Streghe, eretici e benandanti: quel Friuli magico da riscoprire
Il volume della storica pordenonese Monia Montechiarini su processi e rituali
UDINE. Alla sua seconda opera, la storica Monia Montechiarini, pordenonese di nascita ma rientrata dopo permanenze in centro Italia ed all’estero, in particolare in Scozia, ha dichiarato il proprio amore per il Friuli pubblicando un libro che ha tutti i crismi per entrare, a buon diritto, nel novero delle ricerche sulla storia ed il folklore regionale.
Esperta di diritto, da vent’anni s’occupa di ricerche documentali per ricostruire i processi di stregoneria collaborando con Enti in tutt’Europa nella stesura e realizzazione di progetti comunitari per il recupero e la divulgazione storica; con il patrocinio del Ministero dei Beni Culturali, si è segnalata quale relatrice a varie edizioni del “Festival del Medioevo” ed è autrice di vari articoli sulla living history ospitate da riviste specialistiche.
Nel suo primo libro, “Stregoneria: crimine femminile. Il caso di Donna Prudentia, la Lamia di Blera, e altre streghe”, Tuscania, Edizioni Penne & Papiri (2018), affrontò un caso di sospetto verso una donna ritenuta capace di succhiare il sangue dei bambini. Ricostruendone il processo, svolto nei pressi di Viterbo non solo ha dato conto di quell’evento ma ha svolto una carrellata generale sulle origini della stregoneria.
Il nuovo libro Streghe, eretici e benandanti del Friuli Venezia Giulia. Processi, rituali e tradizioni di una terra magica(Intermedia), compie un salto di qualità passando dal generale al particolare, e l’indagine si focalizza sulla nostra regione.
I tredici Capitoli in cui si suddividono le 276 pagine del testo, non si limitano a descrivere come si sia declinato in quest’angolo del Nord Est la stregoneria, ma, l’autrice ha saputo cogliere la peculiarità d’un area di confine in cui s’è prodotta un osmosi originale tra la cultura del nord e quella dell’Est europeo. Un processo di acculturazione ed inculturazione che ha espresso un panorama in cui il fenomeno stregonico acquista il volto di uomini e donne in carne ed ossa, di cui ci vengono offerti, forse per la prima volta, i nomi, descritti i casi ed illustrati gli iter processuali.
Quanti possono dire d’aver saputo dell’ostessa maléfica Anna Sguma da Spilimbergo? E di Antonia da Barbeano? E se è vero che si era già scritto sulle indemoniate di Verzegnis, su Angioletta delle Rive di Pordenone e sul ben noto Menocchio – Domenico Scandella di Montereale Valcellina, pochi sanno di Anna la Rossa e Aurelia, benandanti di Udine, di Margherita da Gemona o del processo contro Apollonia da Latisana accusata solo perché “…mi diletto da far medicine per guarir il mal delle more”. Da medievalista ho avuto conferma, ad esempio, del fatto che, se si confronta il testo dei monaci Domenicani Sprenger e Instior «Malleus Maleficarum» (1486) che, assieme al «Formicarium» di Johannes Nider, furono i “manuali – base” dell’Inquisizione, con il testo alto medievale di Burcardo da Worms «Penitentiale», scritto tra il 1008 ed il 1012, emerge il salto nel buio che caratterizzo l’epoca di cui si occupa la Montechiarini.
Il principale merito del lavoro della studiosa sta nell’aver indagato tutto il Friuli: dalla Carnia, territorio d’entrata dei miti d’oltralpe, al Cividalese; dalla bassa friulana, alla Destra Tagliamento. Ne esce uno spaccato poliedrico: riemergono, dalle pieghe della storia, volti e nomi dimenticati da secoli; riti e tradizioni in cui la farmacopea popolare viene presentata così come la vedeva chi vi cercava a tutti i costi gl’influssi diabolici, facendo emergere anche in questo caso la differenza sostanziale fra il modo in cui l’alto medioevo considerava la medicina e l’erboristica, si pensi ad Sant’Hildegarda di Bingen (1098 – 1179) o alla medichessa della scuola salernitana Trotula de Ruggiero (morta nel 1155), e le superstizioni inquisitoriali.
Grazie a queste pagine riusciamo a comprendere le differenze, di ruolo, di status ma soprattutto di “compiti”, che articolano nella cultura friulana Agane, Perchten, Krivaptete e Benandanti che combattono le streghe.
Un libro tutto da leggere e che si fa leggere agevolmente, i cui unici limiti, a parer mio, sono, forse, da un lato quello di rinviare troppe volte a prossime ricerche l’approfondimento su alcuni fenomeni o personaggi che, invece, avrebbero potuto essere sviluppati in quest’occasione, dall’altro lato la relativa attenzione assegnata all’area giuliana, “goriziano – triestina”, in specie, che avendo assorbito tratti culturali sloveni ed in generale dell’est e centro Europa sarebbe stato significativo esaminare. Monia Montechiarini ci offre, comunque, un lavoro di tutto rispetto ed ottimo livello, ben curato, frutto di minuziosa ricerca che apre la strada ad ulteriori ricerche ed interrogativi che attendono, ancora, adeguate risposte ed attenta disamina.
* Ricercatore Medievalista