Corruzione e Fisco, scagionati due imprenditori e un funzionario
Assolto anche un collega dell’Agenzia delle Entrate, condannato a 2 anni e 8 mesi per un diverso reato
PORDENONE. Sono stati scagionati con formula piena, in abbreviato, dall’accusa di corruzione due imprenditori (Gianluigi Pessotto, 64 anni di Gaiarine e Tarcisio Durante, 79 anni di Prata) e due funzionari del Fisco (Olindo Colamarino, 66 anni, di Pordenone e Fabrizio Florean, 58 anni, di Aviano).
Il gup Giorgio Cozzarini ha inflitto invece 2 anni e 8 mesi a Florean per induzione indebita a dare o promettere utilità, con una sanzione accessoria di 4 mila euro e confisca di 5 mila. Il procuratore Raffaele Tito, che ha coordinato l’indagine della Finanza di Pordenone, gli ha contestato di aver indotto il titolare di un’azienda a sponsorizzare la squadra di calcio di Aviano di cui era tesoriere mentre lo sottoponeva a una verifica fiscale.
Gli avvocati Valter Buttignol e Paolo Dell’Agnolo attendono le motivazioni per valutare l’appello e sottolineano come l’assoluzione piena di Florean e degli altri tre coimputati dalla corruzione, implichi «in maniera tranciante» che quantomeno ad oggi la gran parte dell’indagine si fondasse su elementi inconsistenti. «Già in questa sede è stato accertato che Florean non si è messo in tasca né un centesimo né altra utilità».
Spazzata via invece l’accusa a Florean di aver fornito a Pessotto informazioni da banche dati del Fisco e da altre fonti in cambio di una promessa di assunzione nella sua impresa, di due traccialinee e di un rasaerba. L’avvocato Guido Galletti, per Pessotto, osserva come non vi siano state promesse di assunzioni o utilità correlate al compimento di atti contrari al dovere d’ufficio: l’imprenditore e Florean sono amici da vent’anni ed è in questa chiave che vanno esaminati i loro rapporti; Pessotto è aduso ad atti di liberalità, si è reso disponibile per aiutare la società sportiva senza chiedere nulla in cambio. Quanto alla presunta istigazione a raccogliere notizie riservate, Galletti ricorda che Riesame e Cassazione, che «avevano confermato l’insussistenza di qualsiasi ipotesi corruttiva» si erano stupiti che il reato presupposto (accesso abusivo al sistema informatico) non fosse stato contestato.
Nelle more un’indagine è stata aperta a Trieste, ma non ha interessato Pessotto. «Con questa sentenza – conclude Galletti – si è ristabilita la verità. Pessotto era fiducioso che sarebbe stata riconosciuta la sua correttezza».
Durante era stato accusato di aver offerto casse di vino e pranzi a Colamarino in cambio di consigli fiscali durante una verifica in corso nella sua ditta Tlc holding a Prata (verifica della quale Colamarino, come puntualizzato dal pm, non era il responsabile). L’avvocato Cinzia De Roia osserva che «mesi di intercettazioni e pedinamenti hanno escluso la finalità corruttiva della dazione di vino» e alla fine del processo è «emersa la macroscopica fragilità dell’impianto accusatorio, fondato solo su equivoci».
La difesa sottolinea che Durante e Colamarino si conoscevano da oltre un decennio, le bottiglie di vino, di produzione propria e valore irrisorio, erano da anni un omaggio natalizio e pasquale per amici, fornitori, professionisti e conoscenti.
L’avvocato Luca Colombaro, per Colamarino, evidenzia il difetto di nesso eziologico fra le regalie (peraltro inverosimili come prezzo di una corruttela) e la promessa di compiere un atto contrario ai doveri di ufficio (influire sulla verifica fiscale). Colamarino era stato accusato anche di aver dato consigli vantaggiosi ai contribuenti. «Quanto all’abuso d’ufficio, difetta – rimarca Colombaro – il requisito della doppia ingiustizia che pretende la Cassazione: ovvero alla violazione di una norma si deve accompagnare un danno ingiusto a carico dell’ufficio, del quale non è emersa traccia: nessun contribuente ha ricevuto un’utilità o un risparmio fiscale».
Se Durante «è sempre stato sereno perché crede nella giustizia», Colamarino «si è commosso per l’assoluzione. È stata fatta giustizia».