L’aeroporto di Mykonos avrà il nome di Mandò, la greca di Trieste eroina della Resistenza
La giovane Mavrogenous era nata in città nel 1796, figlia di un ricco mercante. Colta, libera, combattè nella guerra contro gli Ottomani
TRIESTE. Ha incarnato i valori della libertà e dell'autodeterminazione dei popoli. E lo ha fatto due secoli fa, da donna, in una Grecia che stava disperatamente lottando per liberarsi dall'Impero ottomano, un cappio lungo 368 anni (1453-1821). Era colta, intelligente, curiosa, coraggiosa, altera, ricca, avvenente. Era nata a Trieste.
L'eroina della Rivoluzione greca si chiama Mandò Mavrogenous: a lei ora, “dimenticata” dalla storiografia ellenica (machismo?) e ripescata in occasione dei festeggiamenti per i duecento anni dalla Rivoluzione, è stato intitolato l'aeroporto internazionale di Mykonos, cioè il secondo scalo più importante dopo Atene. Una decisione del ministero dei Trasporti che segue il voto all'unanimità del consiglio comunale di Mykonos, di cui la famiglia materna di Mandò era originaria.
Questa è una storia davvero emblematica della Trieste imperiale, e sicuramente l'apporto di Mandò alla causa della Rivoluzione non sarebbe stato tale se lei non avesse respirato il clima liberale e cosmopolita della città di allora.
Mandò nasce nel 1796 a Trieste appunto, il padre Nikolaos è un ricco mercante, appartiene a una famiglia originaria di Paros; la moglie, Zacharati Hatzi Badi, è una nobildonna di Mykonos. Donna multilingue, erudita, tiene i registri delle attività commerciali del marito. Famiglia emancipata, città multietnica: Mandò cresce libera, parla greco, italiano, francese e turco, studia filosofia e storia dell'Antica Grecia. Vive esperienze del tutto impensabili per le sue coetanee greche dell'epoca. E ha parecchi ammiratori: ha fascino da vendere “La bella greca”, come la chiamano in città.
Ha solo ventidue anni quando papà Nikolaos, fervente patriota, muore assassinato. E allora prima si rifugia sull'isola di Tinos, poi a Mykonos. Qui, nelle Cicladi, la ragazza cresciuta nel porto franco dell'Impero austroungarico tra salotti eleganti e gli echi della Rivoluzione francese si trasforma e la sua vita da romanzo rosa diventa un thriller fatto di guerra e di spionaggio, di amore e di gelosie, di ricchezza e povertà. A Mykonos fa suoi i princìpi della Filiki Eteria, la società segreta che seppe trasformare il sentimento patriottico greco in insurrezione nazionale. E quando inizia la lotta, nel 1821, lei è lì: impegna il suo denaro, vende oro e gioielli, si fa armatrice di due navi da affidare alle forze rivoluzionarie isolane contro gli Ottomani. Anzi, lei stessa partecipa alla battaglia. Oscurata dagli storici greci, altri ricercatori europei invece documentano la sua partecipazione a diverse operazioni militari. E in Europa cresce il suo mito, rafforzato anche dai rapporti epistolari che Mandò mantiene con gruppi di donne parigine che invita a sostenere il movimento filoellenico. “Desidero ardentemente una notte di combattimento come tu desideri una notte di ballo”, scrive a un’amica. Il suo ritratto viene stampato e fatto circolare in tutta Europa.
Poi conosce il principe Dimitrios Ipsilantis, combattente coraggioso per niente affascinante, e se ne innamora. Dimitrios le promette di sposarla, i due nel 1823 si trasferiscono nel Peloponneso, a Nauplia. Convivono “con grande scandalo”, per usare i termini dell’epoca (“Il principe corre dietro le gonne di quella donna di Mykonos vestita all’occidentale”, si commenta), soprattutto contro di loro si scaglia Ioannis Koletis, un astuto politico francofilo che della morale pubblica se ne infischia. Gli importa, piuttosto, che quelle nozze non si facciano: pericoloso un matrimonio che unirebbe due famiglie filorusse troppo vicine allo zar. La casa di Nauplia viene bruciata, tutto ciò che possiedono rubato. Soprattutto, Koletis mette in giro la voce del tradimento di Mandò con l’inglese Edward Blanquiere: Dimitrios ci crede, cancella la promessa di matrimonio, la coppia si separa. Mandò cade in disgrazia e si rifugia a Paros. È sola, indigente, privata anche del riconoscimento delle proprie azioni militari, lei che - unica tra le donne della Rivoluzione - ha meritato il grado di generale in capo. “Il mio servizio al mio Paese era diverso da quello degli altri ufficiali?” scrive nel 1840 al re Ottone in una lettera archiviata e ignorata come tutte le altre che scrive. Sì, ha combattuto per il suo Paese ma era una donna.
“La bella greca” muore di tifo nel 1848, a 52 anni. La tomba non esiste più, gli storici proveranno a ignorarla, ma a Paros e a Mykonos rimane nel cuore degli isolani: busti, piazze, lapidi ricordano questa donna coraggiosa dall'imprinting triestino. E lo Stato greco? L'ha raffigurata sulla moneta da due dracme, tra il 1988 e il 2001. Ora, la rivincita e il riscatto di Mandò con l'intitolazione dell'aeroporto, e anche questo è storia: perché è il primo aeroporto greco dedicato a una donna, il quarto in Europa dopo Spagna, Turchia e Albania (per dire, in Italia diciotto dei 34 aeroporti internazionali e regionali portano un nome e un cognome ma nessuno appartiene a una donna. E se proprio lo volete sapere, nel mondo, dei quattrocento scali aerei più importanti appena sedici sono dedicati alle donne).
A Paros e a Mykonos il busto di Mandò osserva il mare. Chi l'ha ritratta, con quella fierezza nello sguardo, ha saputo congelare nel tempo l'inestimabile contributo di questa “mula” alla storia della Grecia.