Trieste, parla il direttore del Loft colpito al viso: «Mi ha sfregiato con una bottiglia di vetro rotta»
Dagostini, direttore del Loft di via Economo, ora ha 41 punti sul viso. L’aggressore è stato arrestato
TRIESTE «Quell’uomo è entrato nel locale quando ormai stavamo chiudendo. Non c’erano più clienti, le luci erano spente. Lui era in silenzio, sguardo fisso, minaccioso. Gli ho detto che dovevamo chiudere... ma all’improvviso è venuto dietro al bancone e mi ha tirato una bottiglia in faccia. Poi ne ha presa un’altra, l’ha rotta sfregiandomi il viso».
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Massimo Dagostini, 48 anni, direttore del Loft di via Economo, ora è a casa con quarantuno punti al volto. Il taglio gli ha reciso l’arteria facciale, ha perso sangue. Giura di non aver mai visto prima l’aggressore: «Non è un nostro cliente. Era alterato, non so se dall’alcol o da chissà cos’altro. Desiderava solo fare del male».
L’episodio si è verificato la notte del 16 dicembre, poco dopo le due. L’uomo che ha ferito Dagostini è Alessandro Janos Chialà, 38 anni, originario di Roma. Incensurato, laureato e con un recente passato da giornalista e fotografo, così ha detto.
Dopo l’aggressione è fuggito in via Economo, buttando a terra i motorini e nascondendosi in un condominio. In piena notte. Per fortuna non ha incrociato nessuno in strada. Avrebbe potuto fare del male ancora. Quando è arrivata la polizia ha tentato di ferire gli agenti con la stessa bottiglia di vetro rotta. È stato arrestato e portato in carcere. Ha trascorso qualche giorno in cella, ora è ai domiciliari.
Durante l’interrogatorio del gip Massimo Tomassini, in cui si è apparso sinceramente pentito, si è giustificato dicendo di essere andato fuori di testa durante il Covid e i mesi di isolamento, iniziando a bere. Una condizione che ha comportato un «disastro» alla sua vita professionale e personale, facendo crescere in lui «disagio e rabbia». L’indagine è affidata al pm Pietro Montrone.
Dagostini, cosa ricorda?
Stavamo chiudendo il locale. Quell’uomo è entrato con uno sguardo cattivo, fisso, senza dire una parola, venendo verso me e il mio collega. Gli abbiamo detto “guarda che è chiuso...”, ma lui è andato dietro al banco, ha afferrato una bottiglia e me l’ha tirata in faccia a distanza di due metri. Poi ha preso un’altra bottiglia, l’ha spaccata sul bordo del banco, e mi ha tagliato il viso. Non so se era ubriaco o se aveva assunto sostanze.
Dopo cosa è successo?
Io perdevo sangue, ma assieme al mio collega sono riuscito a farlo uscire. Abbiamo chiamato la polizia e quell’uomo è fuggito scappando lungo via Economo in un condominio e bussando alle porte. Una situazione pericolosa per chiunque fosse passato di lì.
Lei come sta?
Sono a casa con la benda e prendo antibiotici, cerco di riposare ma mi sveglio spesso di soprassalto. L’aggressione potrebbe avermi creato un trauma anche di tipo psicologico. Ho davanti agli occhi il modo in cui questa persona mi guardava.
Ha danni permanenti al volto?
Deve essere accertato. Adesso ho ancora il viso gonfio, bisogna aspettare per capire. Il chirurgo però ha dovuto ricostruire un pezzo dell’arteria facciale che è stata tranciata. Comunque una cosa del genere poteva capitare a chiunque, a qualsiasi persona che fa il mio stesso mestiere.
Cosa si sente di dire?
È una vita che faccio questo mestiere, conosco le dinamiche... quando sei in chiusura pensi solo a finire di pulire e andare a dormire, non pensi a cosa può succedere. L’invito che rivolgo ai colleghi è di fare sempre molta attenzione. —
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