Mustafa, la nuova vita con le protesi italiane: “Sogna di camminare”
Il bimbo siriano lanciato in aria dal padre nella foto simbolo sarà curato a Budrio
BUDRIO (BOLOGNA). La conferenza stampa che annuncia l’arrivo di Mustafa e l’inizio delle cure che proveranno a dargli delle protesi, viene disturbata continuamente. È il bimbo di sei anni che gira in skateboard per la sala. Per un attimo riesce anche a stare in braccio, poi dice: «Voglio lo skate». Suo padre Munzir chiede spiegazioni all’interprete, che sospira e ridà la tavola al bimbo. Il sindaco di Budrio, Debora Badiali, dice che questa cittadina bolognese «ha la dimensione giusta per restituire normalità alla famiglia». Simona Amadesi, portavoce del Centro Protesi dell’Inail di Vigorso (eccellenza nazionale a due chilometri da qui), spiega invece che saranno molti medici a valutare come procedere, perché «con le protesi, Mustafa, non deve ricominciare a camminare o a mangiare. Deve imparare a farlo. Evolvere dalla condizione in cui è nato», cioè con gli arti atrofizzati a causa delle armi chimiche da cui fu colpita la madre incinta. Poi, si sente: «Ciao a tutti!». Mustafa è sotto le sedie in platea. Tutti lo adorano. Suo padre resta serio: Munzir in arabo significa «ammonitore».
Il primo a iniziare un percorso di cure sarà lui, la prossima settimana. Nel 2016, ha perso la gamba destra in un bombardamento a Idlib, la loro città di origine in Siria. Per questo, il 35enne Munzir tiene la stampella appoggiata al fianco mentre alza il figlio, nella foto simbolo in cui il turco Aslam Mehmet li ha ritratti in un campo profughi. Quello scatto ha vinto il Siena International Photo Award 2021 e ha fatto il giro del mondo, innescando una gara di solidarietà, che ha permesso alla famiglia siriana di arrivare al centro Caritas di Siena. Da lì, nelle scorse ore, grazie alla Città Metropolitana di Bologna e la cooperativa Cidas sono statiportati a Budrio. «Sono così grato all’Italia, ci avete dato una casa dove costruire una vita», dice appena arrivato in Emilia papà Munzir. E aggiunge: «Spero solo che Mustafa torni a camminare». In famiglia sono sei. La mamma Zeynep (26 anni), le sorelle Nur e Sajida (4 e 2 anni), e la nuova arrivata Maria, nata a giugno. «I bambini siriani sono come figli miei. Noi siamo feriti e loro lo sono come noi», dice Zeynep, «bellezza» in arabo, a una giornalista.
Il turno di Mustafa con le protesi arriverà tra un mese. La sua malattia si chiama «tetra-amenìa» e può derivare dal gas nervino usato nei bombardamenti e inalato dalla madre in gravidanza o dai farmaci che le hanno dato. «Bisogna capire qual è la necessità - ragiona ancora la portavoce del Centro Inail - In ogni caso, sarà un’attenzione personalizzata». Mustafa in arabo significa «il prescelto».