Sergey Golubok: “Per punire le stragi in Ucraina potrebbe nascere un nuovo tribunale”
Lo studioso: «Un crimine di guerra o contro l’umanità non può essere colposo, è sempre intenzionale»
Le autorità ucraine e le organizzazioni internazionali stanno raccogliendo testimonianze di crimini di guerra. Abbiamo chiesto allo specialista di diritto internazionale Sergey Golubok chi, e quando, risponderà delle stragi di civili in Ucraina.
L’Ucraina ha denunciato l’aggressione russa al Tribunale internazionale dell’Onu all’Aja. Contemporaneamente è stata avviata la procedura presso il Tribunale penale internazionale (Tpi), anch’esso con sede all’Aja. Perché lo stesso caso viene esaminato da due tribunali diversi?
«L’Ucraina si è rivolta al tribunale per replicare alle accuse di genocidio con le quali il capo di Stato russo ha giustificato l’invasione. L’Ucraina chiede: dove sono le prove? È un contenzioso tra Stati, di competenza del tribunale dell’Onu, al quale l’Ucraina ha chiesto misure cautelative contro la Russia. Il Tpi invece esamina la responsabilità individuale di persone che possono venire incarcerate».
Cioè il tribunale decide sulla validità del pretesto per l’invasione, ma nel frattempo intima di ritirare le truppe?
«Più o meno. Il 16 marzo il tribunale ha soddisfatto la richiesta ucraina: ha ordinato alla Russia di fermare la guerra».
Intanto, il Tpi ha aperto una seconda indagine.
«Non su richiesta ucraina, ma di 40 Stati aderenti allo Statuto di Roma. L’Ucraina non lo ha ratificato, ma ne riconosce la competenza su tutti i reati commessi sul suo territorio».
Anche la Russia non l’ha ratificato.
«Vero, ma Putin l’ha firmato nel settembre del 2000, e questo è importante per il diritto internazionale, perché uno Stato che ha firmato un documento, anche senza ratificarlo, non può violarlo».
La Russia ha poi revocato la firma, come anche gli Usa.
«Il diritto internazionale non prevede un meccanismo di revoca della firma sotto un trattato internazionale. Sono stati gli Usa a inventarsela, e la Russia ha deciso di non essere da meno. Per il diritto internazionale però restano firmatari. Perfino oggi, il Tpi ha offerto alle autorità russe di raccogliere prove, ma non ha ricevuto risposta».
Per ora è un’indagine contro ignoti, non ci sono imputati concreti?
«Corretto, ma è sbagliato credere che ogni crimine commesso nel corso della guerra sia un crimine di guerra. Esistono tre categorie: crimini di guerra, crimini contro l’umanità e genocidio, tre reati diversi con decine di sottocategorie. Un crimine contro l’umanità si distingue da un eccidio di massa per il contesto: implica un attacco vasto e sistematico contro i civili, come a Bucha e in altre città ucraine. Si tratta di esaminare un’enorme massa di prove, non soltanto del reato oggettivo, ma anche della soggettività, cioè di cosa pensava il potenziale imputato. Un crimine di guerra o contro l’umanità non può essere colposo, ma intenzionale».
Le prove di premeditazione raccolte serviranno al Tpi?
«Non necessariamente: niente impedisce di amministrare giustizia anche nei tribunali ucraini e in quelli degli Stati dove si trovano ora i profughi. In Germania c’è stata Norimberga, ma pure tribunali ordinari».
E se gli imputati vengono processati nel loro Paese, che non coopera con il Tpi?
«Ci vorrà tempo, non tutti i mandati verranno eseguiti. Alcuni imputati moriranno prima».
Chi potrebbe venire incriminato in Ucraina: i soldati o quelli che hanno dato ordini?
«I comandanti rispondono degli ordini dati ai loro sottoposti. Il Tpi punisce i dirigenti politici e militari. I soldati semplici possono venire giudicati dai tribunali nazionali ucraini».
I tribunali per Ruanda ed ex Jugoslavia erano un meccanismo diverso?
«Sono stati creati per risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu: il Tpi è nato da quell’ esperienza. Oggi si parla di fondare un tribunale apposito per giudicare l’aggressione».
La Russia metterà il veto.
«Non verrebbe creato dal Consiglio di Sicurezza, ma dall’Assemblea generale dell’Onu».
È possibile?
«C’è sempre una prima volta. Anche nel 1994, dopo il genocidio del Ruanda, un tribunale sembrava impossibile, ma il Consiglio di Sicurezza ha votato per fondarlo. L’Assemblea potrebbe scoprire di averne la competenza».
L’Assemblea potrebbe anche superare il veto?
«È un problema che l’Onu si propone da anni di risolvere. C’è però un altro problema: tutti i membri permanenti sono indicati nello Statuto Onu. L’Urss ne fa parte tuttora».
La Federazione Russa non ne è il successore?
«Quali istituzioni nel 1991 sono diventate quelle della nuova Russia, quelle dell'Urss o quelle della Rsfsr, Repubblica federata sovietica socialista russa che ne era parte? Le istituzioni sovietiche sono state sciolte nel dicembre 1991. Il diritto russo sancisce che la Russia è succeduta alla Rsfsr, che però non ha mai fatto parte dell’Onu. Nel 1945, a diventare membri dell’Onu furono l’Urss e due sue repubbliche, l’Ucraina e la Bielorussia. Tutte le ex repubbliche sovietiche, una volta diventare indipendenti, hanno aderito all’Onu, tranne la Russia, che ha semplicemente cambiato targa sul banco dell’Urss».
Perché siede all’Onu da 30 anni?
«È la domanda a cui molti stanno cercando ora una risposta.
Viene fatta ad alta voce?
«Certo, i rappresentanti dell’Ucraina ne parlano a tutte le sedute. Ma non sono più soli».
Tutti i Paesi nati da quelli vecchi hanno ripetuto la procedura di ingresso all’Onu?
«Esiste un solo precedente di uno Stato succeduto a quello defunto: Serbia e Montenegro, che si considerò l’erede della Jugoslavia, ma venne costretta a ripercorrere il processo di adesione».
L’Urss era stata espulsa dalla Lega delle Nazioni dopo aver attaccato la Finlandia.
«La Lega aveva un meccanismo di espulsione, nel caso dell’Onu è tutto più complicato. Non stiamo però parlando di espellere la Russia, ma del fatto che non ha mai aderito all’Onu».
Se rientrasse da zero...
«Perderebbe il seggio permanente al Consiglio».
E le risoluzioni degli ultimi 30 anni sarebbero nulle?
«La Russia non è l’unico membro, il quorum c’era».
*Giornalista della Novaya Gazet