Draghi, Scholz e Macron a Kiev: “Vogliamo l’Ucraina nella Ue”
I tre leader nella capitale ucraina per sostenere la sua candidatura all’Unione e fermare la guerra. Visita a Irpin dopo l’occupazione: «Il mondo è dalla vostra parte»
INVIATA A KIEV. Per dirla con le parole del cancelliere tedesco, la visita a Kiev dei tre più autorevoli leader dell’Unione europea non doveva essere solo l’occasione per una foto. Draghi, Macron e Scholz non sono arrivati a mani vuote dal presidente Zelensky. In coro, con un viaggio storico nel Paese in guerra, hanno promesso il loro impegno a sostenere la candidatura dell’Ucraina nella Ue. Dandosi da fare a cercare la maggior unità possibile tra i 27. Sottinteso: provando a persuadere anche gli scettici, dai Paesi nordici, Finlandia e Danimarca in testa, agli insospettabili come il Portogallo. «State sostenendo la decisione più importante dei primi trent’anni del 21° secolo», ha detto il presidente ucraino. Proprio oggi, la Commissione europea è chiamata a dare il suo parere sulla richiesta di adesione di Kiev, un primo passo per la decisione del Consiglio Ue del 23 e 24 giugno.
Il viaggio di ieri aveva dunque i contorni di un appuntamento storico. Una di quelle date scelte con accuratezza e cariche di significato simbolico. Un segnale di compattezza europea, smorzando le tensioni precedenti, contro l’arroganza devastante e mortifera di Putin: «Insieme fino alla vittoria», ha sentenziato con uno slogan Macron, per fare ben capire che auspica una vittoria militare, e non è il momento di trattare. Il francese doveva lasciarsi alle spalle le dichiarazioni precedenti, a suo giudizio fraintese, sull’opportunità per Kiev di sedersi al tavolo con Mosca: «Solo l’Ucraina può decidere il tipo di pace che considera accettabile, le condizioni e le modalità per uscire dalla guerra». Il premier draghi ha rincarato la dose: «Una pace giusta e duratura, perché Kiev difende per tutti i valori che sono a fondamento del progetto Ue, a partire dalla libertà».
Sono arrivati tutti insieme in treno dalla Polonia i tre leader, perché lo spazio aereo ucraino è chiuso ai voli. Tra le foto memorabili, soprattutto quella di Scholz in camicia a maniche corte, che ha scatenato i meme sui social tedeschi («perché si è vestito da tranviere?», ha scritto qualcuno), le ore di trasferta sono state l’occasione per un vertice notturno congiunto Italia-Francia-Germania. Una volta a Kiev, a Draghi, Macron e Scholz si è unito il presidente della Romania, Klaus Iohannis, invitato dal francese soprattutto per parlare dei corridoi del grano. Più volte, sui cieli della capitale, sono risuonate le sirene anti-missile, e la memoria è subito tornata indietro alla visita del segretario Onu Guterres, quando la capitale ucraina era stata attaccata dai missili russi.
Arriva il momento della foto di famiglia nella cornice barocca del Palazzo Mariinskij. Ad accogliere il gruppo è il presidente Zelensky, rigorosamente in maglietta verde militare. Strette di mano (calorosa con Draghi, più tiepida con Scholz) e abbracci (con Macron). Poi i tre hanno potuto toccare con mano la distruzione che Mosca ha compiuto a pochi chilometri dalla capitale, in una delle città che per buona parte dovrà essere ricostruita e che è diventata un simbolo della morte dei civili innocenti e dei crimini di guerra: Irpin. «Ho sentito l’orrore tra le macerie, ma ho intravisto anche la speranza», ha detto Draghi, «per il futuro che attende questo Paese, coraggioso come il suo leader». Poco dopo le 13, i leader si sono seduti al tavolo con Zelensky, per due ore di colloqui. «L’Italia dà il suo appoggio incondizionato, vogliamo l’Ucraina nella Ue», è stato il messaggio di Draghi. A prezzo di «riforme profonde, un cammino che la vostra società deve intraprendere per cambiare».
Scholz ha calcato lo stesso sentiero, ribadendo che Kiev è già parte della famiglia Ue, ma ha ricordato anche come tanti Stati balcanici sono da anni in attesa di aderire all’Unione. Alzare la bandiera a dodici stelle su Kiev, da sola non costringe il Cremlino a ritirarsi. Ma Italia, Francia e in coda la Germania, dopo settimane di tentennamenti, hanno promesso a Kiev un sostegno, perché la priorità ora è difendersi dalle truppe di Mosca, continuare la controffensiva nelle zone chiave. In particolare, il francese ha insistito sul punto annunciando la consegna di sistemi di artiglieria: sei obici Caesar da 155 mm in uso in prima linea. Sul tema armi, il tedesco è rimasto nelle retrovie: «Continueremo a fornire armamenti, addestreremo i soldati ucraini», è stata la sua frase piuttosto sibillina, nessun accenno ad armi pesanti che Kiev chiede da tempo. Tanto che Zelensky, dopo il meeting, si è detto «fermamente convinto che la Germania sarà d’aiuto nel venire incontro alle necessità di sistemi di difesa aerea».
Al momento delle dichiarazioni finali, il premier italiano è parso senz’altro il più deciso, come mancava di sottolineare ieri la stampa ucraina: «È un politico esperto, l’impressione è molto positiva». Per lui, infatti, ben poche le domande scomode. Che sono invece toccate a Macron, arrivato a Kiev con il fardello di dover giustificare i tentativi di un dialogo aperto con Putin: «È necessario tenere un canale con Mosca, anche solo per sbloccare la fuoriuscita dei cereali», si è difeso il presidente francese. Il rumeno Iohannis ha snocciolato i numeri che dovrebbero consentire la ripresa dell’esportazione del grano: il flusso raddoppierà presto, dall’Ucraina verso Occidente, attraverso il porto marittimo di Costanza e quelli fluviali del Danubio, per 1 milione di tonnellate oggi bloccate. La giornata carica di significato politico sta per volgere al termine. Tocca a Zelensky il saluto finale: «Sono molto soddisfatto dell’unità dell’Europa. La Russia oggi non vuole la pace», dice. La guerra sembra, dunque, destinata a prolungarsi, almeno per ora. A prezzo delle vite di centinaia di militari e di civili al giorno.