Gestivano la pizzeria Butterfly a Codroipo, marito e moglie condannati per bancarotta
Erano accusati di avere distratto dalla società 200 mila euro. La difesa: «Soldi usati per pagare Equitalia e i dipendenti di un’altra azienda»
CODROIPO. L’addio alla loro pizzeria, la “Butterfly” di vicolo dei Pini, a Codroipo, risale al maggio del 2016, quando il tribunale di Udine dichiarò il fallimento della società “Dafra”, che la gestiva. Poi, però, a oscurare l’orizzonte imprenditoriale di entrambi, furono le conseguenze penali che quell’insolvenza determinò.
Vito Babbino, 74 anni, originario di Corleto Monforte (Salerno), e sua moglie Martina Kostihova, 54, originaria della Repubblica Ceca, residenti a Rivis di Sedegliano, furono accusati di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale. E cioè di avere concorso, con le rispettive condotte distrattive, al dissesto della società.
Con la sentenza emessa giovedì 19 maggio, si è chiuso per entrambi il giro di boa del primo grado di giudizio. Ritenendola colpevole di una sola parte delle imputazioni, nel periodo in cui fu socio amministratore (dal 2007 al 2010), il tribunale collegiale di Udine presieduto dal giudice Roberto Pecile (a latere, Camilla Del Torre e Paola Turri) ha inflitto a Kostihova a 2 anni di reclusione, con concessione della sospensione condizionale della pena, assolvendola «per non aver commesso il fatto» su tutto il resto. Il marito, chiamato a rispondere pure quale socio amministratore, aveva chiuso il procedimento nell’aprile 2021, con rito abbreviato davanti al gup Mariarosa Persico, con condanna a 2 anni e 2 mesi di reclusione.
Impugnato già quel verdetto, l’avvocato Emanuele Sergo, che difende entrambi, letta la motivazione, presenterà appello anche per la consorte. Ai coniugi, il procuratore aggiunto Claudia Danelon, titolare del fascicolo, aveva contestato sia tre ipotesi di distrazione, per complessivi 200 mila euro, sia di avere tenuto i libri e le scritture contabili in modo tale, da impedire la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari.
Quanto al denaro sparito, una voce riguardava proprio l’arredo della pizzeria per un valore pari a 15 mila euro, quella più cospicua, tratta dal bilancio 2012, si riferiva a 157.146 euro di «prelievi ingiustificati annotati come “personali” nell’attivo dello stato patrimoniale – così la Guardia di finanza – e mai incassati dalla fallita, sebbene versasse da tempo in stato di crisi economica, con perdite già dal 2008», e l’ultima ai 27.142 euro corrisposti nel 2008 a dipendenti di un’altra società di Babbino.
Nel ricordare quanto dichiarato dal commercialista agli inquirenti, il difensore ha spiegato che i prelievi contestati erano stati fatti «per scopi personali e per pagare Equitalia e i dipendenti di un’altra società: per uno stato di necessità, quindi, e non per arricchirsi».
Nel procedimento la curatela aveva revocato la costituzione di parte civile, a seguito di un accordo con la controparte.