Caro bollette, parrocchie nei guai: senza aiuti dai fedeli sarà chiusura
foto da Quotidiani locali
Meno (o zero) riscaldamento durante le funzioni, orari e giornate concentrate per il catechismo e le attività ricreative, richiesta di compartecipazione della comunità (raro), monitoraggio dei costi ed, eventualmente, interventi più drastici in corso d’opera.
Anche le parrocchie – che significa chiese, oratori, catechismo, doposcuola, canoniche – sono alle prese con le bollette energetiche lievitate a fronte di due anni, quelli del lockdown, di mancate entrate.
Prime riunioni per organizzare il catechismo, a Borgomeduna: il parroco don Claudiu Vàcaru ha anticipato che il gas, con la liberalizzazione di ottobre, passa da 0,20 euro a 2,5 al metro cubo.
Le famiglie sono state avvisate dell’intenzione di chiedere un contributo per accendere il riscaldamento in oratorio per garantire il catechismo, concentrandolo in determinate ore e giorni. Una valutazione analoga è in corso per il doposcuola.
«È un disastro», premette don Daniele Fort, parroco di Porcia. «Le bollette del gas di chiese e oratorio, relative a dicembre, gennaio e febbraio erano passate da 11 mila a 32 mila euro: a febbraio, dunque, avevamo chiuso il contatore e cercato un altro gestore».
Ora il problema si ripresenta: «Adotteremo le misure del Governo, concentreremo le attività per accendere il meno possibile il riscaldamento, riducendo gli orari».
La gente dovrà andare in chiesa con guanti e cappotto? «Di più non possiamo fare. Ci mancano due anni di offerte, ma abbiamo comunque dovuto pagare le spese. Un esempio? 2 mila 400 euro di Tari, calcolata anche sul campo di calcio».
E pensare che «avremmo avuto la possibilità di usufruire del tetto dell’oratorio per il fotovoltaico, ma la Sovrintendenza ce lo proibì per la vicinanza al Rio Bujon! Per noi è stato un danno di 300 mila euro. E adesso non abbiamo soldi per farlo».
Don Italico Josè Gerometta gestisce nove parrocchie montane, una ventina di chiese, la sala parrocchiale di Clauzetto (la cui canonica è l’unica dotata di fotovoltaico) e il centro di aggregazione giovanile di Anduins che accoglie la scuola di musica Santa Margherita.
«Non chiederò soldi alle famiglie perché sono alle prese con gli stessi problemi e, siccome ci sarà sempre qualcuno pronto a polemizzare tirando fuori le solite sciocchezze sul Vaticano pieno di soldi, accenderemo il riscaldamento sinché ne avremo la possibilità. Poi mostreremo i bilanci».
Durante l’estate le offerte sono aumentate grazie al turismo e «questo ci permette di affrontare i prossimi mesi senza angoscia. È un’esperienza di grande crisi che siamo chiamati a vivere tutti insieme: è un anno di prova, vediamo come va, poi eventualmente interverremo. Se finora si accendeva il riscaldamento due ore prima, vorrà dire che lo faremo mezz’ora prima sino a metà messa».
La diocesi «sta valutando quali possono essere ulteriori risparmi», dice l’economo Giorgio Ros. «Dobbiamo capire che se si tratta di una situazione transitoria, che allora potremo recuperare nei prossimi anni, o strutturale, navigando a vista e rispettando le direttive del Governo». Ogni parrocchia agisce in autonomia, «tutte registrano una crescita dei costi, ma non delle entrate. C’è un delta da coprire».
Perché la maggior parte delle realtà è priva di energia alternativa. Eccetto il seminario, che si è dotato alcuni anni fa di fotovoltaico.