Nei giorni di Pitti le bizzarrie della moda: tra sconosciuti "agghindati" e giardini "provvisori"
Si proietta a lungo nel futuro la sperimentazione e l’apertura al nuovo, la ricerca di una produzione ecologica e meno impattante grazie a Sustainable Style
Firenze I giorni di Pitti, a Firenze, si riconoscono. Sono i giorni in cui la città si veste a festa e respira quell’aria lieve che sa di bollicine e gemelli ai polsi, con allestimenti temporanei e party esclusivi disseminati per le vie del centro. È la celebrazione degli abbigliamenti bizzarri, dei colori sgargianti, di baffi impomatati e visitatori azzimati da tutto il mondo. È un momento di leggerezza ma allo stesso tempo molto concreto: sbaglia chi confonde Pitti con la fiera delle vanità.
Perché in questa kermesse sicuramente originale ed estrosa, farcita di sconosciuti agghindati per agguantare una carriera da influencer, uomini elegantissimi che rimangono perfetti anche sotto il solleone di questo perfido giugno, baci al vento e cocktail fantasiosi si respira la forza di un brand capace di riunire i più importanti attori del settore, che qui intessono relazioni, stabiliscono collaborazioni professionali, fanno emergere qualità e creatività, mettendo in moto un settore di grande importanza economica e sociale per il territorio e per il Paese. Perché la moda è innanzitutto un ponte, quello tra l’artigianato di qualità e l’arte di esprimersi, la capacità di trasmettere parte di sé nel modo in cui ci si veste, riuscendo a coniugare come poche attività l’alta qualità manifatturiera e la capacità immaginifica.
Lo stile, la stravaganza, l’eccesso sono solo uno dei tanti volti di un settore capace di esprimere realtà di spessore come Stefano Ricci, che celebra quest’anno il mezzo secolo di vita e in cui lavorano più di duecento persone solo a Firenze, o Roy Roger’s, che da settant’anni produce denim di alta qualità, i primi in Italia, e che alla cena di apertura della fiera ha ritirato il premio Pitti Immagine 2022.
E se l’omaggio di Pitti alla città è provvisorio quanto il giardino all’italiana allestito lungo via Tornabuoni – c’è perfino un piccolo labirinto davanti all’ingresso di palazzo Strozzi – si proietta a lungo nel futuro la sperimentazione e l’apertura al nuovo, la ricerca di una produzione ecologica e meno impattante grazie a Sustainable Style.
Il progetto espositivo, grazie al quale è stata selezionata una decina di nuove realtà produttive giovani e internazionali, ha una funzione di scouting ma anche di proposta per i grandi brand di possibili soluzioni sostenibili ed ecologiche, oltreché stilisticamente originali. Meno chimica nella scelta dei colori, maggiore riciclo di tessuti e filati, attenzione al packaging: ci si può leggere una tendenza passeggera, ma in realtà sono passi importanti verso una produzione più attenta all’ambiente.
E che coinvolga un’arte considerata effimera come la moda dovrebbe fare riflettere.