Scorte ai minimi e prezzi in salita. L’Europa lancia le riserve comuni
La prossima settimana il piano della Commissione per gli stock congiunti: «Gas a sufficienza per superare l’inverno»
INVIATO A BRUXELLES. Come in un film western. Da un lato la Russia, che da tempo ormai tiene puntata l’arma delle forniture di gas. Dall’altro la Germania, e l’Europa tutta, che prova a ribaltare la situazione estraendo dalla fondina un’arma fatta dello stesso materiale: l’autorizzazione per il gasdotto Nord Stream 2, la cui realizzazione è già stata ultimata, che dovrebbe portare nel Vecchio Continente 55 miliardi di metri cubi di gas l’anno. Un’infrastruttura in grado di assicurare energia a sufficienza per 26 milioni di famiglie europee. I duellanti non hanno ancora sparato – l’autorizzazione per Nord Stream 2 è stata soltanto congelata, non revocata, dunque potrà essere data in un qualsiasi momento –, ma sanno che se dovessero farlo potrebbero farsi male entrambi. Molto male. E la scommessa di Olaf Scholz, il neo-cancelliere tedesco al suo primo grande test dell’era post-Merkel, è proprio questa: il leader socialdemocratico punta sul fatto che la Russia ha molto da perdere perché qualsiasi fornitore sa che è sconveniente privarsi volontariamente del proprio miglior cliente. Dunque il congelamento del via libera per il gasdotto rappresenta un’ottima leva nella trattativa diplomatica con Mosca.
A giudicare dalle prime reazioni sembra proprio che la mossa abbia colto nel segno. Ieri ha fatto molto rumore l’uscita dell’ex presidente Dmitry Medvedev, oggi vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo. «Benvenuti nel nuovo mondo coraggioso – ha scritto su Twitter commentando la decisione di Scholz – in cui gli europei pagheranno molto presto duemila euro per mille metri cubi di gas naturale». Certamente lo stop al gasdotto ha irritato i russi, però è anche vero che le parole di Medvedev toccano un aspetto cruciale: gli europei devono mettere in conto che l’aumento dei prezzi del gas durerà più del previsto. È questo il principale effetto collaterale che l’Europa rischia, non un’interruzione delle forniture.
La Commissione europea è convinta che l’inverno si chiuderà senza problemi di questo tipo. Le riserve sono al livello minimo dell’ultimo decennio, ma pur sempre al 30% della capacità. Una quota di sicurezza che garantisce di non rimanere a secco nei prossimi mesi. Inoltre, le trattative avviate con diversi Paesi produttori – dagli Stati Uniti al Giappone, passando per Nigeria, Qatar e Norvegia – assicurano una diversificazione delle forniture che punta a ridurre la dipendenza dalla Russia, Paese dal quale proviene il 40% dell’import totale di gas dell’Ue. A gennaio c’è stato un record di forniture di gas naturale liquefatto (Gnl): 11 miliardi di metri cubi, consegnati per lo più via mare con 120 navi, la metà dei quali dagli Stati Uniti.
E proprio la strada del Gnl, considerato più flessibile, è una di quelle che Bruxelles intende percorrere anche per il futuro. La prossima settimana la Commissione pubblicherà una comunicazione dedicata alla sicurezza energetica e il gas rappresenta un capitolo centrale, accanto alla spinta per idrogeno e rinnovabili. Secondo le prime bozze, L’Ue inviterà i governi ad aumentare gli approvvigionamenti di Gnl e a incrementare gli stoccaggi, anche congiunti. La Commissione annuncerà che entro la fine dell’anno verrà lanciato un progetto pilota per la creazione di riserve comuni destinate a più Paesi, aprendo così la strada ad acquisti collettivi di gas, come chiesto soprattutto da Italia e Spagna. Verrà poi intensificata l’indagine su Gazprom, il colosso energetico russo controllato dallo Stato, che secondo l’Ue ha volutamente ridotto le consegne e immagazzinato gas per farne aumentare il prezzo.
La scommessa di Scholz è dunque basata sulla convinzione che la Russia abbia bisogno del cliente europeo perché i mercati alternativi non garantiscono un sufficiente volume di acquisti. Nonostante il recente contratto trentennale firmato con la Cina. I numeri, del resto, sono piuttosto chiari. Nel 2021 Gazprom ha prodotto 514,8 miliardi di metri cubi di gas (il massimo negli ultimi 13 anni, 62,2 miliardi in più dell’anno precedente) e circa la metà è servito per soddisfare la domanda interna. Ha esportato 185 miliardi di metri cubi, di cui solo 10 in Cina e il resto tutto in Europa. Che resta di gran lunga il principale acquirente.