Addio a Franco Rotelli, lo psichiatra che cambiò il modo di parlare ai “matti”
foto da Quotidiani locali
TRIESTE «Siamo “Matti” e hai difeso i nostri sogni. Hai abbandonato le regole a favore dei bisogni. A te, che combattendo le vecchie verità ci hai reso meno matti...perché matti in libertà. Grazie Franco». Firmato “I matti di Trieste”. Il saluto più bello a Franco Rotelli, scomparso giovedì mattina a ottant’anni dopo un mese a combattere contro la malattia, glielo hanno lasciato scritto a penna su un foglio bianco incollato al muro di via Imbriani, accanto al portone di casa, i suoi “matti”, quelli che lo psichiatra aveva imparato e a sua volta insegnato a trattare in modo nuovo, diverso.
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Si è spento nella sua casa a Trieste uno dei nomi di peso della psichiatria italiana, strettissimo collaboratore di Franco Basaglia, che lo volle accanto a sé per dare vita e concretizzare la rivoluzione - culturale, sanitaria, sociale - che partì da queste terre negli anni Settanta, abbattendo i muri dei manicomi e introducendo un nuovo modello di cura del disagio mentale, «un nuovo linguaggio per parlare dei matti e, soprattutto, con i matti, fatto di rispetto e umanità, delicatezza e contatto, privo di qualsiasi forma di presunzione e distacco che ci insegnavano a quei tempi all’università», ricorda, stretto nel dolore, un altro protagonista di quegli anni triestini, lo psichiatra Peppe Dell’Acqua, amico e collega.
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Gli inizi
Nato nel 1942 a Casalmaggiore, in provincia di Cremona, Franco Rotelli ha ricoperto per tutta la vita ruoli di vertice nella sanità a Trieste e non solo, da medico, dirigente e poi anche in politica. Che fosse un visionario sin da ragazzo lo racconta quella sua prima esperienza nell’ospedale psichiatrico giudiziario di Castiglione delle Stiviere, nel 1969, dove trasformò un reparto di internati in una comunità terapeutica con nuovi margini di condivisione, responsabilità e libertà, in un momento storico in cui il tema della cura del disagio mentale, per come l’intendiamo oggi, era davvero fantascienza.
Fu anche grazie a quell’esperienza che Rotelli arrivò a Trieste e che, nel 1971, la sua strada si incrociò con quella di Basaglia, che diede allo psichiatra - diventato primario con concorso a soli trent’anni - responsabilità crescenti all’interno dell’Ospedale psichiatrico di San Giovanni. Lo stesso ospedale del quale Basaglia, prima di trasferirsi a Roma, gli affidò la direzione nel 1979.
Rotelli diventò così direttore dell’ex Opp e poi, dopo il suo superamento, dei Servizi di salute mentale di Trieste; mantenne quell’incarico per oltre 15 anni, fino al 1995, con un ruolo da protagonista in quella conversione che spostò, dal manicomio al territorio, i servizi per la cura del disagio mentale, non senza difficoltà, non senza scontri politici, ostacoli burocratici e, soprattutto, culturali.
Il ricordo di Dell’Acqua
«Nessuno ci stese il tappeto rosso - commenta ancora Dell’Acqua, ricordando commosso l’amico -. Quando morì Basaglia era tutto da costruire, eppure ci riuscimmo. Franco fu un visionario, ma anche un uomo capace di un’interlocuzione paziente e convincente con la città e le istituzioni, anche quando in tanti ci remavamo contro. Lo fece pure negli ultimi anni, soffrendo come tutti noi nell’assistere al disinteresse di certa politica per i servizi di salute mentale e per la sanità pubblica».
Il trasferimento e il ritorno
Nel 1998 Rotelli venne poi nominato direttore generale dell’Azienda sanitaria di Trieste; incarico che ricopre fino al 2001, prima di trasferirsi in Campania, dove Antonio Bassolino lo volle alla guida dell’Azienda sanitaria Caserta 2. Lì rimase fino al 2004, quando tornò a Trieste, di nuovo come direttore dell’Azienda sanitaria, fino al 2010.
Quelli furono anche gli anni dei progetti di collaborazione con diverse zone del mondo dove Rotelli ha lasciato la sua impronta e quella delle rivoluzione basagliana, in particolare in America Latina. Poi la politica, con l’elezione con il Pd in Consiglio regionale, dal 2013 al 2018, da presidente della commissione Sanità e politiche sociali.
Gli ultimi anni
Negli ultimi anni, tra i tanti impegni e le varie pubblicazioni (“L’istituzione inventata. Almanacco Trieste 1971-2010”, in particolare), anche il lavoro su quell’archivio che vuole raccontare, a San Giovanni, la rivoluzione basagliana, e sul quale in molti chiedono investimenti e attenzione, per poter dare un seguito all’ultimo progetto di Rotelli. Quell’archivio situato a pochi passi dal roseto che, dicono gli amici più cari, come la psichiatra Maria Grazia Cogliati Dezza, era il suo posto: quello del cuore, dei ricordi; accudito e amato come una parte profonda di sé e della sua storia. E non potrebbe essere altrimenti, visto che la storia, personale e collettiva, è iniziata da lì.
Quest’anno, alla fioritura delle rose, tra qualche settimana, Rotelli non ci sarà, ma quel parco porterà sempre la firma sua e della squadra che restituì quel pezzo di città alla città, trasformando un luogo di sofferenza e isolamento in uno spazio di condivisione, di «benessere mentale collettivo», dice Dell’Acqua. «In una giornata così dolorosa - le parole di Cogliati Dezza - ricordiamo un uomo geniale e la sua lezione: prima di tutto vengono le persone. Non esiste salute senza sociale, senza presa in carico delle persone, delle loro fragilità. Lui aveva intuito l’importanza del diritto alla salute di tutti, da cui nacque il progetto delle microaree». I funerali si terranno sabato alle 11 nel comprensorio di San Giovanni. —