Strage Moby, cosa è successo 31 anni fa nelle acque di Livorno? La ricostruzione che apre le porte a nuove verità
La svolta della nuova commissione parlamentare: saranno messi insieme tutti gli elementi conosciuti. Acquisite le comunicazioni radio e le immagini del servizio geologico Usa
LIVORNO. A togliere di mezzo la nebbia reale dalla scena della collisione fra il traghetto Livorno-Olbia e la petroliera Agip ci ha pensato la commissione parlamentare d’inchiesta del Senato guidata da Silvio Lai (nel pool dei commissari anche il senatore livornese Marco Filippi). Ad alzare definitivamente la coltre metaforica di menzogne di Stato, testimonianze improbabili e ricostruzioni ancor più fasulle che hanno avvolto – ancor più della presunta nebbia di avvezione – la verità su quel che accadde la notte del 10 aprile di 31 anni fa, a una spanna o due dal porto di Livorno, ci sta pensando la nuova commissione parlamentare d’inchiesta, quella istituita dalla Camera e presieduta dal deputato labronico Andrea Romano (con altri due parlamentari livornesi come Manfredi Potenti, leghista, al lavoro come vicepresidente e Francesco Berti, pentastellato, come commissario).
«Lo faremo con una simulazione dinamica affidata a una equipe di superingegneri specialisti high tech che utilizzeranno tutto quel che è stato accertato su quella maledetta notte in cui nel rogo sul Moby Prince morirono 140 passeggeri e marittimi, la più grande sciagura della marineria italiana nel dopoguerra», dice Andrea Romano. Praticamente un “film” che metta in fila uno dopo l’altro i movimenti di ciascuna nave per come sono realisticamente ricostruibili sulla base delle risultanze: il deputato Pd però storce un po’il naso di fronte a quest’idea di una sorta di “rendering in movimento” perché in realtà le cose sono più complesse di così.
Anche Potenti è fiducioso sulla rilevanza dell’indagine di Cetena: «una ricostruzione video di tipo informatico che mostrerà l’insieme degli istanti a noi noti sulla rotta della nave fino al momento della tragedia».
I TASSELLI DEL PUZZLE
Quando Romano dice «tutto quel che è stato accertato» a cosa si riferisce? L’elenco è lunghissimo e porta con sé più di trent’anni di tentativi: pensa, ad esempio, alle condizioni meteomarine («com’era il vento, com’era il mare, com’erano la temperatura e la visibilità»); a chi stava facendo cosa; alle navi in arrivo e a quelle in partenza dalle banchine del porto livornese; a dove è stato trovato il traghetto dalle motovedette dopo molto tempo e a come era impostato il timone; alle rotte abituali in uscita dal porto di Livorno. In particolare, due gli elementi che le ultime acquisizioni hanno portato al centro della scena. Il primo sono le comunicazioni radio: «compreso quanto sarà possibile ricavare – spiega Romano – grazie alla decifrazione delle numerose tracce rimaste nascoste nel “bobinone” che non era stato possibile ascoltare perché non c’era una apparecchiatura adatta. Ma sul mercato dei collezionisti tedeschi ce l’abbiamo fatta a scovare una delle pochissime vecchie apparecchiature Philips in grado di farlo: l’abbiamo acquistata e passata ai magistrati».
SVINCOLATO DAL SEGRETO
E l’altro tassello-chiave? È la posizione reale delle navi nella rada del porto quella notte. «È stato tolto il segreto sui materiali d’archivio di quell’anno da parte del Servizio geologico statunitense – racconta il deputato – e possiamo contare su due passaggi al giorno in quella zona di mare: forse le immagini non avranno l’altissima definizione dei satelliti attuali ma contiamo di poter chiarire una volta per tutte l’orientamento delle navi e la collocazione della petroliera chiarendo se era in zona vietata all’ancoraggio o no».
Del resto, il puzzle di elementi è vastissimo: basti dire che già nella legge di istituzione della commissione non ci si è limitati a un generico appello all’esigenza di giustizia e verità, ma si sono indicati in modo esplicito alcuni campi di azione come: 1) eventuali responsabilità di singoli o anche «riconducibili a apparati, strutture o organizzazioni comunque denominati»; 2) la decifrazione di una dinamica della collisione ma anche l’accertamento di chi, allora o anche ora, ha creato intoppi e depistaggi; 3) l’acquisizione di comunicazioni radio così come di tracciati radar e rilevazioni satellitari al punto di chiederli perfino alle autorità russe (e la Francia ha assicurato la massima collaborazione; 4) l’analisi dei (mancati) soccorsi; 5) «eventuali correlazioni tra l’incidente ed eventuali traffici illegali di armi, combustibili, scorie e rifiuti tossici»; 6) l’accordo fra gli armatori di traghetto e petroliera e le loro assicurazioni.
Nel cammino sono poi spuntate mille cose: come il fatto che a bordo, sembra poche ore prima della sciagura, vennero scovati a bordo del Moby Prince due tizi che non dovevano esserci (cosa ci facevano?). Non è tutto: occhi puntati anche sulle risultanze di eventuali indagini della Guardia di finanza su voci di bunkeraggi clandestini con le bettoline per il “mercato nero” del petrolio (perché quel manicotto trovato attaccato alla petroliera?).
SINERGIA POLITICA
Potenti mette l’accento sul fatto che «fin dall’inizio abbiamo deciso di puntare, nella migliore sinergia politica», al chiarimento delle cause della tragedia: prima di tutto con nuove indagini peritali, perché è evidente che proprio il flop sul fronte delle perizie è stato quel che ha nascosto la verità per anni». Ma giudica significative anche le nuove acquisizioni tramite testimonianze: chissà se si riferisce, per dirne una, al fatto che Rosetta Costa, vedova di Antonio Rodi, membro dell’equipaggio, ha riferito che il marito poche ore prima della collisione gli aveva detto di spostare la comunione della figlia perché il comandante non gli avrebbe dato il permesso di sbarcare subito ma poco più tardi, quando il Moby Prince avrebbe dovuto fermarsi perché aveva bisogno di fare alcuni lavori.
L’esponente leghista sa bene che «la nostra non è una autorità titolata ad emettere una condanna sulle responsabilità», ma a differenza di quanto avvenuto con la commissione di Palazzo Madama stavolta c’è una indagine della magistratura aperta e il lavoro dei commissari può essere di impulso e di aiuto.
MOLTI ASPETTI DA CHIARIRE
«La nostra commissione ha avuto come base di partenza il lavoro fatto da quella del Senato guidata dal senatore Lai, e questo ci ha permesso di escludere alcune piste investigative che ci avrebbero fatto solo perdere tempo», dice il M5s Berti sottolineando l’importanza che il governo, ai massimi livelli, abbia escluso che esistessero segreti di Stato sul tema. «Ma – aggiunge – rimangono ancora molti aspetti da chiarire ed approfondire: le ulteriori fotorilevazioni satellitari, i contenuti del “bobinone”, gli interessi in gioco nel contratto di assicurazione. Ci resta un anno di lavoro serrato, con la possibilità di rinnovare la Commissione di inchiesta nella nuova legislatura».
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