Non avreste voluto vivere a Londra nel 1800 - una città di fango, decadenza e depravazione, governata con pugno di ferro da antichi e corrotti oligarchi. (Beh, forse non era poi così diverso da oggi.) Così la vede lo scrittore di Peaky Blinders Steven Knight, nella sua serie Taboo, uscita nel 2017, con Tom Hardy nei panni di un avventuriero enigmatico e rozzo, James Delaney (che dodici anni prima era salpato per il Nuovo Mondo, in cerca di fortuna e di un bottino).

L'uomo ritorna nella capitale senza tante cerimonie, dato per morto da tutti quelli che lo conoscevano. Quello che trova è una città marcia fino al midollo, con una classe politica che conduce guerre a distanza alla corona - anche con gli Stati Uniti da poco indipendenti. 
Suo padre è morto e non gli ha lasciato altro che un pezzo di terra sulla costa occidentale del Nord America, Nootka Sound, che è al centro del conflitto tra Inghilterra e Stati Uniti.

Abbiamo detto che papà, come si scopre, è stato avvelenato a morte? Adesso, sì.

Taboo ha tutto ciò che si può desiderare in un libraccio di horror gotico, anche solo nel primo episodio. Come Frankenstein, i folli ladri di tombe fanno a pezzi i corpi, estraendo le budella e le viscere e riempiendole con un intruglio di acidi - è così che si scopre se qualcuno è morto di arsenico, apparentemente. Il gotico non si manifesta solo in termini letterari: la pioggia sferza le foreste oscure, dove i cadaveri vengono trascinati dal fango intriso d'acqua; tutto, a parte l'arredamento delle case di città più sontuose, è ricoperto da una polvere sottile.

Come nell'interpretazione spavalda e intemperante di Cillain Murphy nei panni del capo-comico Blinder Tommy Shelby, il fulcro di Taboo è l'erratico e brutale Delaney di Tom Hardy. Conoscete il tipo: è un uomo massiccio spinto da un pensiero maniaco, un uomo di poche parole, adornato con tatuaggi tribali e una cicatrice da cattivo sull'occhio. È impossibile non notare un po' del Charles Bronson di Hardy, nel senso che Delaney è una bestia terribilmente carica - calma, ponderata, ma che contiene in sé la prepotenza, pronta a colpire al primo sventolar di tela rossa.

Ci sono degli svantaggi. È, come ha detto The Guardian, "soffocantemente maschile": non è una sorpresa vedere la Londra vittoriana rappresentata nel più patriarcale dei termini, ma sarebbe bello vedere una donna con più di una fugace linea di resistenza. (Un altro topos entra vistosamente in gioco, qui, attraverso la Zilpha Geary di Oona Chaplin, una donna borghese che a malapena riesce a dire una parola: la moglie oppressa).

Alla grande maniera di Knight, poi, il dialogo lascia poco all'interpretazione. Ed è dolorosamente un dramma d'epoca, con una P volutamente maiuscola: a un certo punto, Delaney minaccia di tagliare le "zampe di una donna e farle bollire", come era chiaramente di moda a quei tempi. Ma le battute che fanno trasalire sono più che compensate dal magnetismo da serie A di Hardy.

Anche se sono già passati cinque anni dal debutto dello show, la seconda stagione è ancora in fieri, almeno secondo Hardy. È impostato per essere "proprio come si spera", ha detto l'anno scorso. Lo prendiamo in parola...

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