Palù: il Sars-Cov-2 non scomparirà. Riemergerà, ma sarà stagionale. Vi spiego perché
Con il bollettino della Protezione Civile e del ministero della Salute che segnala per oggi 38.095 i nuovi contagi da Coronavirus. E altri 210 morti. Fissando un tasso di positività al 9,8%. Un calo, da ieri, di 302 unità rispetto ai 9.297 ricoverati. E in 625 le terapie intensive occupate (29 in meno da ieri), Giorgio Palù – virologo e presidente dell’Aifa – nella sua Lectio magistralis all’incontro “Covid-19: scienza o rappresentazione”, organizzato dalla Fondazione Bruno Kessler, dichiara: «Non credo che Sars-Cov-2 scomparirà come sono scomparsi Sars-Cov- 1 e la Mers, che erano così letali da essere facili da isolare ed erano dannosi per se stessi perché uccidevano l’ospite e si auto-eliminavano. La cosa più probabile è che questo coronavirus invece riemerga. Del resto è quello che ha fatto fino ad ora. Si ipotizza, e su questo c’è una visione comune tra molti virologi, che rimarrà con noi e che possa avere una stagionalità, anche perché è respiratorio».
Palù: «Il virus non scomparirà: probabilmente sarà stagionale»
«Ciò che abbiamo visto fin ora – ha quindi aggiunto l’esperto a stretto giro – ci incoraggia su questa linea. Perché abbiamo visto un virus altamente patogeno perdere progressivamente la patogenicità. Ricordo però che ci sono tre funzioni biologiche essenziali un virus: infettività, patogenicità ed immuno-evasione. Ed è difficile che un virus acquisisca tutte e tre le funzioni: qualcuna ne deve pur perdere per la sua finalità, che è quella di persistere». E allora, quello «che abbiamo su tappeto – sottolinea il virologo – e che dovrebbe essere una lezione per i virologi veri, non quelli televisivi, è studiare meglio l’impatto sulla patogenesi. Quindi caratterizzare la morbosità, la letalità, la virulenza».
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La necessità di un un sistema di monitoraggio più efficiente e rapido
E poi «identificare la sorgente e avere un sistema di monitoraggio che ci consenta di monitorare le evoluzioni in tempi più rapidi». E invece, ribatte Palù, «siamo quelli che sequenziano meno. Sequenziamo 7000 genomi al mese, quando in Inghilterra ne fanno 150.000. C’è bisogno di investimenti in ricerca e virologia vera», ha quindi concluso Palù. Che, nel corso del suo intervento, non ha rinunciato alla possibilità di togliersi anche qualche sassolino dalla scarpa. Per esempio, sottolineando ironicamente:
Palù tuona contro la «virologia banalizzata da show tv e autoproclamati esperti»
«In questa pandemia abbiamo visto talk show, cabaret, presenzialismo televisivo da autodefiniti virologi, sconosciuti alla comunità scientifica internazionale, che hanno discettato di tutto. E hanno banalizzato, se non impoverito, una disciplina che è forse la più tributaria di premi Nobel in medicina e fisiologia e chimica, tra le discipline biomediche». Confessando sul finale, a cuore aperto: «Un virologo soffre quando sente la sua disciplina volgarizzata». E allora, banalizzata e volgarizzata, forse. Ma di sicuro “rispolverata” dalla tragedia della pandemia, che ha ridato blasone e importanza a una branca considerata fino a due anni fa qualcosa di estremamente settoriale e specifico.
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