La pastorella e il biancospino miracoloso: il culto della Bozzola risale a cinque secoli fa. Fino a lunedì c’è la fiera
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foto da Quotidiani locali
La mattina di 559 anni fa una tredicenne Maria esce da Garlasco per portare il gregge a pascolare in campagna. L’adolescente è muta a causa del trauma subìto in occasione dell’eccidio della famiglia da parte di un esercito di passaggio. In quel giorno di settembre del 1465, verso mezzogiorno, la giovane vede il cielo rabbuiarsi e, pensando a un temporale, si rannicchia sotto un'edicola campestre con l'immagine della Vergine: tutt’intorno ci sono i cespugli di biancospino, definiti in dialetto lomellino “buslà”, poi italianizzato in Bozzola.
Da venerdì 29 sono saranno attive le giostre del luna park nei campi alle porte della frazione e, a Pasqua e Pasquetta, decine di bancarelle con i prodotti più disparati. Non mancherà il pranzo di Pasquetta sul sagrato del santuario. Domenica, alle 16, messa solenne di apertura della sagra e a Pasquetta messe alle 8, 9, 10.30, 15, 16, 17, 18 e 19.
Tra storia e leggenda
Questo l’antefatto del miracolo che renderà famosa la zona nei secoli a venire e che fa da sfondo all’annuale sagra pasquale. La vicenda, fra storia e leggenda, è rievocata dallo studioso vigevanese Ermanno Boccalari. «All'improvviso – spiega – un lampo di luce va a posarsi su un cespuglio di “buslà”. La Madonna si rivolge alla ragazza predicendole l’imminente guarigione: “Maria, va’ a dire alla gente di Garlasco che voglio qui un santuario a protezione di tutta la Lomellina. Saranno tante le grazie che io farò in questo luogo”. La ragazza, piena di gioia, torna in paese e ai compaesani, stupefatti nel sentirla parlare, ripete le parole udite alla Bozzola. La comunità di Garlasco comincia così a costruire una piccola cappella attorno all’edicola votiva e un secolo dopo, dal verbale della visita del vescovo di Pavia, cardinal Ippolito Rossi, si viene a sapere che la cappellina era stata sostituita da una chiesa vera e propria».
L’immagine mariana al centro del prodigio, che oggi campeggia sull’altare maggiore, risale al 1456: la tradizione vuole che sia stata dipinta dal giovane Agostino da Pavia, che affrescò l’immagine come gesto di ringraziamento alla Vergine Maria invocata mentre attraversava a cavallo le acque del Ticino, in cui stava per sprofondare. «Della giovane pastorella, che cominciarono a chiamare Maria Benedetta, non si ebbe più notizia – dice ancora Boccalari – La tradizione vuole che si sia ritirata in un monastero di clausura, alla cascina Veronica, vicino al torrente Terdoppio, dove pare sorgesse un convento di monache vallombrosane».
Chiesa assai frequentata
Nel 1576, monsignor Angelo Peruzzi, vescovo di Pavia, arriva in visita in Lomellina descrivendo Santa Maria della Bozzola come chiesa «assai frequentata dai popoli, che quivi si portano a venerare la Vergine Maria». Ma il santuario lomellino è noto anche per i “caragnón d’la Bosla”, statue di legno risalenti al Settecento che rappresentano il simbolo dei penitenti e dei dolenti cui è stato imposto il nome dialettale che significa piagnucolone. Oggi, dopo il restauro, si trovano nella cappella della Misericordia, in cui i fedeli appendono i tradizionali "ex voto" per grazia ricevuta.
Nelle stalle delle cascine lomelline, dopo la recita del rosario, le mamme raccontavano che le statue erano arrivate nel santuario per miracolo. Nel 1927 sono memorabili le celebrazioni per l’aggregazione del santuario come basilica minore alla basilica vaticana di San Pietro: il 4 settembre sulla facciata vengono posti gli stemmi marmorei del vescovo di Vigevano, della basilica di San Pietro e del Comune di Garlasco. E sarà lo stesso monsignor Scapardini a incoronare Maria Vergine "Regina della Lomellina". Nel 1972 s’inaugura la tradizione dei pellegrinaggi vicariali di maggio, ancora oggi molto sentita.
Umberto De Agostino