Luzzara, i due fratelli Singh interrogati dal giudice. Uno si chiama fuori: «Non l’ho ucciso io»
Secondo i difensori Paramjit ha avuto un ruolo secondario. Ma il gip convalida e tiene in carcere gli arrestati
luzzara. «Non l’ho ucciso io». Si è limitato a dichiarare di non essere responsabile del delitto Paranijt Singh, 41 anni, accusato insieme al fratello minore Charanijt Singh, 40 anni, dell’assassinio a colpi di calci, pugni e badilate del collega di lavoro e connazionale Ranjeet Bains, 38 anni, residente a Motteggiana (Mantova), padre di due figli di 5 e 9 anni. Per il brutale pestaggio tra gli operai, scoppiato all’interno dell’azienda QuattroB di Codisotto di Luzzara lunedì sera, i fratelli sono accusati di omicidi preterintenzionale e, per ora, restano dietro le sbarre.
Entrambi gli imputati, ieri videocollegati dal carcere e assistiti dall’interprete per l’udienza di convalida dell’arresto davanti al gip Luca Ramponi, si sono avvalsi della facoltà di non rispondere, per una precisa strategia difensiva. Ma nella lunga udienza – iniziata alle 10 e conclusasi oltre mezzogiorno – è apparso evidente che gli avvocati difensori hanno iniziato a porre dei distinguo nella posizione dei due.
Il minore Charanijt, difeso dalle avvocatesse Jenny Loforese e Caterina Caldarola, ha fatto scena muta; per lui i legali hanno chiesto i domiciliari, sottolineando il fatto che il 40enne è incensurato e radicato nel territorio, quindi nessun pericolo di fuga.
Stesso copione per Paranijt, difeso dagli avvocati Annalisa Guano e Angelo Russo: anche lui si è avvalso. L’unica stringata dichiarazione spontanea fornita dal 41enne ha avuto l’obiettivo di rimarcare quanto sottolineato in seguito dai legali: e cioè che i due principali testimoni oculari – i colleghi accorsi dopo aver visto un diverbio a due tra il fratello minore e la vittima Bains, con colpi sferrati da entrambe le parti – sarebbero caduti in contraddizione sul ruolo del maggiore.
Secondo un collega Paranijt si sarebbe “inserito” in seguito nella colluttazione, sferrando calci e pugni a sua volta, mentre secondo l’altro collega il 41enne sarebbe rimasto in disparte.
Un particolare da confermare, ma che ha un riscontro nelle lesioni riportate dai fratelli: il minore, anche ieri, mostrava un evidente occhio gonfio ed escoriazioni sul viso, mentre il maggiore non avrebbe riportato lesioni, quantomeno non visibili. Una crepa, quella del presunto diverso ruolo tra i due aggressori, che la difesa di Paranijt ha inteso sfruttare fino in fondo; tanto che nella requisitoria i legali hanno sostenuto che per Paranijt al massimo si può configurare il reato di rissa aggravata, non di concorso in omicidio.
Infine gli avvocati Russo e Guano hanno chiesto per il loro assistito una misura cautelare (anche non custodiale) meno afflittiva.
Tesi che però per ora non ha convinto il giudice per le indagini preliminari. Il giudice Ramponi, dopo una camera di consiglio durata oltre un’ora, ha convalidato gli arresti e confermato la detenzione per i fratelli: non solo perché a suo avviso sussistono «gravi indizi di colpevolezza per entrambi», ma anche per il rischio di reiterazione del reato e per la necessità di «preservare la genuinità della prova». Vista l’efferatezza dell’assassinio, i fratelli Singh potrebbero scatenare di nuovo la violenza oppure condizionare le indagini.
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