Infarto a 99 anni, per sette giorni non si trova un posto in reparto
PAVIA. Sette giorni al pronto soccorso del San Matteo prima di trovare posto in reparto. È la storia di un uomo di 99 anni: fino a venerdì è stato curato al Dea del policlinico per un infarto e in seguito spostato in Reumatologia. In mezzo, il tentativo di trasferimento alla clinica Città di Pavia, dove non è stato accettato.
Un caso come tanti ne capitano nell’era post Covid, che racconta delle difficoltà delle strutture nel gestire la mole quotidiana di pazienti. Questa volta però è stato denunciato dalla figlia Marisa C., che vive con lui a Belgioioso: «Era lunedì e mio padre è uscito per la sua solita passeggiata. Nonostante l’età è ancora lucido e ci tiene a fare qualche passo fuori casa. Fino a un paio d’anni fa andava ancora a funghi».
La donna racconta di un rapporto molto stretto: «Dopo la morte di mia madre mi sono sempre occupata io di lui. È presente a se stesso e nonostante l’età pratica ancora la bicicletta assistita in casa per muoversi un po’. A dicembre compirà 100 anni, il sindaco di Belgioioso vuole conferirgli una benemerenza per essere l’unico centenario del paese».
Il malessere arriva durante la camminata: «D’improvviso mio papà si accascia. L’ambulanza lo trasporta al San Matteo, dove gli diagnosticano l’infarto, non operabile a causa dell’età. Per mancanza di posti rimane al pronto soccorso. Questo non è un trattamento al livello della tanto osannata sanità lombarda».
A spiegare la situazione è il primario del reparto, Stefano Perlini: «Se un malato entra in ospedale viene curato, qualunque sia il reparto – argomenta il primario – il numero dei posti letto del policlinico non è infinito, ma ciò non vuol dire che i pazienti non ricevano attenzione anche al pronto soccorso. Se il loro numero cresce si attendono dei letti disponibili per trasferire i malati dal pronto soccorso, dove si trovano un certo numero di pazienti. Tutto ciò senza venir meno alle attenzioni rivolte».
L’uomo è entrato in ospedale per un infarto non stemi, che secondo la letteratura medica prefigura un quadro clinico meno grave di altre patologie che colpiscono il cuore. Mercoledì il tentativo di trasferimento alla clinica Città di Pavia: una pratica consolidata nel trattamento dei malati in grandi ospedali, che in certe occasioni si appoggiano a strutture minori per garantire un posto letto al malato, come in questo caso.
Alla Città di Pavia, però, l’anziano non è stato ricoverato. Secondo quanto riferito dall’istituto clinico del Gruppo San Donato, il paziente è stato visitato dal cardiologo, che ne ha constatato condizioni le critiche: quelle che avrebbero motivato il rientro al policlinico, più attrezzato per i casi urgenti. «Dopo circa un’ora – prosegue la donna – viene di nuovo riportato al Dea, come se mio padre fosse un pacco postale».
Il ricovero, alla fine, è arrivato solo venerdì: «Mio padre è stato trasferito in reumatologia – continua Marisa C. – quasi una settimana dopo il suo ingresso in ospedale, perché era l’unico letto in quel momento disponibile, dicendomi però che avrebbe comunque ricevuto le cure cardiologiche».
Il primario del San Matteo aggiunge: «Se ci fosse stato posto in cardiologia – aggiunge Perlini – sarebbe stato ricoverato lì. Ma reumatologia, che ricade all’interno dell’ambito della medicina interna, è un reparto altrettanto adatto per assistere il paziente con un quadro clinico e un età come quella del malato in questione: ci sono professionisti e competenze per fornire le giuste cure in ragione dei posti disponibili in quel momento. Si tratta di gestire in modo intelligente le risorse disponibili in struttura. Voglio ripeterlo: in qualsiasi area dell’ospedale si trovi il paziente, il processo di diagnosi e cura non viene mai meno». —