L’Ungheria non cambia, Orban vince ancora: “Questa vittoria si vede anche da Bruxelles”
Il premier verso il quarto mandato consecutivo. Dal palco attacca anche Zelensky, Soros e globalisti
A una delle campagne elettorali più imprevedibili di sempre, su cui è piombato lo spettro della guerra in Ucraina, i timori di una crisi economica e la vecchia retorica sovranista, gli ungheresi hanno risposto in massa. E hanno risposto con un voto che ancora una volta incorona l’uomo della «democrazia illiberale», il leader della “democratura”, il premier Viktor Orban, che conquista il quarto mandato consecutivo, il quinto in assoluto, e - pare - la maggioranza dei due terzi del parlamento.
La speranza della coalizione di opposizione, spinta dai sondaggi e dalla campagna elettorale capillare, si è infranta contro il muro di voti piovuti sul partito del premier anche nei distretti che non avrebbero dovuto perdere per avere qualche chance: con il 81% dei voti scrutinati Orban resta in nettissimo vantaggio, con Fidesz che ottiene il 53,96% delle preferenze, che si traducono in 135 seggi in Parlamento e l’opposizione che si ferma al 34,2% e 57 seggi, mentre l’estrema destra raggiunge il 6,3% e 7 segg i.
In uno dei voti più importanti nella storia del Paese, l’affluenza alle urne si è attestata al 67,8%, in leggero calo rispetto a quattro anni fa. Il premier, che di buon mattino si era recato a votare con la moglie Aniko Levai in una scuola alla periferia di Budapest, aveva pronosticato una «grande vittoria», anche se sapeva che, questa volta, il rischio di un exploit dell’opposizione che, per la prima volta, si presentava in un’unica coalizione, “Uniti per l’Ungheria”, non era da escludere con leggerezza. Ma la scommessa di presentarsi come «garante della pace», mentre la guerra in Ucraina infuria ha evidentemente funzionato. Solo lui, ha ripetuto dal 24 febbraio, rappresenta «la pace e la sicurezza per la gente, quando la guerra è un pericolo. Tutti i comunisti sono andati a votare, bisogna che lo facciamo anche noi», ha detto ieri mattina riferendosi al cartello elettorale che ha riunito sei partiti di diverso orientamento politico, guidato da Peter Marki-Zay. Tutti accomunati dall’obiettivo di porre fine alla stagione dei conflitti con l’Europa, delle violazioni allo stato di diritto e da un legame sempre più stretto con Russia e Cina. Anche il presidente dell'Ucraina, Volodymyr Zelensky, sabato notte si era rivolto ad Orban, «unico in Europa a sostenere apertamente Putin». Ma forse, più che un asssit all’opposizione, l’attacco al premier non ha fatto che aumentare la paura, instillata dalla propaganda filogovernativa, che l’opposizione volesse trascinare l’Ungheria in guerra, autorizzando il passaggio di armi dirette all’Ucraina (che in realtà stanno già attraversando il territorio ungherese). E ieri sera, dal palco della vittoria Orban si è preso una doppia rivincita: «Abbiamo vinto anche a livello internazionale. Contro il globalismo. Contro Soros. Contro i media mainstream europei. E anche contro il presidente ucraino», ha detto. «Fidesz rappresenta una forza conservatrice patriottica e cristiana. È il futuro dell’Europa. Prima l’Ungheria!». E ancora: «Abbiamo ottenuto una vittoria così grande che si può vedere anche dalla luna. Di sicuro pure da Bruxelles».