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Lungo le rotte dei migranti, perché il 2021 non è l’anno dei record

Lungo le rotte dei migranti, perché il 2021 non è l’anno dei record

foto da Quotidiani locali

Il 2021 dei migranti si chiude con 185mila arrivi in Europa, 67mila dei quali in Italia, 35mila dei quali a Lampedusa. «Un record», si affrettano a dire i «no migrants». Ma non è vero. C’è stato un significativo aumento rispetto agli ultimi due anni: quasi il doppio rispetto al 2020, sei volte il 2019. Ma gli anni degli sbarchi incontrollabili, dei veri grandi numeri, sono ben lontani e difficilmente replicabili, non foss’altro perché la Guardia costiera libica e la Marina tunisina ormai bloccano sistematicamente decine di partenze. Solo i libici, fino al giorno di Natale avevano riportato indietro 32.500 persone, 969 delle quali dal 19 al 25 dicembre; erano state 12mila in tutto il 2020. Al di là delle modalità con cui avvengono questi che per l’Onu sono veri e propri «respingimenti» - vietati dalle convenzioni internazionali anche perché i migranti vengono rinchiusi in strutture governative o «privata» dove subiscono violenze di ogni genere - appare dunque improbabile, se non impossibile, che si possa ripetere quanto accaduto in passato: i 170mila arrivi del 2014, i 154mila del 2015, i 181mila del 2016, i 119mila del 2017. Erano gli anni dell’operazione italiana Mare Nostrum, di quella europea Sophia-Eunavformed, di tante navi Ong in mare che collaboravano attivamente con la Marina militare italiana e la nostra Guardia costiera che, a loro volta, tenevano le loro navi in mare a pattugliare quell’enorme tratto di mare. Poi arrivò il 2018, la «dottrina Minniti» dal nome del ministro dell’Interno dei governi di centrosinistra che la varò, con i primi accordi con la Libia e il supporto in soldi, mezzi e uomini alla loro guardia costiera: nel 2018 si contarono così 23mila arrivi. Quindi il governo gialloverde con Salvini al Viminale, i decreti sicurezza, i «porti chiusi», le inchieste sulle navi umanitarie e sulle Ong che tuttavia negli anni successivi arriveranno a un nulla di fatto con assoluzioni o archiviazioni.  poi venuto il tempo del ministro Lamorgese.

Chi fa propaganda politica addebita a lei l’aumento dei numeri, come se tra il 2020 e il 2021 ci sia stata una sorta di lassismo nella gestione del fenomeno. E invece è «solo» cambiato tutto, ancora una volta, nella situazione geopolitica dell’area del Mediterraneo e del Medioriente. Se ne era già accorto in primavera il sindaco di Lampedusa, Totò Martello: «Ogni anno assistiamo a cambiamenti negli arrivi, nel 2020 erano soprattutto tunisini, poi di nuovo sono aumentati gli arrivi dalla Libia, poi ancora tunisini, poi di nuovo dalla Libia». E c’è la crisi infinita in Siria, la nuova terribile stagione dell’Afghanistan. Ci sono carestie e guerre in Africa, ci sono crisi politiche profonde come, appunto, in Libia e Tunisia. E c’è il Covid. Fuggono tutti, perfino i bambini anche quando non hanno con loro un genitore: 9500 sono quest’anno i minori non accompagnati, il doppio del 2020.

In mare, dalla Libia, sono cambiate le imbarcazioni. Quasi del tutto spariti i fatiscenti gommoni di fabbricazione cinese che, sovraccarichi, riuscivano a malapena a percorrere qualche decina di miglia, sono tornati i barconi: vecchi pescherecci o anche barche di pescatori o perfino barchini in vetroresina. Con i gommoni bisognava solo mettere in mare i migranti, e bastava una spiaggia deserta per farlo; per i barconi occorrono porti, e occhi chiusi di chi dovrebbe controllare; poi, con la scarsità di mezzi di soccorso in mare, dei governi e delle Ong, bisogna cercare di farli arrivare a destinazione. Questo riguarda la rotta del Mediterraneo centrale, quella che da Libia e Tunisia arriva fino a Italia e Malta, e che Frontex, l’agenzia Ue per il controllo delle frontiere esterne, nei primi undici mesi dell’anno ha fotografato come quella via mare con il maggiore incremento di arrivi: l’89% in più rispetto all’anno scorso. E quella che l’Oim, l’Organizzazione per le migrazioni delle Nazioni unite, continua a definire «la più mortale al mondo»: meno di mille morti e dispersi nel 2020, oltre 1500 nel 2021. E nel conteggio non ci sono ancora i naufragi dei giorni di Natale, il cui numero di corpi ritrovati, una trentina, sarebbe solo una parte di coloro che hanno perso la vita in quei giorni al largo della Libia, sia sul versante Est sia su quello Ovest. «C’è, è vero, un aumento di partenze, peraltro per nulla preoccupante nei numeri - dice Flavio Di Giacomo, portavoce Oim per il Mediterraneo centrale - ma ciò che preoccupa davvero è la situazione di chi è in Libia. Anche un cosiddetto migrante economico, una volta giunto in Libia e rinchiuso in quelle strutture terribili, diventa un profugo che deve essere tutelato. Come ci preoccupa anche il fatto che si facciano meno salvataggi in mare e che i tempi di intervento siano ormai molto lunghi, e sappiamo che in mare 5 minuti di attesa in più o in meno fanno la differenza tra la vita e la morte».

Non c’è stato mese di quest’anno che l’Italia non abbia registrato numeri di arrivi superiori a quelli dei due anni precedenti. E non c’entrano solo i migranti subsahariani, quelli dei Paesi africani oppressi dalle guerre e dalla fame. I dati del Viminale certificano che la comunità più numerosa sbarcata in Italia nel 2021, come peraltro era avvenuto seppure con numeri più bassi anche nel 2020, è quella tunisina: quasi 16mila persone che si sono avventurate in mare estate e inverno, per la maggior parte sulla relativamente breve, ma molto pericolosa, rotta tra Sfax, le isole Kerkennah e Lampedusa. E questo nonostante dalla Tunisia siano arrivati 19.300 migranti a fronte dei 29.500 partiti dalla Libia (dato Oim). A seguire, ed è una novità del 2021, ci sono gli egiziani, oltre ottomila, seguiti dai cittadini del Bangladesh, 7700 circa, che storicamente cercano l’Italia come prima meta di emigrazione anche se poi si trasferiscono in altri Paesi europei. Tra quattromila e duemila per ciascuna comunità sono gli arrivi da altri Paesi: Iran, Costa d’Avorio, Iraq, Guinea, Siria, Eritrea, Marocco.

Molte di queste nazionalità fanno capire come ad avere un importante incremento di partenze non siano stati solo i porti e le spiagge dei Paesi del Nord Africa. Quest’anno, la «rotta turca», quella solitamente battuta da trafficanti turchi ed egiziani con velieri di facoltosi cittadini russi abbandonati (o rubati) nei porti della Turchia, ha avuto incrementi notevoli, di cui si sono accorti soprattutto i cittadini della Calabria ma anche della Puglia e della stessa Sicilia: 19.300 arrivi nei primi undici mesi del 2021 (fonte Oim). Frontex calcola un incremento dell’87% tra gli arrivi di novembre 2021 e quelli di novembre 2020; che però non riguarda solo le regioni del Sud Italia ma anche la Grecia, con l’Egeo divenuto anch’esso un mare di morte. In realtà, la rotta del Mediterraneo orientale è l’unica che quest’anno ha registrato un lieve calo rispetto all’anno prima, il 3%, ampiamente compensato dall’esplosione dei numeri della «rotta balcanica», quella via terra che in Italia arriva attraverso il Friuli: il 138% in più rispetto all’anno scorso, 56mila persone, e il numero fa capire che per la maggior parte non si tratta di migranti arrivati in Italia, anche se i valichi di Gorizia e Trieste sono stati messi a dura prova. Chi utilizza questa rotta arriva principalmente da Siria e Afghanistan. A questi bisogna aggiungere i migranti che provano ad attraversare il confine tra Bielorussia e Polonia, la vera novità di quest’anno: oltre settemila gli arrivi in Ue da gennaio a novembre, il 1099% in più rispetto all’anno scorso.

I numeri degli sbarchi in Italia sono da anni argomento di scontro politico e spesso si fa apparire la Penisola come il porto d’attracco di tutti i disperati del Continente africano. Le cose stanno diversamente. La Spagna, che tradizionalmente è il punto di arrivo dei migranti dell’Africa Nord occidentale e di quella dei Paesi francofoni, quest’anno ha conosciuto l’esplosione di un nuovo fenomeno che era già comparso l’anno scorso: le partenze dall’Africa occidentale in pieno oceano Atlantico verso le isole Canarie, terre spagnole d’oltremare, un viaggio altrettanto pericoloso e pieno di insidie come quello nel Mediterraneo ma che consente di non attraversare, restando bloccati, Paesi pericolosi come la Libia. Oltre ventimila hanno fatto questa rotta, il 3% in più rispetto all’anno scorso. Numeri che si aggiungono agli oltre 17mila migranti arrivati in Spagna dal Marocco (+6%) attraverso il Mediterraneo occidentale, lo Stretto di Gibilterra, il mare di Alboran. E, in minima parte, anche cercando di bucare la rigorosa sorveglianza del confine terrestre di Ceuta e Melilla, le due enclave spagnole in terra marocchina.

Tutte le rotte dei migranti, insomma, nel 2021 hanno visto numeri in crescita. Non è un fenomeno che riguarda solo l’Italia la cui particolarità geografica la espone ad essere la principale frontiera Sud dell’Europa. È questo il vero tallone d’Achille di Roma nell’affrontare il tema migranti. Ma l’Italia è lì, in mezzo al Mediterraneo, e Lampedusa è più vicina all’Africa che alla Sicilia. E su questo, nessun governo, nemmeno quello che vorrebbe sparare alle barche dei migranti, potrà mai fare nulla.

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