Caro bollette: in Friuli un artigiano su quattro è a rischio
foto da Quotidiani locali
Il caro bollette si abbatte come un tornado sul mondo artigiano. Stando a una recente indagine effettuata dall’Ufficio studi di Confartigianato-Imprese Udine, l’89% degli intervistati ritiene che l’incremento dei costi energetici rappresenti una seria minaccia per la sopravvivenza dell’azienda, con il 28% (uno su quattro) che ipotizza, entro la fine dell’anno, di dover fermare la produzione o sospendere l’attività.
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Un quadro fosco quello tratteggiato, ma non per questo privo di speranza. Come già accaduto in passato, dalle situazioni più difficili i friulani trovano la forza per ripartire e cogliere nuove opportunità.
Vanno lette in tal senso le scelte di mettere in atto azioni per risparmiare energia, e di programmare investimenti per migliorare la classe energetica di stabilimenti e macchinari.
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L’indagine flash compiuta da Confartigianato tra la fine di settembre e i primi giorni di ottobre, prende in esame un campione di 76 imprese attive in provincia di Udine, per la gran parte (circa il 70%) operanti nei settori più colpiti dal caro bollette, e nello specifico alimentare e bevande (panifici, pizze al trancio, pasticcerie), manifatture e subforniture (metalmeccanica, materie plastiche, gomma, carta, chimica) e legno-arredo.
Dai dati raccolti, emerge come l’incremento dei prezzi, rispetto ai livelli pre-pandemia (2019), sia stato maggiore per l’energia elettrica, con una crescita media del 166%, ma con casi limite fino al 500%. Nove imprese su dieci (86,7%) denunciano un incremento delle bollette elettriche superiore al 30%, quasi la metà (45%) aumenti sopra il 100%.
Per i settori artigiani più energivori, gli aumenti toccano quota 212% per alimentare e bevande, 200% per manifatture e subforniture, 180% per legno-arredo.
Al secondo posto per crescita delle tariffe, c’è il gas metano, con un incremento medio del 129%. Nove imprese su dieci (87,2%) denunciano una crescita delle bollette del gas, rispetto ai livelli pre-pandemia (2019), superiore al 30%, quasi quattro su dieci (38%) sopra il 100%.
In questo caso, il più colpito è il settore delle manifatture e subforniture (+215%).
Come già anticipato, la gran parte degli artigiani ritiene tali indicatori una seria minaccia per la sopravvivenza dell’attività, a tal punto da aver già immaginato fermi produttivi e l’impiego della cassa integrazione.
Meno di un’azienda su tre parla apertamente di tagli al personale. Nonostante tutto, solo il 7% degli intervistati può ritoccare i prezzi di vendita dei prodotti.
Una situazione che finisce per erodere del tutto i margini di profitto, fino al punto di rimetterci, mettendo quindi a rischio l’esistenza stessa dell’azienda.