaggio che lo affianca al premier Conte nel gradimento degli italiani? «Basta, io di qui non mi muovo! Queste notizie complicano i rapporti istituzionali».
Non bastasse, tornano nel radar le 330 case di riposo. «L’ultimo testing rivela 391 positivi e 45 ricoveri tra i 31.423 ospiti, con incidenza dell’1,1%, e 295 nell’ambito dei 31.324 operatori, pari allo 0,9%», informa l’assessore Manuela Lanzarin, lesta tuttavia a segnalare la crescente scarsità di infermieri negli istituti: «In alcuni casi c’è un’oggettiva difficoltà nel garantire il servizio, abbiamo chiesto alle Ulss di fornire, per quanto possibile, un sostegno di personale». —