Lo studente deve essere tutelato come il lavoratore: «Sicurezza cruciale per chi è più vulnerabile»
foto da Quotidiani locali
UDINE. Studente o lavoratore non fa alcuna differenza. Proprio come i dipendenti dell’azienda, i ragazzi che intraprendono il percorso formativo all’interno di uno stabilimento sotto l’egida della scuola di provenienza e seguiti da un tutor aziendale «sono assicurati, hanno una posizione Inail, godono di diritti e devono sottostare a regole precise in materia di sicurezza».
A specificarlo è l’avvocato Vito Di Trapani, giuslavorista, consigliere dell’Ordine degli avvocati di Udine con delega sul personale dipendente e titolare di uno studio legale udinese che da anni si occupa di diritto del lavoro.
Non importa che sia formazione professionale o percorso trasversale per l’orientamento (la “vecchia” alternanza scuola-lavoro): «Il responsabile dei ragazzi che arrivano in azienda è il legale rappresentante, ovvero il titolare – spiega l’avvocato –, assieme al tutor, persona individuata per seguire il giovane nel suo inserimento nell’ambiente aziendale. Questi rispondono sia penalmente che civilmente di quanto accade in azienda».
La chiave è, indiscutibilmente, la sicurezza: «I ragazzi che entrano a far parte di questi programmi devono sottostare alle norme sulla sicurezza sui luoghi di lavoro: il datore deve fornire i presidi obbligatori e va da sé che debbano essere tutelati persino di più rispetto ai lavoratori che ogni giorno per anni frequentano lo stabilimento, il capannone, l’ufficio dove avviene l’attività formativa sul campo», argomenta Di Trapani, chiamato a riflettere dopo quanto accaduto a Lauzacco, con il decesso del diciottenne castionese Lorenzo Parelli, studente dell’istituto Bearzi che stava completando la propria formazione professionale alla Burimec.
Per il giuslavorista «non si può parlare di carenze normative. L’impianto legislativo è valido: senza voler entrare nello specifico della vicenda di Lauzacco, in molti casi manca piuttosto una cultura della sicurezza sul lavoro, fatta di investimenti che vengono spesso considerati non urgenti e dunque procrastinati». Formule come l’alternanza scuola-lavoro e i percorsi professionalizzanti «permetterebbero vantaggi reciproci per le aziende e per chi deve formarsi per entrare nel mondo del lavoro: purtroppo capita anche che si abusi di queste esperienze per godere di manodopera a costo zero».
«Se analizziamo i numeri degli infortuni e delle morti bianche, ci rendiamo conto che il problema purtroppo è quotidiano. Però nn si può generalizzare: ci sono diversi attori e e fattori che concorrono: datori di lavoro, operatori, procedure da seguire, tempi di esecuzione, velocità di consegna», premette Loris Zanor, che come direttore del Centro edile per la sicurezza e la formazione coordina l’attività di approntamento di corsi mirati proprio alla professionalizzazione di giovani e meno giovani.
«È necessario puntare e intervenire sulla percezione del rischio – spiega –: nelle nostre attività spieghiamo sempre che il rischio va affrontato e non aggirato. Credo che sia giunto il momento di un cambio d’impostazione, partendo da percorsi formativi sulla sicurezza fin dalla scuola dell’infanzia: risulta decisamente più complicato lavorare su questo ambito con chi non è già sensibilizzato in tenera età».