“In una fossa comune 500 uccisi con una pallottola in testa”
ODESSA. «Sono stati 78 giorni di lacrime, di fiumi di sangue che scorrono sul terreno ucraino». Svjatoslav Shevchuk, l’arcivescovo cattolico di Kiev, si sente un sopravvissuto. Kiev si sente una città, un luogo, da cui il Paese intero può ripartire, riprogettare un futuro, ma i drammi della guerra continuano a affiorare: «In una fossa comune hanno recentemente scoperto quasi 500 persone con le mani legate e una pallottola nella testa. Vuol dire che sono state assassinate in un modo crudele, nello stesso modo in cui ai tempi di Stalin assassinarono gente innocente gettandola in fosse comuni», chiosa il primate della chiesa cattolico-greca d’Ucraina.
Monsignor Shevchuk ha ripercorso le visite pastorali nella sua diocesi, ora «simile a un deserto», con città distrutte come quella di Chernihiv dove i quartieri sono stati rasi al suolo e la scoperta di fosse comuni è sempre più frequente.
Una denuncia che non sorprende il governo di Kiev. «Da settimane monitoriamo i villaggi liberati dopo l’occupazione russa - indica una fonte governativa ucraina -. Sospettiamo che ci possano essere altre Bucha». Potrebbero essere ovunque, tanto a Nord, in direzione Bielorussia, quanto ad Est, in quella terra contesa tra Lugansk e Donetsk e, naturalmente a Sud, dove si continua a combattere nonostante l’apparente “stallo” bellico. Diversa la situazione nell’Oblast di Kharkiv, dove la vita si sta lentamente normalizzando. «La città ha subito gravi danni, le infrastrutture sono state colpite, ma la popolazione sta tornando», ha dichiarato il sindaco Ihor Terekov.
Duecento chilometri più a Sud il teatro di guerra è decisamente diverso. I russi continuano ad assediare Severodonsk. L’ultima città ucraina dell’Oblast di Lugansk è allo stremo. «Hanno colpito tutta la notte con l’artiglieria - dichiara via Telegram il portavoce militare -. Ormai sono alle porte, ma stiamo difendendo le posizioni senza timore». La città è senza acqua, corrente elettrica e gas da settimane. Anche gli aiuti alimentari stanno finendo ed i rifornimenti sono sempre più difficili dopo il bombardamento del ponte che la collega con Lysychansk. Il suo sobborgo ad Ovest, la città della raffineria e del petrolchimico, regge agli attacchi aerei e missilistici, ma la strada che porta a Kramatosk, capoluogo del Donbass ucraino, è alle mercé dei cannoni russi. Per lasciare la città, per raggiungerla, si deve attraversare un complesso industriale petrolchimico in fiamme da 6 giorni.
Eppure l’esercito ucraino, si stima almeno 4 mila uomini scelti e altri di supporto, hanno ottenuto una vittoria. «La controffensiva verso Nord, in direzione Izyum, ha dato i suoi frutti - assicura, entusiasta, un capitano delle forze speciali -. Li abbiamo colpiti al cuore. Li abbiamo colpiti dove non si aspettavano». La controffensiva di Izyum si sarebbe snodata su due fronti congiunti. Una parte dell’esercito di Zelensky ha impegnato la testa di ponte russa che dalla città si allungava verso Kramtosk. L’artiglieria invece ha colpito le postazioni in città. Due battute d’arresto per la fanteria di Putin. Due colpi in meno di 48 ore che porteranno a rivedere i piani di conquista dell’Est. Di quel Donbass che lo ossessiona dal 2014. Se non ci sono dettagli sull’attacco a Izyum, escono sempre più informazioni sulla controffensiva portata a segno lungo le sponde del fiume Siversky Donets. «Hanno tentato di attraversarlo in più occasioni - spiega Serhiy Hayday, comandante militare della regione -. Hanno subito un duro colpo. Abbiamo distrutto elicotteri, mezzi da sbarco e tank». Almeno 1.000 le vittime tra i soldati di Mosca e 50 carri in fiamme. Secondo fonti d’intelligence molti sono i nuovi T-90.
Mariupol, invece, non ha pace e non conosce la parola pietà. L’esercito russo è tornato ad attaccare le acciaierie Azovstal. Cannoneggiamento costante e avanzata di terra che sta costringendo i sopravvissuti del battaglione Azov a non tentare nemmeno più di difendere le posizioni. Proprio mentre i Sukhoi russi volano sul complesso industriale più grande del Paese arriva la proposta turca per evacuare i feriti. Ankara è pronta a inviare una nave a Mariupol per consentire l’evacuazione dei soldati ucraini feriti e altri civili che si trovano ad Azovstal.