Resta due giorni in coda al confine, lascia in lacrime il marito che va a combattere, il cognato parte dal Friuli e la porta in salvo con i tre figli
foto da Quotidiani locali
UDINE. Ha messo pochi indumenti per i bambini in due o tre borsoni, ha cercato la benzina ovunque per fare il pieno alla sua auto e con i tre figli è partita verso il confine polacco.
In due ore era alla frontiera ma qui, prima di riuscire a vacarla, è rimasta in coda due giorni con il terrore che i russi potessero bombardare quel lungo serpentone di famiglie ucraine in fuga.
Halyna Khomenchuk è arrivata a Pasian Prato sabato notte, 26 febbraio. Suo cognato Sergio Khomenchuk è andato a prenderla in Polonia, qui Halyna ha salutato tra le lacrime il marito che con l’auto è tornato indietro.
I maschi non possono lasciare l’Ucraina e anche suo marito si è unito ai partigiani: colloca sacchi di sabbia nei punti critici, proteggono gli ospedali posizionando le barriere.
Lo sguardo di Halyna è smarrito. Nell’appartamento di Pasian di Prato si muove lentamente, racconta a fatica la disperazione della sua gente. C’è una fatica fisica e una emotiva, prevale la seconda.
Ma nonostante ciò, domenica 27, ha trovato la forza per andare a manifestare il dolore del suo popolo in piazza, l’ha fatto per chiedere aiuto al mondo perché lei vuole tornare in fretta nella sua città, a Lutsk.
Il viaggio di Halyna e della sua famiglia è iniziato alle 18 del primo giorno di guerra. «Il momento più brutto è stato quando mi hanno detto che era scoppiata la guerra, non volevo separarmi da mia mamma e da mio marito. Ho pianto tanto», racconta in ucraino sapendo di poter contare sulla traduzione del cognato e mentre parla i suoi occhi si riempiono di lacrime.
Quella mattina ha riempito i borsoni ed è salita in auto con i tre figli e il marito. «Gli uomini – rivela Sergio – portano in salvo le famiglie fino al confine, attendono fino a quando le donne e i bambini non sono al sicuro dall’altra parte e poi rientrano nelle loro città.
Qui si iscrivono nelle Milizie territoriali, ritirano le armi che dovranno restituire a guerra finita e vanno a difendere l’Ucrania».
Ma torniamo al viaggio della speranza. « Dopo aver preparato i pochi bagagli, il problema più grosso è stato trovare la benzina. In molti distributori era già esaurita, la benzina viene usata per costruire le bombe molotov.
Mio fratello – racconta Sergio – ha raccolto tutto quello che ha trovato prelevandola anche da altre auto di parenti e amici».
Durante il percorso hanno visto l’aeroporto e le basi militari colpite, vetri rocchi ovunque e tanta gente fuggire. Il viaggio è durato non più di due ore, ma una volta arrivati al confine polacco hanno trovato 15 chilometri di coda.
«Al confine sono rimasti due giorni – continua Sergio – con il timore di essere visti e colpiti dai russi». E lì mentre avanzavano a passo d’uomo hanno visto la sofferenza anche di chi non aveva i mezzi per mettersi in salvo.
«Il confine polacco non si può oltrepassare a piedi e chi non ha l’auto è molto in difficoltà», rivela Sergio dopo aver visto con i suoi occhi lunghe file di mezzi con a bordo donne e bambini in fuga.
«Una signora era partita a piedi e chiedeva a tutti se potevano darle un passaggio, quando ha capito che il posto non c’era ha aperto il cappotto sotto al quale nascondeva un bambino piccolo». Sono storie strazianti che spezzano il cuore.
Halyna con i tre figli ha impiegato due ore prima di mettere piede in terra polacca ed abbracciare Sergio che li attendeva per portarli in Italia. Ospiti di amici, hanno dormito una notte a Crocovia prima di mettersi in viaggio verso Pasian di Prato.
Sergio e sua moglie ringraziano i friulani: «Ci stanno telefonando in molti per sapere se abbiamo bisogno di qualcosa», ripetono sapendo di poter contare anche sulla comunità ortodossa unita nel messaggio di pace che padre Volodymyr Melnychuk continua a diffondere, mentre in Ucraina stanno vivendo le situazione più terribili.
«Da un carro armato sono scesi militari con la divisa ucraina, fortunatamente la gente, attraverso i social, sapeva che non erano ucraini e li hanno bloccati».
A tutto questo pensa Halyna auspicando «di poter tornare presto nel suo Paese, da suo marito e sua mamma». Anche lunedì sono attesi nuovi arrivi: «Altre famiglie sono in viaggio – assicura il sacerdote –, parenti e amici li stanno ospitando».
Se la guerra non si fermerà chiederanno i permessi di soggiorno per motivi umanitari. Il sacerdote sarà al loro fianco, mentre a Sant’Osvaldo, nella chiesa ortodossa dove anche Sergio, domenica, ha seguito la messa, la comunità continuerà a pregare per la pace. —
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