«Ogni amicizia ci trasforma»: le occasioni di Gaia Manzini
PAVIA. Gaia Manzini è nata a Milano, è emigrata a Roma per lavoro e per amore, e ora vive a Pavia (in fondo un po’ per le stesse ragioni). Nel suo nuovo romanzo La via delle sorelle (Bompiani) da oggi in libreria, ripercorre e riallaccia i legami che l’hanno accompagnata (finora) in questo viaggio. In quello che, usando le parole di Helena Janeczek, appare come «un’educazione sentimentale attraverso i legami con le amiche». Per ogni donna un rapporto di amicizia può imprimere una direzione all’esistenza intera, indicare una strada.
Le amicizie hanno il potere di trasformarci?
«In queste pagine sono confluite tante amicizie, tutte o quasi quelle che ho avuto – racconta Gaia Manzini – . Alcune legate a un solo momento della vita, altre trentennali e ancora in corso. Ho molto sperimentato e, attraverso alcune amicizie, mi sono trasformata in tante me stessa, alla ricerca di un mio ritratto più definito».
Possiamo definirlo un libro autobiografico?
«Se si vuole dare una definizione editoriale è più vicino a quello che viene chiamato personal essay, un ibrido, uno stile non definito. Un lavoro in cui a una vicenda che attinge alla biografia dell’autore si accostano parti di sapore saggistico».
Ai legami con Frida, Ilaria, Viola si alternano infatti quelli tra Sylvia Plath e Anne Sexton, Lalla Romano e Nella Marchesini. E poi Antonia Pozzi. Come sono state scelte?
«Scrittrici, artiste, alcune le ho incontrate. Ad esempio studiando Antonia Pozzi, che in vita non ha pubblicato un solo verso, mentre sono state le sue amiche a consegnarla alla storia e all’eternità. Ne ho esaminate tante ma ho scelto quelle che mi sembravano portatrici di alcuni temi, pazzia, morte. Io viaggio tantissimo per associazioni di idee. Dopo che parlo di me devo trovare altro, cambiare discorso per non perdere il filo, mescolando i piani. E’ un esercizio di pudore».
Leggo dal suo libro: la scrittura è una finestra da cui guardare oltre.
«Ti costringe a mettere a fuoco le cose successe, strette dentro una contingenza, e le emozioni che ne derivano. E’ sempre difficile valutare, da un punto letterario, quello che accade mentre sta accadendo. E quindi mentre scrivi guardi oltre. Non è mai una fotografia esatta. In quel leggero scarto si racconta addirittura una maggiore verità, si mette a fuoco con la distanza. Ogni donna ha ferite che si accumulano, ma a distanza di tempo non fanno più male».
L’amicizia è una forma di amore?
«E’ una forma di amore non canonizzato. Non come quello di una coppia da cui ci aspettiamo codici comportamentali, matrimonio, promesse. L’amicizia è più duttile, può conservarsi anche se ci si ritrova a distanza di anni. Si può essere amici in tanti modi. C’è un affetto, un modo di riconoscersi reciprocamente, anche di soffrire insieme se si condividono esperienze forti, difficili».