Italia, è tutto molto brutto: Bruno Pizzul analizza i perché della disfatta azzurra
foto da Quotidiani locali
UDINE. Lui che di Mondiali ne ha raccontati nove (di cui cinque da prima voce dell’Italia) prova un sottile senso di dispiacere e compassione per chi oggi narra le vicende della Nazionale che per la seconda volta consecutiva non si è qualificata per il campionato del mondo.
Lui è Bruno Pizzul, 84 anni, storico telecronista della Rai, l’uomo giusto per riflessioni e critiche senza filtri su quella che è stata una seconda Apocalisse per il calcio italiano. «Questa forse fa ancora più male perché più inaspettata – attacca –; allora ci avevano fatto fuori Spagna e Svezia, stavolta la Svizzera e la Macedonia. Andare a giocarcela martedì in Portogallo era il minimo sindacabile».
LA MALATTIA È SERIA
E invece sembra che il tempo si sia fermato a cinque anni fa. È vero che di mezzo c’è la vittoria di un Europeo che da subito era stato catalogata alla voce “sorpresa” e che oggi viene definito come “eccezione” alla regola perché la norma è diventata un Mondiale senza l’Italia. «Questa batosta – la riflessione di Pizzul – non fa che confermare lo stato di salute del nostro calcio. Definirlo malaticcio è quasi un eufemismo e la conferma arriva dai risultati delle squadre di club in Europa: fatichiamo contro chiunque».
TALENTI, DOVE SIETE?
E di talenti neanche l’ombra, specialmente in un settore avanzato, quello d’attacco, dove un tempo potevamo schierare fior di cannonieri. «Ricordo che quando Zoff era ct andava stimolando i suoi giocatori dicendo che per loro la Nazionale era l’occasione per mettersi in mostra e dimostrare quanto valevano perché ai club di loro non gliene fregava nulla visto quanto erano imbottiti di stranieri».
Era il biennio 1998-2000 e l’Italia poteva schierare gente del calibro di Vieri, Inzaghi, Del Piero, Totti, Montella, gente che oggi Mancini pagherebbe di tasca sua pur di averla in squadra.
SETTORI GIOVANILI
«Bisogna ripartire dalla cura dei vivai – sottolinea Pizzul –, e dare più spazio al talento, al gioco, alla libertà di espressione del ragazzino. Oggi fin da piccoli vengono ossessionati dalla tattica: la diagonale, la sovrapposizione e via discorrendo.
Nei miei trascorsi di giornalista mi incuriosiva andare a vedere come lavoravano i vivai all’estero. E ricordo bene come ai bambini veniva dato il pallone dicendo loro semplicemente di giocare. In Italia non è così: quando i bambini tornano a casa la prima domanda non è “come avete giocato?”, ma “quanto avete fatto?”. Oggi gli stessi allenatori per difendere il posto giocano per vincere, non per far crescere calciatori».
GRAVINA E MANCINI
La Nazionale più dei club è l’espressione dello stato di salute dell’intero movimento. Oggi ci ritroviamo a dover ripartire da capo o quasi dopo cinque anni.
E per Pizzul non è nemmeno giusto puntare l’indice esclusivamente su Mancini che peraltro qualche responsabilità ce l’avrà, ma meno dei calciatori. «Ho sentito subito a caldo parlare di dimissioni. Quando arriva un risultato disastroso, e questo lo è, paga l’allenatore. È una legge non scritta del calcio. Il “Mancio” si era un po’ innamorato di questo suo ruolo di ct sempre sorridente, un po’ in stile Sampdoria dei suoi tempi, ma queste cose funzionano fino a quando le cose vanno bene, poi...».
Quanto a Gravina ha già detto che non si dimetterà. Il presidente ha puntato il dito sulle società che non hanno rinviato una giornata di campionato per consentire alla Nazionale di preparare meglio questi play-off: «Ma serviva davvero qualche giorno in più per battere la Macedonia?», si interroga Pizzul.
GIOCATORI
E qui il discorso torna sulla qualità dei calciatori italiani. Sul banco degli imputati sono finiti soprattutto Insigne e Immobile, inguardabili l’altra sera alla Favorita: «Sin dalla vigilia ero pessimista sull’esito di questi play-off, pensavo che il Portogallo, decisamente superiore a noi a livello di individualità, ci avrebbe escluso. Ma con la Macedonia no, è inaccettabile. Dovevamo vincere. Non è possibile non riuscire a segnare nemmeno un gol. I giocatori dovevano fare di più. Ho la sensazione che Mancini avesse avvertito che si era rotto qualcosa rispetto all’Europeo e il suo nervosismo in panchina, prima nelle gare di qualificazione e poi l’altra sera a Palermo, era un segnale inequivocabile. No, non credo si sia fatto tradire dai debiti di riconoscenza verso certi giocatori, anche perché non è che avesse molte alternative».
FILOSOFIA
L’Italia, visti certi limiti a livello individuale, si è affidata al gioco per essere competitiva andando un po’ contro quelle che sono le tradizioni del nostro calcio. Poi, però, vedi che in Champions League l’Atletico e il Villarreal, due squadre spagnole, arrivano ai quarti di finale giocando all’italiana, ovvero difesa e contropiede. «Io credo che esista anche la via di mezzo che poi è quella che abbiamo seguito al Mondiale del 1982». Quello che Zoff considera irripetibile perché vinto segnando contro Argentina, Brasile, Polonia e Germania tantissimi gol su azione e vincendo tutte le gare al termine dei 90’ regolamentari mentre all’ultimo Europeo semifinale e finale si sono de
SCENARI
E adesso cosa succede? Facile ipotizzare le dimissioni di Mancini. Gravina ha fatto intendere che cercherà di respingerle. Ci riuscirà? Ed eventualmente a chi ci si dovrà rivolgere?
I primi nomi sono già usciti: Cannavaro, che recentemente ha rifiutato la guida della Polonia, con Lippi direttore tecnico, oppure un vecchio patriarca come Ancelotti che potrebbe chiudere a giugno l’esperienza al Real Madrid. Oppure un tecnico giovane e giochista (De Zerbi?). «Sono tutte opzioni in questo momento da tenere in considerazione, ma non chiedetemi cosa farei io», la conclusione di Pizzul. Già, lui che alla fine di una splendida azione diceva sempre «Tutto molto bello», stavolta si deve congedare con «Italia, tutto molto brutto».