All’Idrovora Sacchetti il territorio raccontato tra atmosfere d’epoca e nuove tecnologie
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foto da Quotidiani locali
STARANZANO È immerso in un paesaggio di acqua e campi il Museo digitale della bonifica creato dalla Fondazione Carigo nell’Idrovora Sacchetti, collocata a poca distanza dal canale del Brancolo, e tuttora fondamentale per garantire gli equilibri idraulici di un bacino di 500 ettari, in cui si trova anche l’abitato di Marina Julia.
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La palazzina in laterizi dell’ex casa del custode, dove è stato ricavato il museo, messa a disposizione dal Consorzio di bonifica della Venezia Giulia, partner fondamentale dell’operazione di valorizzazione, guarda la costruzione in cui lavorano da un centinaio d’anni le tre pompe, originali, ma servite da nuovi motori elettrici.
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Il museo racconta la storia delle trasformazioni subite dal territorio coniugando il recupero della memoria, anche attraverso un ripristino rispettoso dell’immobile, con l’uso, curato dalla Ikon/Digital farma di Staranzano, delle nuove tecnologie. Come il “tavolo” touch screen che nella sala, a piano terra, a destra dell’ingresso, contiene una timeline interattiva che illustra l’evoluzione del territorio attraverso le opere di bonifica e uno schermo a parete che approfondisce il principali temi legati alla stessa. Sulle pareti la timeline si fa però “fisica”, accompagnata da immagini storiche, mentre l’altra sala, sempre a piano terra, conserva l’archivio documentale, con uno schermo touch a parete che guarda una scrivania in legno, coeva dell’immobile, risalente al 1925.
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Il racconto multimediale, ma anche attraverso grandi immagini e pannelli, delle trasformazioni del territorio affonda del resto le sue radici nell’azione di recupero degli archivi del Cbvg effettuato in collaborazione con la Fondazione 10 anni fa, in occasione del 140esimo della nascita dell’ente di bonifica. Al primo piano, raggiungibile anche attraverso l’ascensore che abbatte del tutto le barriere architettoniche, sei visori di nuovissima generazione raccontano però due esperienze che partono da più lontano. La prima, del tutto immersiva, come ha spiegato ieri l’amministratore di Ikon Enrico Degrassi, permette di ripercorrere 2 mila anni di cambiamenti del territorio, che via via passa dalla “silva lupanica” dei romani, così chiamata per la presenza dei lupi, a un presente in cui gli equilibri ambientali sono sempre più fragili, soprattutto in area costiera.
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La seconda permette di effettuare una visita virtuale della Riserva naturale isola della Cona, dove la Fondazione ha già creato un percorso raccontato georeferenziato nell’ambito del contenitore Isonzo Xr. Le storie degli uomini che progettarono e poi realizzarono le opere capaci di cambiare in modo radicale il paesaggio, ma anche l’economia dell’area, sono confluite così in un museo immersivo, ma anche nel circuito esterno nella campagna, accompagnato da uno storytelling georeferenziato. Il circuito di 7 chilometri parte dall’idrovora per dirigersi verso il Lido di Staranzano, deviando quindi verso il bosco degli Alberoni e quindi imboccando il percorso della ciclovia Fvg2 fino al parcheggio “dei casoni”. Da qui il percorso si dirige verso il canale del Brancolo per fare ritorno all’idrovora, sempre accompagnato dalla voce narrante le trasformazioni del paesaggio, dalla preistoria a oggi. A testare il percorso ieri delle classi dell’Isis Bem e del Liceo Buonarroti. Sul posto invece gli studenti dell’indirizzo enogastronomia e ospitalità alberghiera dell’Isis Pertini hanno preparato e servito il buffet per gli ospiti.
Gli orari di apertura non sono ancora stati stabiliti, ma lo saranno a breve, assieme alle cooperative incaricate dalla Fondazione Carigo, d’intesa con il Consorzio di bonifica, così da rendere fruibile il museo dalle prossime settimane.