Caso Wärtsilä, l’abbraccio di Trieste: «In quindicimila per il lavoro»
Un fiume di gente ha invaso il centro per opporsi alla chiusura dello stabilimento e ai licenziamenti. Sul palco bandiere a lutto: «Pugnalati alle spalle i lavoratori di un Paese intero»
TRIESTE. Trieste c’è, con la testa, la voce, il cuore, la rabbia, la dignità, la solidarietà. La città risponde all’appello e sceglie di esserci in massa, di farsi vedere e sentire, di stringersi ai lavoratori con un abbraccio grande quanto 15 mila persone. Un fiume di gente, quello che ha invaso le vie del centro, dal Foro Ulpiano a piazza Unità, per dire a gran voce che la gloriosa Grandi Motori, poi Wärtsilä, «non si tocca».
La città - quella no - non ha tradito i lavoratori, dando vita a un corteo tanto sentito da essere, molto probabilmente, il più trasversale che da queste parti si ricordi: destra e sinistra, industriali e operai, cattolici e non, la Diocesi e le anime arcobaleno, giovani e vecchi, fabbrica e palazzo. Questo sabato, 3 settembre, a Trieste c’erano davvero tutti, per provare a lanciare, insieme, una pietra contro quel Golia venuto dal Nord e deciso a sbaraccare senza dare troppe spiegazioni.
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Per Fim Cisl, Fiom-Cgil e Uilm, che hanno promosso l’iniziativa, è stato un «grande successo, con presenze superiori alle aspettative. Qui siamo in 15 mila. Qui si gioca una battaglia nazionale. Qui si difendono gli interessi di tutto il Paese». Per la Questura i partecipanti sono un po’ meno, 12 mila, ma alla fine conta poco. Conta che in un soleggiato sabato di settembre una città si sia mossa, rispondendo all’appello dei sindacati, ma anche delle Istituzioni, delle associazioni e delle categorie, per dire a Wärtsilä che quei 451 dipendenti, cui si sommano altrettanti addetti se si include l’indotto, non sono e non saranno soli.
D’altronde i tre gonfaloni posizionati sul palco in piazza Unità, alle spalle dei segretari nazionali dei metalmeccanici che chiudono il corteo, in serata, incitano a difendere il lavoro, parlano chiaro. Uno è del Comune di Trieste, un altro di Muggia, un altro ancora di Confindustria. «Il gonfalone degli Industriali su un palco sindacale non si era mai visto», commenta dal palco Fabio Kanidisek, Rsu Fim Cisl, cui viene affidato il compito di aprire gli interventi e metterli in fila, mentre in piazza si aggira, in t-shirt bianca e jeans, il presidente di Confindustria Alto Adriatico, Michelangelo Agrusti, vicino alla battaglia sin dall’inizio, e mentre su piazza Unità si affacciano i rimorchiatori del Porto, che azionano le sirene. Ma questa è solo la coda.
La manifestazione ha inizio alle 16.30. Il ritrovo è in Foro Ulpiano. All’incrocio tra via Cicerone e via Giustiniano si raccolgono i rappresentanti politici e istituzionali, le autorità civili e religiose. Arriva il sindaco Roberto Dipiazza con il fido cane Ted, e poi tutti gli altri sindaci del territorio: divisi da appartenenza politica, ma questa volta uniti dalla stessa fascia tricolore in difesa dei lavoratori e del futuro industriale del territorio. E non ci sono solo i triestini, ci sono pure i primi cittadini di Monfalcone, Ronchi e San Canzian d’Isonzo, a portare la solidarietà dell’Isontino. C’è la Regione, la Chiesa con il vescovo Giampaolo Crepaldi, le catogorie e le rappresentanze, e la politica tutta. O quasi. Non passa inosservata l’assenza del ministro triestino pentastellato Patuanelli, che sceglie di non esserci dopo aver criticato i politici che «fanno passerella». Ma a “fare passerella” in realtà ci sono tutti, compresa la sua (da poco) ex collega di partito deputata Sabrina De Carlo. I partiti non mancano, dal livello nazionale a quello locale.
Il corteo parte alle 17. Alla testa i tre segretari provinciali di Fiom-Cgil, Fim Cisl e Uilm, Marco Relli, Alessandro Gavagnin e Antonio Rodà, con le bandiere delle sigle sindacali. Segue lo striscione “Industria è futuro”, un altro con “Wärtsilä Trieste non si tocca”, “I motori a Vasa e noi tutti a casa”. Ed è un fiume umano accompagnato da fumogeni colorati e tamburi. Ci sono i lavoratori di “Wärtsilä, ovviamente, anche quelli delle altre sedi italiane di Genova e Napoli. Ci sono i dipendenti di Fincantieri, di altre aziende triestine in crisi come Flex, della pordenonese Electrolux e di altre realtà friulane e venete. Ci sono le bandiere di tutti i sindacati, dell’Ugl e Rifondazione, dei portuali e del colorato e rumoroso collettivo che lancia il motto “Insorgiamo”. Ci sono i ferrovieri, ma anche “Trieste in lambretta” con il suo striscione, e le pensionate della Grandi Motori.
Si arriva in piazza Unità, in parte occupata dagli stand del Market Fair: scatta la chiusura del tratto delle Rive di fronte a piazza Unità. Sul palco, un Tricolore, una bandiera della Regione e l’alabarda listate a lutto con dei nastrini neri. Dalle 18.15 alle 19 si alternano i tre segretari nazionali dei metalmeccanici con i lavoratori. Inizia un lavoratore “Wärtsilä, Critiano Visentin, che si commuove, quando ringrazia la città e chiede che lo stabilimento non chiuda. Poi è la volta di Michele De Palma, segretario nazionale Fiom, che definisce la partecipazione di popolo «straordinaria» e si appella al Presidente Mattarella, perché «la partita è appena agli inizi».
Lorenzo Urbani, lavoratore dell’appalto, precede il numero uno della Uilm, Rocco Palombella, che dice che «da qui parte una battaglia di tutti, non solo di Trieste» e ricorda che i motori coreani non devono partire, «devono rimanere qui». Il lavoratore portuale Nikel Epote porta la solidarietà di tutti i lavoratori, e Roberto Benaglia (Fim) sottolinea quanto la «solidarietà sia un bene prezioso», per contrastare le scelte di «una multinazionale sbagliata. Questa è una battaglia per il futuro del Paese».