A Mestre chiude Semenzato Tappezzieri e trasferisce l’attività online
Si spegne un’altra vetrina storica, che tramandava il sapere artigiano da ben sette generazioni. Il titolare: «Costi troppo elevati, fornirò i miei servizi su richiesta, a chiamata
È uno dei negozi storici della città, che trasmette il sapere di padre in figlio, da ben sette generazioni. Ma ha deciso, dopo un periodo di riflessione, di chiudere (entro l’anno), e come fanno in molti, trasferirsi online, lavorando a chiamata.
Aperti dal 1858
Stiamo parlando di Semenzato Tappezzieri, negozio di via Slongo, a due passi dalla piazza, che tramanda l’antico sapere di un mestiere in via di estinzione, addirittura dal 1858, epoca cui risale l’inizio dell’attività storica. Federico, e poi nonno Bruno, classe 1915, tutti con le “mani d’oro”.
Prima il laboratorio in via Manin, successivamente in via San Girolamo, dal 1936 la storica sede di viale Garibaldi, dove hanno lavorato bisnonno, nonno, figli e poi cugini nipoti e bisnipoti.
«L’artigiano classico scompare»
«Oramai questo non è più un mercato adatto all’artigiano classico che si occupa del mobile antico. Continuerò a fare il mio lavoro senza una sede fisica, un negozio di vicinato in cui venirmi a trovare».
Sono in pochissimi a conoscere i tessuti, la loro provenienza, le trame, a saper lavorare con le mani e produrre rivestimenti. Tutti diversi, tutti unici. Poltrone, divani, sedie, tende, ma anche interi rivestimenti di pareti, letti, imbottiture.
Luca Semenzato fornisce consulenze per aziende, privati, viene chiamato quando si tratta di lavori che richiedono competenze specifiche che più nessuno possiede. A Mestre i tappezzieri si contano sulle dita di una mano.
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La sede? Troppi costi
Ma mantenere una sede fisica, è diventato costoso oltre che un’impresa, fa capire. Perché gli affitti sono elevati, 2.500 euro per 90 metri quadri, le bollette lievitano e la gente non spende più, ma acquista prodotti preconfezionati: difficile che due sposini facciano tappezzare l’appartamento.
Per questo lavorerà su commissione, a casa dei clienti che lo chiamano e si trasferirà online.
«Le industrie non trovano manodopera da istruire, i tappezzieri non esistono più» racconta. Chi, oggi, sa costruire prototipi di letti divani e sedie? Parole come cinghie di iuta, molle e stoppaccio di lino greggio battuto, bambagia di cotone, sono sconosciute.
Eppure dietro ci stanno decenni di esperienza. Mani che si muovono come quelle di un direttore d’orchestra, materiali costosissimi.
«Il linaccio è introvabile. Io stesso non potrei essere mio cliente, costa troppo. Chi ritappezza un salotto oggi? Chi sa cos’è un cassone elastico?».
Eppure, fa la differenza. Semenzato è cresciuto con il nonno in laboratorio, ha iniziato a guardarlo a soli 3 anni, a 11 già passava le estati con gli operai.
Trasferimento in Brianza
Sua moglie, Alessandra Casagrande, sta aprendo un atelier in Brianza: «Li esiste ancora la tradizione del tappezziere che fa i lavori a casa» racconta. Insomma, Semenzato lascia via Slongo, delocalizza in Brianza e si trasferisce online, lasciando la città più povera. —
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